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LEGGE 8 agosto 1995, n. 332

Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa.

note: Entrata in vigore della legge: 23/8/1995
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Testo in vigore dal:  23-8-1995

Art. 21

1. Nell'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
"a) i delitti appresso indicati:
1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale;
2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale;
3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo;
4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;
6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico, delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni:
7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza".
2. Nell'articolo 347, comma 3, del codice di procedura penale, nell'articolo 112 delle disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nell'articolo 7, comma 12-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, quale aggiunto dall'articolo 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1993, n. 296, oltre che nell'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, nell'articolo 25-quater, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.
306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e nell'articolo 89, comma 4, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, le parole: "275, comma 3," sono sostituite dalle seguenti: "407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6)".
Note all'art. 21:
- Il testo vigente dell'art. 407 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge qui pubblicata, è il seguente:
"Art. 407 (Termini di durata massima delle indagini preliminari). - 1. Salvo quanto previsto dall'art. 393, comma 4, la durata delle indagini preliminari non può comunque superare diciotto mesi.
2. La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano:
a) i delitti appresso indicati:
1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale;
2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale;
3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo;
4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;
6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
7) delitto di cui all'art. 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza;
b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese;
c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero;
d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma
dell'art. 371.
3. Qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati.".
- Si trascrive il testo dell'art. 347 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge qui pubblicata:
"Art. 347 (Obbligo di riferire la notizia del reato). - 1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione.
2. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
2-bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l'assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell'atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari.
3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2.
4. Con la comunicazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.".
- Il testo vigente dell'art. 112 delle disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, come motificato dalla legge qui pubblicata, è il seguente:
"Art. 112 (Attività della polizia giudiziaria in mancanza di una condizione di procedibilità). - 1. La polizia giudiziaria riferisce senza ritardo al pubblico ministero l'attività di indagine prevista dall'art. 346 del codice. Se sussistono ragioni di urgenza o si tratta di taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), la comunicazione è data immediatamente anche in forma orale. La documentazione delle attività compiute è prontamente trasmessa al pubblico ministero se questi ne fa richiesta.".
- Si trascrive il testo dell'art. 7 del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), quale aggiunto dall'art. 8 del D.L. 14 giugno 1993, n. 187, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1993, n. 296 (Nuove misure in materia di trattamento penitenziario, nonché sull'espulsione dei cittadini stranieri), come modificato dalla legge qui pubblicata:
"Art. 7 (Espulsione dal territorio dello Stato). - 1.
Fermo restando quanto previsto dal codice penale, dalle norme in materia di stupefacenti, dall'art. 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152, recante disposizioni a tutela dell 'ordine pubblico, e quanto previsto dall'art. 9, comma 2, del presente decreto, gli stranieri che abbiano riportato condanna con sentenza passata in giudicato per uno dei delitti previsti dall'art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale sono espulsi dal territorio dello Stato.
2. Sono altresì espulsi dal territorio nazionale gli stranieri che violino le disposizioni in materia di ingresso e soggiorno, oppure che si siano resi responsabili, direttamente o per interposta persona, in Italia o all'estero, di una violazione grave di norme valutarie, doganali o, in genere, di disposizioni fiscali italiane o delle norme sulla tutela del patrimonio artistico, o in materia di intermediazione di manodopera nonché di sfruttamento della prostituzione o del reato di violenza carnale o comunque dei delitti contro la libertà sessuale.
3. Lo stesso provvedimento può applicarsi nei confronti degli stranieri che appartengono ad una delle categorie di cui all'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante norme in materia di misure di prevenzione, come sostituito dall'art. 2 della legge 3 agosto 1988; n. 327, nonché nei confronti degli stranieri che si trovano in una delle condizioni di cui all'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come sostituito dall'art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.
4. L'espulsione è disposta dal prefetto con decreto motivato e, ove lo straniero risulti sottoposto a procedimento penale, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria. Dell'adozione del decreto viene informato immediatamente il Ministero dell'interno.
5. Il Ministro dell'interno, con decreto motivato, può disporre per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato l'espulsione e l'accompagnamento alla frontiera dello straniero di passaggio o residente nel territorio dello Stato, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria ove lo straniero risulti sottoposto a procedimento penale. Del decreto viene data preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli affari esteri.
6. Lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza, salvo che, a sua richiesta e per giustificati motivi, l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di accordargli una diversa destinazione, qualora possano essere in pericolo la sua vita o la sua libertà personale per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali. L'espulsione verso lo Stato di provenienza può essere esclusa sulla base dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e della relativa Convenzione di applicazione.
7. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, il questore esegue l'espulsione mediante intimazione allo straniero ad abbandonare entro il termine di quindici giorni il territorio dello Stato secondo le modalità di viaggio prefissato o a presentarsi in questura per l'accompagnamento alla frontiera entro lo stesso termine.
8. Copia del verbale di intimazione è consegnata allo straniero, che è tenuto ad esibirla agli uffici di polizia di frontiera prima di lasciare il territorio dello Stato e ad ogni richiesta dell'autorità.
9. Lo straniero che non osserva l'intimazione o che comunque si trattiene nel territorio dello Stato oltre il termine prefissato è immediatamente accompagnato alla frontiera.
10. In ogni caso non è consentita l'espulsione ne il respingimento alla frontiera dello straniero verso uno Stato ove possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
11. Quando a seguito di provvedimento di espulsione è necessario procedere ad accertamenti supplementari in ordine all'identità ed alla nazionalità dello straniero da espellere, ovvero all'acquisizione di documenti o visti per il medesimo e in ogni altro caso in cui non si può procedere immediatamente all'esecuzione dell'espulsione, il questore del luogo in cui lo straniero si trova può richiedere, senza altre formalità, al tribunale l'applicazione, nei confronti della persona da espellere, della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con o senza l'obbligo di soggiorno in una determinata località.
12. Nei casi di particolare urgenza, il questore può richiedere al presidente del tribunale l'applicazione provvisoria della misura di cui al comma 11 anche prima dell'inizio del procedimento. In caso di violazione degli obblighi derivanti dalle misure di sorveglianza speciale lo straniero è arrestato e punito con la reclusione fino a due anni.
12-bis. Nei confronti degli stranieri sottoposti a custodia cautelare per uno o più delitti consumati o tentati, diversi da quelli indicati dall'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale, ovvero condannati con sentenza passata in giudicato ad una pena che, anche se costituente parte residua di maggior pena, non sia superiore a tre anni di reclusione, è disposta l'immediata espulsione nello Stato di appartenenza o di provenienza salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali ovvero ricorrano gravi ragioni personali di salute o gravi pericoli per la sicurezza e l'incolumità in conseguenza di eventi bellici o di epidemie. Le disposizioni previste nel presente comma non si applicano nei confronti degli stranieri sottoposti a custodia cautelare o in espiazione di pena detentiva per il delitto previsto dal comma 12-sexies.
12-ter. L'espulsione è disposta, su richiesta dello straniero o del suo difensore, dal giudice che procede se si tratta di imputato e dal giudice dell'esecuzione se si tratta di condannato. Il giudice, acquisite le informazioni degli organi di polizia, accertato il possesso del passaporto o di documento equipollente, sentito il pubblico ministero e le altre parti, decide con ordinanza.
L'espulsione è eseguita dalla polizia giudiziaria con accompagnamento immediato alla frontiera. Avverso l'ordinanza può essere proposto ricorso per cassazione nelle forme e nei termini previsti dall'art. 311, commi 2, 3, 4 e 5, del codice di procedura penale.
12-quater. L'esecuzione dell'espulsione disposta nei confronti degli stranieri in stato di detenzione sospende i termini della custodia cautelare e l'esecuzione della pena.
Lo stato di detenzione è ripristinato in ogni caso di rientro dello straniero espulso nel territorio dello Stato e in caso di mancata esecuzione dell'espulsione.
12-quinquies. Lo straniero sottoposto a procedimento penale ed espulso ai sensi del comma 12-bis è autorizzato a rientrare temporaneamente in Italia al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di quegli atti per i quali è necessaria la sua presenza. Una volta venute meno le esigenze processuali, lo straniero è riaccompagnato alla frontiera, salvo diversa disposizione dell'autorità giudiziaria competente.
12-sexies. Lo straniero che non osserva le prescrizioni del provvedimento di espulsione di cui al comma 12-bis è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e può procedersi al suo arresto anche fuori dei casi di flagranza. Nell'udienza di convalida il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone l'applicazione di una delle misure coercitive previste dalla legge anche al di fuori dei limiti di cui all'art. 280 del codice di procedura penale.".
- Si riporta il testo dell'art. 7 del D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172 (Istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive), come modificato dalla presente legge:
"Art. 7 (Circostanze aggravanti). - 1. - 3. (Omissis).
4. Per i delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) del codice di procedura penale le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'art. 98 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui agli articoli 111 e 112, comma primo, numeri 3) e 4), e comma secondo, del codice penale, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o si è avvalso di altri nella commissione del delitto, ne è il genitore esercente la potestà ovvero il fratello o la sorella e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.".
- Si riporta il testo dell'art. 25-quater del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), come modificato dalla legge 24 luglio 1993, n. 256 e dalla presente legge:
"Art. 25-quater (Soggiorno cautelare). - 1. Il procuratore nazionale antimafia, anche su rischiesta della Direzione investigativa antimafia ovvero dei servizi centrali e interprovinciali previsti dall'art. 12 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, può disporre il soggiorno cautelare di coloro nei cui confronti abbia motivo di ritenere che si accingano a compiere taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale avvalendosi delle condizioni previste nell'art. 416-bis del codice penale od al fine di agevolare l'attività delle associazioni indicate nel medesimo art. 416-bis.
2. La misura di cui al comma 1 non può avere durata superiore ad un anno; alla scadenza del termine stabilito ovvero quando sono cessate le condizioni che ne avevano determinato l'applicazione, la misura è revocata dal procuratore nazionale antimafia; questi, ove ne sussistano i presupposti, può richiedere nei confronti della medesima persona l'applicazione di una misura di prevenzione a norma della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.
3. Con il provvedimento che applica la misura del soggiorno cautelare sono determinate le prescrizioni che la persona deve osservare ed è indicata la località ove la misura stessa deve essere eseguita.
4. L'allontanamento abusivo dalla località di soggiorno cautelare è punito con la reclusione da uno a tre anni; è consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza.
5. Entro dieci giorni dalla notificazione del decreto motivato che applica la misura del soggiorno cautelare, l'interessato può proporre richiesta di riesame al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del luogo ove ha sede il procuratore nazionale antimafia. La richiesta può essere presentata o trasmessa alla cancelleria del giudice, anche a mezzo di difensore munito di mandato speciale. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta, sentito il procuratore nazionale antimafia il quale trasmette senza ritardo gli elementi su cui si fonda il decreto. Il giudice, se non deve dichiarare l'inammissibilità, annulla o conferma il decreto oggetto del riesame. Contro la decisione del giudice, il procuratore nazionale antimafia, l'interessato o il difensore di quest'ultimo possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione della decisione medesima. La richiesta di riesame e il ricorso per cassazione non sospendono l'esecuzione del decreto.".
- Si trascrive il testo dell'art. 89 del testo unico della legge in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni ed integrazioni, come modificato dalla presente legge:
"Art. 89 (Provvedimenti restrittivi nei confronti dei tossicodipendenti o alcooldipendenti che abbiano in corso programmi terapeutici). -
1. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, ovvero nell'ambito di una struttura autorizzata, e l'interruzione del programma può pregiudicare la disintossicazione dell'imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegua il programma di recupero.
2. Se una persona tossicodipendente o alcooldipendente, che è in custodia cautelare in carcere, intende sottoporsi ad un programma di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, ovvero una struttura autorizzata residenziale, la misura cautelare è revocata sempre che non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. La revoca è concessa su istanza dell'interessato: all'istanza è allegata certificazione, rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze, attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, nonché la dichiarazione di disponibilità all'accoglimento rilasciata dalla struttura.
Il servizio pubblico è comunque tenuto ad accogliere la richiesta dell'interessato di sottoporsi al programma terapeutico.
3. Il giudice dispone la custodia cautelare in carcere o ne dispone il ripristino quando accerta che la persona ha interrotto l'esecuzione del programma, ovvero mantiene un comportamento incompatibile con la corretta esecuzione o quando accerta che la persona non ha collaborato alla definizione del programma o ne ha rifiutato l'esecuzione.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano quando si procede per uno dei delitti previsti dall'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale.
5. Nei confronti delle persone di cui al comma 2 si applicano le disposizioni previste dall'art. 96, comma 6.".