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MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

DECRETO 7 febbraio 2006, n. 144

Regolamento, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, della legge 13 febbraio 2001, n. 45, in materia di trattamento penitenziario di coloro che collaborano con la giustizia.

note: Entrata in vigore del provvedimento: 25/4/2006
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Testo in vigore dal:  25-4-2006

IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

di concerto con
IL MINISTRO DELL'INTERNO
Visto il decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, recante «Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione ed il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia», come da ultimo modificata dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45, recante «Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza» e, in particolare l'articolo 17-bis, comma 2;
Vista la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta», nonché il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, «Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della liberta»;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 30 maggio 2005, le cui osservazioni sono state recepite, ad eccezione di quella concernente la formula utilizzata nell'articolo 4, il cui accoglimento importerebbe conseguenze in contrasto con le regole fondamentali del trattamento penitenziario;
Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri a norma dell'articolo 17, comma 3, della citata legge 23 agosto 1988, n. 400;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1

Ambito di applicazione
1. Sono sottoposti alle disposizioni del presente regolamento:
a) i detenuti e gli internati che risultano tenere o aver tenuto condotte di collaborazione previste dal codice penale o da disposizioni speciali relativamente ai delitti previsti dall'articolo 9, comma 2, decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, e che siano ammessi alle speciali misure di protezione o per i quali sia stata avanzata la proposta di ammissione a misure speciali di protezione, ovvero per i quali sia stata avanzata richiesta di piano provvisorio di protezione, ovvero che siano sottoposti a piano provvisorio di protezione, ovvero che siano sottoposti a misure di eccezionale urgenza ai sensi dell'articolo 13, comma 1, decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8;
b) i detenuti e gli internati che risultano tenere o aver tenuto condotte di collaborazione previste dal codice penale o da disposizioni speciali relativamente ai delitti previsti dall'articolo 9, comma 2, decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, per i quali, sebbene non sia stata avanzata richiesta di speciali misure di protezione, il Procuratore della Repubblica che sta raccogliendo o che ha raccolto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dall'articolo 16-quater del medesimo decreto-legge, richiede, in vista della formulazione della proposta di ammissione a speciali misure di protezione, l'adozione di particolari cautele nella gestione penitenziaria;
c) i soggetti che sono stati sottoposti nel passato alle speciali misure di protezione e ne sono fuoriusciti con misure di reinserimento sociale ai sensi dell'articolo 13, comma 5, decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, salvo che, anche sulla base di informazioni provenienti dall'autorità giudiziaria, il nuovo stato di detenzione o di internamento non sia conseguente a fatti incompatibili con le condotte di collaborazione con la giustizia;
d) i detenuti e gli internati che sono stati sottoposti nel passato alle speciali misure di protezione poi revocate, ovvero al piano provvisorio di protezione non seguito dalla richiesta delle speciali misure di protezione, ovvero a misure di eccezionale urgenza non seguite dalla definizione di un piano provvisorio o delle speciali misure di protezione;
e) i detenuti e gli internati che, sebbene non tengono o non hanno tenuto condotte di collaborazione, sono sottoposti alle speciali misure di protezione in ragione delle situazioni previste dall'articolo 9, comma 5, decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- Si riporta il testo del comma 2 dell'art. 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 (Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia):
«2. Con decreto del Ministro della giustizia, emanato di concerto con il Ministro dell'interno, sono stabiliti i presupposti e le modalità di applicazione delle norme sul trattamento penitenziario, previste dal Titolo I della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e dal Titolo I del relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, e successive modificazioni, alle persone ammesse alle misure speciali di protezione e a quelle che risultano tenere o aver tenuto condotte di collaborazione previste dal codice penale o da disposizioni speciali relativamente ai delitti di cui all'art. 9, comma 2.».
- Si riporta il testo dell'art. 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri):
«3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.».
Nota all'art. 1:
- Si riporta il testo dell'art. 9, 13 e 16-quater del citato decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82:
«Art. 9 (Condizioni di applicabilità delle speciali misure di protezione). - 1. Alle persone che tengono le condotte o che si trovano nelle condizioni previste dai commi 2 e 5 possono essere applicate, secondo le disposizioni del presente Capo, speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l'incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza.
2. Le speciali misure di protezione sono applicate quando risulta la inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza o, se si tratta di persone detenute o internate, dal Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e risulta altresì che le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione aventi le caratteristiche indicate nel comma 3 e tenute relativamente a delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater e 600-quinquies del codice penale.
3. Ai fini dell'applicazione delle speciali misure di protezione, assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere carattere di intrinseca attendibilità. Devono altresì avere carattere di novità o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali; le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristico-eversivo o sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni.
4. Se le speciali misure di protezione indicate nell'art. 13, comma 4, non risultano adeguate alla gravità ed attualità del pericolo, esse possono essere applicate anche mediante la definizione di uno speciale programma di protezione i cui contenuti sono indicati nell'art. 13, comma 5.
5. Le speciali misure di protezione di cui al comma 4 possono essere applicate anche a coloro che convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 2 nonché, in presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.
Il solo rapporto di parentela, affinità o coniugio, non determina, in difetto di stabile coabitazione, l'applicazione delle misure.
6. Nella determinazione delle situazioni di pericolo si tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di collaborazione o della rilevanza e qualità delle dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione del gruppo criminale in relazione al quale la collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo è localmente in grado di valersi.».
«Art. 13 (Contenuti delle speciali misure di protezione e adozione di provvedimenti provvisori). - 1. Sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione, la commissione centrale di cui all'art. 10, comma 2, delibera a maggioranza dei suoi componenti, purché siano presenti alla seduta almeno cinque di questi. In caso di parità prevale il voto del presidente. Quando risultano situazioni di particolare gravità e vi è richiesta dell'autorità legittimata a formulare la proposta la commissione delibera, anche senza formalità e comunque entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione dopo aver acquisito, ove necessario, informazioni dal Servizio centrale di protezione di cui all'art. 14 o per il tramite di esso. La richiesta contiene, oltre agli elementi di cui all'art. 11, comma 7, la indicazione quantomeno sommaria dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volontà di collaborare e dei motivi per i quali la collaborazione è ritenuta attendibile e di notevole importanza; specifica inoltre le circostanze da cui risultano la particolare gravità del pericolo e l'urgenza di provvedere. Il provvedimento con il quale la commissione delibera il piano provvisorio di protezione cessa di avere effetto se, decorsi centottanta giorni, l'autorità legittimata a formulare la proposta di cui all'art. 11 non ha provveduto a trasmetterla e la commissione non ha deliberato sull'applicazione delle speciali misure di protezione osservando le ordinarie forme e modalità del procedimento.
Il presidente della commissione può disporre la prosecuzione del piano provvisorio di protezione per il tempo strettamente necessario a consentire l'esame della proposta da parte della commissione medesima. Quando sussistono situazioni di eccezionale urgenza che non consentono di attendere la deliberazione della commissione e fino a che tale deliberazione non interviene, su motivata richiesta della competente autorità provinciale di pubblica sicurezza, il Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza può autorizzare detta autorità ad avvalersi degli specifici stanziamenti previsti dall'art. 17 specificandone contenuti e destinazione. Nei casi in cui è applicato il piano provvisorio di protezione, il presidente della commissione può richiedere al Servizio centrale di protezione una relazione riguardante la idoneità dei soggetti a sottostare agli impegni indicati nell'art. 12.
2. Per stabilire se sia necessario applicare taluna delle misure di protezione e, in caso positivo, per individuare quale di esse sia idonea in concreto, la commissione centrale può acquisire specifiche e dettagliate indicazioni sulle misure di prevenzione o di tutela già adottate o adottabili dall'autorità di pubblica sicurezza, dall'Amministrazione penitenziaria o da altri organi, nonché ogni ulteriore elemento eventualmente occorrente per definire la gravità e l'attualità del pericolo in relazione alle caratteristiche delle condotte di collaborazione.
3. Esclusivamente al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle speciali misure di protezione, la commissione centrale può procedere anche all'audizione delle autorità che hanno formulato la proposta o il parere e di altri organi giudiziari, investigativi e di sicurezza; può inoltre utilizzare gli atti trasmessi dall'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 118 del codice di procedura penale.
4. Il contenuto del piano provvisorio di protezione previsto dal comma 1 e delle speciali misure di protezione che la commissione centrale può applicare nei casi in cui non provvede mediante la definizione di uno speciale programma è stabilito nei decreti previsti dall'art. 17-bis, comma 1. Il contenuto delle speciali misure di protezione può essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall'adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonché dal ricorso, nel rispetto delle norme dell'ordinamento penitenziario, a modalità particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti.
5. Se, ricorrendone le condizioni, la commissione centrale delibera la applicazione delle misure di protezione mediante la definizione di uno speciale programma, questo è formulato secondo criteri che tengono specifico conto delle situazioni concretamente prospettate e può comprendere, oltre alle misure richiamate nel comma 4, il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni, misure atte a favorire il reinserimento sociale del collaboratore e delle altre persone sottoposte a protezione oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie.
6. Le misure di assistenza economica indicate nel comma 5 comprendono, in specie, semprechè a tutte o ad alcune non possa direttamente provvedere il soggetto sottoposto al programma di protezione, la sistemazione alloggiativa e le spese per i trasferimenti, le spese per esigenze sanitarie quando non sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie, l'assistenza legale e l'assegno di mantenimento nel caso di impossibilità di svolgere attività lavorativa. La misura dell'assegno di mantenimento e delle integrazioni per le persone a carico prive di capacità lavorativa è definita dalla commissione centrale e non può superare un ammontare di cinque volte l'assegno sociale di cui all'art. 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335. L'assegno di mantenimento può essere annualmente modificato in misura pari alle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rilevate dall'ISTAT.
L'assegno di mantenimento può essere integrato dalla commissione con provvedimento motivato solo quando ricorrono particolari circostanze influenti sulle esigenze di mantenimento in stretta connessione con quelle di tutela del soggetto
sottoposto al programma di protezione, eventualmente sentiti l'autorità che ha formulato la proposta, il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali interessati a norma dell'art. 11. Il provvedimento è acquisito dal giudice del dibattimento su richiesta della difesa dei soggetti a cui carico sono utilizzate le dichiarazioni del collaboratore. Lo stesso giudice, sempre su richiesta della difesa dei soggetti di cui al periodo precedente, acquisisce l'indicazione dell'importo dettagliato delle spese sostenute per la persona sottoposta al programma di protezione. [Le spese di assistenza legale sono liquidate dal giudice previo parere del Consiglio dell'ordine degli avvocati presso cui il difensore è iscritto].
7. Nella relazione prevista dall'art. 16, il Ministro dell'interno indica il numero complessivo dei soggetti e l'ammontare complessivo delle spese sostenute nel semestre per l'assistenza economica dei soggetti sottoposti a programma di protezione e, garantendo la riservatezza dei singoli soggetti interessati, specifica anche l'ammontare delle integrazioni dell'assegno di mantenimento eventualmente intervenute e le esigenze che le hanno motivate.
8. Ai fini del reinserimento sociale dei collaboratori e delle altre persone sottoposte a protezione, è garantita la conservazione del posto di lavoro ovvero il trasferimento ad altra sede o ufficio secondo le forme e le modalità che, assicurando la riservatezza e l'anonimato dell'interessato, sono specificate in apposito decreto emanato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati. Analogamente si provvede per la definizione di specifiche misure di assistenza e di reinserimento sociale destinate ai minori compresi nelle speciali misure di protezione.
9. L'autorità giudiziaria può autorizzare con provvedimento motivato i soggetti di cui al comma 2 dell'art. 16-quater ad incontrarsi tra loro quando ricorrono apprezzabili esigenze inerenti alla vita familiare.
10. Al fine di garantire la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale delle persone sottoposte a speciale programma di protezione a norma del comma 5 e che non sono detenute o internate è consentita l'utilizzazione di un documento di copertura.
11. L'autorizzazione al rilascio del documento di copertura indicato nel comma 10 è data dal Servizio centrale di protezione di cui all'art. 14 il quale chiede alle autorità competenti al rilascio, che non possono opporre rifiuto, di predisporre il documento e di procedere alle registrazioni previste dalla legge e agli ulteriori adempimenti eventualmente necessari. Si applicano le previsioni in tema di esonero da responsabilità di cui all'art. 5 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119.
Presso il Servizio centrale di protezione è tenuto un registro riservato attestante i tempi, le procedure e i motivi dell'autorizzazione al rilascio del documento.
12. Quando ricorrono particolari motivi di sicurezza, il procuratore della Repubblica o il giudice possono autorizzare il soggetto interrogato o esaminato a eleggere domicilio presso persona di fiducia o presso un ufficio di polizia, ai fui delle necessarie comunicazioni o notificazioni.
13. Quando la proposta o la richiesta per l'ammissione a speciali forme di protezione è formulata nei confronti di soggetti detenuti o internati, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria provvede ad assegnare i soggetti medesimi a istituti o sezioni di istituto che garantiscano le specifiche esigenze di sicurezza. Allo stesso modo il Dipartimento provvede in vista della formulazione della proposta e su richiesta del Procuratore della Repubblica che ha raccolto o si appresta a raccogliere le dichiarazioni di collaborazione o il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dall'art. 16-quater.
14. Nei casi indicati nel comma 13, la custodia è assicurata garantendo la riservatezza dell'interessato anche con le specifiche modalità di cui al decreto previsto dall'art. 17-bis, comma 2, e procurando che lo stesso sia sottoposto a misure di trattamento penitenziario, specie organizzative, dirette ad impedirne l'incontro con altre persone che già risultano collaborare con la giustizia e dirette ad assicurare che la genuinità delle dichiarazioni non possa essere compromessa. È fatto divieto, durante la redazione dei verbali e comunque almeno fino alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, di sottoporre la persona che rende le dichiarazioni ai colloqui investigativi di cui all'art. 18-bis, commi 1 e 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. È fatto altresì divieto, alla persona medesima e per lo stesso periodo, di avere corrispondenza epistolare, telegrafica o telefonica, nonché di incontrare altre persone che collaborano con la giustizia, salvo autorizzazione dell'autorità giudiziaria per finalità connesse ad esigenze di protezione ovvero quando ricorrano gravi esigenze relative alla vita familiare.
15. L'inosservanza delle prescrizioni di cui al comma 14 comporta l'inutilizzabilità in dibattimento, salvi i casi di irripetibilità dell'atto, delle dichiarazioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria successivamente alla data in cui si è verificata la violazione.».
«Art. 16-quater (Verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione). - 1. Ai fini della concessione delle speciali misure di protezione di cui al Capo II, nonché per gli effetti di cui agli articoli 16-quinquies e 16-nonies, la persona che ha manifestato la volontà di collaborare rende al Procuratore della Repubblica, entro il termine di centottanta giorni dalla suddetta manifestazione di volontà, tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti e delle circostanze sui quali è interrogato nonché degli altri fatti di maggiore gravità ed allarme sociale di cui è a conoscenza oltre che alla individuazione e alla cattura dei loro autori ed altresì le informazioni necessarie perché possa procedersi alla individuazione, al sequestro e alla confisca del denaro, dei beni e di ogni altra utilità dei quali essa stessa o, con riferimento ai dati a sua conoscenza, altri appartenenti a gruppi criminali dispongono direttamente o indirettamente.
2. Le informazioni di cui al comma 1 relative alla individuazione del denaro, dei beni e delle altre utilità non sono richieste quando la volontà di collaborare è stata manifestata dai testimoni di giustizia.
3. Le dichiarazioni rese ai sensi dei commi 1 e 2 sono documentate in un verbale denominato «verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione», redatto secondo le modalità previste dall'art. 141-bis del codice di procedura penale, che è inserito, per intero, in apposito fascicolo tenuto dal Procuratore della Repubblica cui le dichiarazioni sono state rese e, per estratto, nel fascicolo previsto dall'art. 416, comma 2, del codice di procedura penale relativo al procedimento cui le dichiarazioni rispettivamente e direttamente si riferiscono. Il verbale è segreto fino a quando sono segreti gli estratti indicati nel precedente periodo. Di esso è vietata la pubblicazione a norma dell'art. 114 del codice di procedura penale.
4. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la persona che rende le dichiarazioni attesta, fra l'altro, di non essere in possesso di notizie e informazioni processualmente utilizzabili su altri fatti o situazioni, anche non connessi o collegati a quelli riferiti, di particolare gravità o comunque tali da evidenziare la pericolosità sociale di singoli soggetti o di gruppi criminali.
5. Nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione la persona indica i colloqui investigativi eventualmente intrattenuti.
6. Le notizie e le informazioni di cui ai commi 1 e 4 sono quelle processualmente utilizzabili che, a norma dell'art. 194 del codice di procedura penale, possono costituire oggetto della testimonianza. Da esse, in particolare, sono escluse le notizie e le informazioni che il soggetto ha desunto da voci correnti o da situazioni a queste assimilabili.
7. Le speciali misure di protezione di cui ai Capi II e II-bis non possono essere concesse, e se concesse devono essere revocate, qualora, entro il termine di cui al comma 1, la persona cui esse si riferiscono non renda le dichiarazioni previste nei commi 1, 2 e 4 e queste non siano documentate nel verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione.
8. La disposizione del comma 7 si applica anche nel caso in cui risulti non veritiera l'attestazione di cui al comma 4.
9. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 4 rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria oltre il termine previsto dallo stesso comma 1 non possono essere valutate ai fini della prova dei fatti in esse affermati contro le persone diverse dal dichiarante, salvo i casi di irripetibilità.».