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LEGGE 13 febbraio 2001, n. 45

Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonchè disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.

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Testo in vigore dal:  25-3-2001

Art. 6

1. L'articolo 13 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è sostituito dal seguente:
"ART. 13. - (Contenuti delle speciali misure di protezione e adozione di provvedimenti provvisori). - 1. Sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione, la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, delibera a maggioranza dei suoi componenti, purché siano presenti alla seduta almeno cinque di questi. In caso di parità prevale il voto del presidente. Quando risultano situazioni di particolare gravità e vi è richiesta dell'autorità legittimata a formulare la proposta la commissione delibera, anche senza formalità e comunque entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione dopo aver acquisito, ove necessario, informazioni dal Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14 o per il tramite, di esso. La richiesta contiene, oltre agli elementi di cui all'articolo 11, comma 7, la indicazione quantomeno sommaria dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volontà di collaborare e dei motivi per i quali la collaborazione è ritenuta attendibile e di notevole importanza; specifica inoltre le circostanze da cui risultano la particolare gravità del pericolo e l'urgenza di provvedere. Il provvedimento con il quale la commissione delibera il piano provvisorio di protezione cessa di avere effetto se, decorsi centottanta giorni, l'autorità legittimata a formulare la proposta di cui all'articolo 11 non ha provveduto a trasmetterla e la commissione non ha deliberato sull'applicazione delle speciali misure di protezione osservando le ordinarie forme e modalità del procedimento. Il presidente della commissione può disporre la prosecuzione del piano provvisorio di protezione per il tempo strettamente necessario a consentire l'esame della proposta da parte della commissione medesima. Quando sussistono situazioni di eccezionale urgenza che non consentono di attendere la deliberazione della commissione e fino a che tale deliberazione non interviene, su motivata richiesta della competente autorità provinciale di pubblica sicurezza, il Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza può autorizzare detta autorità ad avvalersi degli specifici stanziamenti previsti dall'articolo 17 specificandone contenuti e destinazione. Nei casi in cui è applicato il piano provvisorio di protezione, il presidente della commissione può richiedere al Servizio centrale di protezione una relazione riguardante la idoneità dei soggetti a sottostare agli impegni indicati nell'articolo 12.
2. Per stabilire se sia necessario applicare taluna delle misure di protezione e, in caso positivo, per individuare quale di esse sia idonea in concreto, la commissione centrale può acquisire specifiche e dettagliate indicazioni sulle misure di prevenzione o di tutela già adottate o adottabili dall'autorità di pubblica sicurezza, dall'Amministrazione penitenziaria o da altri organi, nonché ogni ulteriore elemento eventualmente occorrente per definire la gravità e l'attualità del pericolo in relazione alle caratteristiche delle condotte di collaborazione.
3. Esclusivamente al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle speciali misure di protezione, la commissione centrale può procedere anche all'audizione delle autorità che hanno formulato la proposta o il parere e di altri organi giudiziari, investigativi e di sicurezza; può inoltre utilizzare gli atti trasmessi dall'autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 118 del codice di procedura penale.
4. Il contenuto del piano provvisorio di protezione previsto dal comma 1 e delle speciali misure di protezione che la commissione centrale può applicare nei casi in cui non provvede mediante la definizione di uno speciale programma è stabilito nei decreti previsti dall'articolo 17-bis, comma 1. Il contenuto delle speciali misure di protezione può essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall'adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonché dal ricorso, nel rispetto delle norme dell'ordinamento penitenziario, a modalità particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti.
5. Se, ricorrendone le condizioni, la commissione centrale delibera la applicazione delle misure di protezione mediante la definizione di uno speciale programma, questo è formulato secondo criteri che tengono specifico conto delle situazioni concretamente prospettate e può comprendere, oltre alle misure richiamate nel comma 4, il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità a norma del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni, misure atte a favorire il reinserimento sociale del collaboratore e delle altre persone sottoposte a protezione oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie.
6. Le misure di assistenza economica indicate nel comma 5 comprendono, in specie, semprechè a tutte o ad alcune non possa direttamente provvedere il soggetto sottoposto al programma di protezione, la sistemazione alloggiativa e le spese per i trasferimenti, le spese per esigenze sanitarie quando non sia possibile avvalersi delle strutture pubbliche ordinarie, l'assistenza legale e l'assegno di mantenimento nel caso di impossibilità di svolgere attività lavorativa. La misura dell'assegno di mantenimento e delle integrazioni per le persone a carico prive di capacità lavorativa è definita dalla commissione centrale e non può superare un ammontare di cinque volte l'assegno sociale di cui all'articolo 3, commi 6 e 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335. L'assegno di mantenimento può essere annualmente modificato in misura pari alle variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati rilevate dall'ISTAT. L'assegno di mantenimento può essere integrato dalla commissione con provvedimento motivato solo quando ricorrono particolari circostanze influenti sulle esigenze di mantenimento in stretta connessione con quelle di tutela del soggetto sottoposto al programma di protezione, eventualmente sentiti l'autorità che ha formulato la proposta, il procuratore nazionale antimafia o i procuratori generali interessati a norma dell'articolo 11. Il provvedimento è acquisito dal giudice del dibattimento su richiesta della difesa dei soggetti a cui carico sono utilizzate le dichiarazioni del collaboratore. Lo stesso giudice, sempre su richiesta della difesa dei soggetti di cui al periodo precedente, acquisisce l'indicazione dell'importo dettagliato delle spese sostenute per la persona sottoposta al programma di protezione.
Le spese di assistenza legale sono liquidate dal giudice previo parere del consiglio dell'ordine degli avvocati presso cui il difensore è iscritto.
7. Nella relazione prevista dall'articolo 16, il Ministro dell'interno indica il numero complessivo dei soggetti e l'ammontare complessivo delle spese sostenute nel semestre per l'assistenza economica dei soggetti sottoposti a programma di protezione e, garantendo la riservatezza dei singoli soggetti interessati, specifica anche l'ammontare delle integrazioni dell'assegno di mantenimento eventualmente intervenute e le esigenze che le hanno motivate.
8. Ai fini del reinserimento sociale dei collaboratori e delle altre persone sottoposte a protezione, è garantita la conservazione del posto di lavoro ovvero il trasferimento ad altra sede o ufficio secondo le forme e le modalità che, assicurando la riservatezza e l'anonimato dell'interessato, sono specificate in apposito decreto emanato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli altri Ministri interessati. Analogamente si provvede per la definizione di specifiche misure di assistenza e di reinserimento sociale destinate ai minori compresi nelle speciali misure di protezione.
9. L'autorità giudiziaria può autorizzare con provvedimento motivato i soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 16-quater ad incontrarsi tra loro quando ricorrono apprezzabili esigenze inerenti alla vita familiare.
10. Al fine di garantire la sicurezza, la riservatezza e il reinserimento sociale delle persone sottoposte a speciale programma di protezione a norma del comma 5 e che non sono detenute o internate è consentita l'utilizzazione di un documento di copertura.
11. L'autorizzazione al rilascio del documento di copertura indicato nel comma 10 è data dal Servizio centrale di protezione di cui all'articolo 14 il quale chiede alle autorità competenti al rilascio, che non possono opporre rifiuto, di predisporre il documento e di procedere alle registrazioni previste dalla legge e agli ulteriori adempimenti eventualmente necessari. Si applicano le previsioni in tema di esonero da responsabilità di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119. Presso il Servizio centrale di protezione è tenuto un registro riservato attestante i tempi, le procedure e i motivi dell'autorizzazione al rilascio del documento.
12. Quando ricorrono particolari motivi di sicurezza, il procuratore della Repubblica o il giudice possono autorizzare il soggetto interrogato o esaminato a eleggere domicilio presso persona di fiducia o presso un ufficio di polizia, ai fini delle necessarie comunicazioni o notificazioni.
13. Quando la proposta o la richiesta per l'ammissione a speciali forme di protezione è formulata nei confronti di soggetti detenuti o internati, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria provvede ad assegnare i soggetti medesimi a istituti o sezioni di istituto che garantiscano le specifiche esigenze di sicurezza. Allo stesso modo il Dipartimento provvede in vista della formulazione della proposta e su richiesta del procuratore della Repubblica che ha raccolto o si appresta a raccogliere le dichiarazioni di collaborazione o il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione previsto dall'articolo 16-quater.
14. Nei casi indicati nel comma 13, la custodia è assicurata garantendo la riservatezza dell'interessato anche con le specifiche modalità di cui al decreto previsto dall'articolo 17-bis, comma 2, e procurando che lo stesso sia sottoposto a misure di trattamento penitenziario, specie organizzative, dirette ad impedirne l'incontro con altre persone che già risultano collaborare con la giustizia e dirette ad assicurare che la genuinità delle dichiarazioni non possa essere compromessa. È fatto divieto, durante la redazione dei verbali e comunque almeno fino alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, di sottoporre la persona che rende le dichiarazioni ai colloqui investigativi di cui all'articolo 18-bis, commi 1 e 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. È fatto altresì divieto, alla persona medesima e per lo stesso periodo, di avere corrispondenza epistolare, telegrafica o telefonica, nonché di incontrare altre persone che collaborano con la giustizia, salvo autorizzazione dell'autorità giudiziaria per finalità connesse ad esigenze di protezione ovvero quando ricorrano gravi esigenze relative alla vita familiare.
15. L'inosservanza delle prescrizioni di cui al comma 14 comporta l'inutilizzabilità in dibattimento, salvi i casi di irripetibilità dell'atto, delle dichiarazioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria successivamente alla data in cui si è verificata la violazione".
Note all'art. 6:
- Il testo dell'art. 10 del citato decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è riportato nelle note all'art. 3.
- Il testo dell'art. 14 del citato decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è riportato nelle note all'art. 9.
- Per la nuova formulazione dell'art. 11 del citato decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 si veda l'art. 4 della legge qui pubblicata.
- Il testo dell'art. 17 del citato decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è riportato nelle note all'art. 18.
- Il testo dell'art. 12 del citato decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è riportato nelle note all'art. 5.
- Si trascrive il testo dell'art. 118 del codice di procedura penale:
"118 (Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del Ministro dell'interno) - 1. Il Ministro dell'interno, direttamente o a mezzo di un ufficiale di polizia giudiziaria o del personale della direzione investigativa antimafia appositamente delegato, può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'art. 329, copie di atti (112, 116) di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, ritenute indispensabili per la prevenzione dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza (380). L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa.
1-bis. Ai medesimi fini l'autorità giudiziaria può autorizzare i soggetti indicati nel comma 1, all'accesso diretto al registro previsto dall'art. 335, anche se tenuto in forma automatizzata.
2. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato (125).
3. Le copie e le informazioni acquisite a norma del comma 1, sono coperte dal segreto di ufficio".
- L'art. 17-bis del citato decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall'art. 19 della legge qui pubblicata, è riportato nel testo del medesimo articolo.
- Il decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, reca: disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.
- Si trascrivono i commi 6 e 7 dell'art. 3, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare):
"6. Con effetto dal 1o gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lire 6.240.000, denominato "assegno sociale". Se il soggetto possiede redditi propri l'assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell'importo predetto, se non coniugato ovvero fino al doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando il reddito del coniuge comprensivo dell'eventuale assegno sociale di cui il medesimo sia titolare. I successivi incrementi del reddito oltre il limite massimo danno luogo alla sospensione dell'assegno sociale. Il reddito è costituito dall'ammontare dei redditi coniugali, conseguibili nell'anno solare di riferimento. L'assegno erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti. Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del cocice civile. Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, nonché il proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. Agli effetti del conferimento dell'assegno non concorre a formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema contributivo ai sensi dell'art. 1, comma 6, a carico di gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura corrispondente ad un terzo della pensione medesima e comunque non oltre un terzo dell'assegno sociale.
7. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sono determinati le modalità e i termini di presentazione delle domande per il conseguimento dell'assegno sociale di cui al comma 6, gli obblighi di comunicazione dell'interessato circa le proprie condizioni familiari e reddituali, la misura della riduzione dell'assegno, fino ad un massimo del 50 per cento nel caso in cui l'interessato sia ricoverato in istituti o comunità con retta a carico di enti pubblici. Per quanto non diversamente disposto dal presente comma e dal comma 6 si applicano all'assegno sociale le disposizioni in materia di pensione sociale di cui alla legge 30 aprile 1969, n. 153 e successive modificazioni e integrazioni.".
- Per la nuova formulazione dell'art. 11 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 si veda l'art. 4 della legge qui pubblicata.
- L'art. 16-quater del citato decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall'art. 14 della legge qui pubblicata, è riportato nel testo del medesimo articolo.
- Il testo dell'art. 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82 è riportato nelle note all'art. 9.
- Si trascrive il testo dell'art. 5, del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119 (disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia:
"Art. 5 (Esonero da responsabilità). - 1. I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio ed i dipendenti degli uffici della pubblica amministrazione sono esonerati da responsabilità penale, civile e disciplinare relativamente alla formazione di atti, provvedimenti, compresi anche i titoli autorizzatori o abilitativi, alle trascrizioni, iscrizioni, o annotazione di atti, nonché al rilascio di estratti e certificati previsti dal presente decreto.".
- Si trascrive il testo dell'art. 18-bis, commi 1 e 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà):
"Art. 18-bis (Colloqui a fini investigativi). - 1. Il personale della direzione investigativa antimafia di cui all'art. 3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di cui all'art. 12 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio. 1991, n. 203, nonché gli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai responsabili, a livello centrale, della predetta direzione e dei predetti servizi, hanno facoltà di visitare gli istituti penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2 del presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti e internati, al fine di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalità organizzata.
(Omissis).
5. La facoltà di procedere a colloqui personali con detenuti e internati è attribuita, senza necessità di autorizzazione, altresì al Procuratore nazionale antimafia ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento previste dall'art. 371-bis del codice di procedura penale; al medesimo Procuratore nazionale antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2 e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad indagini, imputate o condannate per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis del codice di procedura penale.".