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LEGGE 11 maggio 1990, n. 108

Disciplina dei licenziamenti individuali.

note: Entrata in vigore della legge: 26/5/1990 (Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 14/07/2003)
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Testo in vigore dal:  26-5-1990

Art. 4

Area di non applicazione
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, le disposizioni degli articoli 1 e 2 non trovano applicazione nei rapporti disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339. La disciplina di cui all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.
2. Le disposizioni di cui all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, e dell'articolo 2 non si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro ultrasessantenni, in possesso dei requisiti pensionistici, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54. Sono fatte salve le disposizioni dell'articolo 3 della presente legge e dell'articolo 9 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
Note all'art. 4:
- Il titolo della legge n. 339/1958 è il seguente: "Per la tutela del rapporto di lavoro domestico".
- Per il testo dell'art. 18 della legge n. 300/1970 si veda la precedente nota all'art. 1.
- Il testo dell'art. 6 del D.L. n. 791/1981 (Disposizioni in materia previdenziale) è il seguente:
"Art. 6. - Gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ed alle gestioni sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, i quali non abbiano raggiunto l'anzianità contributiva massima utile prevista dai singoli ordinamenti, possono optare di continuare a prestare la loro opera fino al perfezionamento di tale requisito o per incrementare la propria anzianità contributiva e comunque non oltre il compimento del sessantacinquesimo anno di età, semprechè non abbiano ottenuto o non richiedano la liquidazione di una pensione a carico dell'INPS o di trattamenti sostitutivi, esclusivi od esonerativi dall'assicurazione generale obbligatoria.
L'esercizio della facoltà di cui al comma precedente deve essere comunicato al datore di lavoro almeno sei mesi prima della data di conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia (*).
Per gli assicurati che alla data di entrata in vigore del presente decreto prestano ancora attività lavorativa, pur avendo maturato i requisiti per avere diritto alla pensione di vecchiaia, si prescinde dalla comunicazione al datore di lavoro di cui al comma precedente. Tale disposizione si applica anche agli assicurati che maturano i requisiti previsti entro i sei mesi successivi alla entrata in vigore del presente decreto. In tale caso la comunicazione al datore di lavoro deve essere effettuata non oltre la data in cui i predetti requisiti vengono maturati (*).
Nei confronti dei lavoratori che esercitano l'opzione di cui ai commi precedenti e con i limiti in essi fissati, si applicano le disposizioni della legge 15 luglio 1966, n. 604, in deroga all'art. 11 della legge stessa.
Qualora i lavoratori abbiano esercitato l'opzione di cui ai commi precedenti, la pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata presentata la domanda.
Nel caso che venga esercitata l'opzione di cui al primo comma, la cessazione del rapporto di lavoro per avvenuto raggiungimento del requisito di anzianità contributiva di cui al comma stesso avviene, in ogni caso, senza obblighi di preavviso per alcuna delle parti".
- Il testo dell'art. 9 della legge n. 604/1966 è il seguente:
"Art. 9. - L'indennità di anzianità è dovuta al prestatore di lavoro in ogni caso di risoluzione dei rapporti di lavoro".
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(*) La Corte costituzionale, con sentenza 28 gennaio-11 febbraio 1988, n. 156 (Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 1988, n. 7 - 1a serie speciale), ha dichiarato 1) l'illegittimità dell'art. 6, terzo comma, ultima proposizione, del D.L. 22 dicembre 1981, n. 791; 2) l'illegittimità dell'art. 6, secondo comma, stesso decreto, nella parte in cui non dispone che il termine ivi previsto per l'esercizio della facoltà di opzione di cui al comma precedente non possa comunque scadere prima che siano trascorsi sei mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo.