LEGGE 20 maggio 1970, n. 300

Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.

(Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 25/05/2022)
Testo in vigore dal: 26-5-2022
aggiornamenti all'articolo
                              Art. 18. 
     Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo 
 
  Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la  nullita'  del
licenziamento perche' discriminatorio ai sensi dell'articolo 3  della
legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero  intimato  in  concomitanza  col
matrimonio  ai  sensi  dell'articolo  35  del   codice   delle   pari
opportunita' tra uomo e donna,  di  cui  al  decreto  legislativo  11
aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento  di
cui all'articolo 54, commi 1,  6,  7  e  9,  del  testo  unico  delle
disposizioni legislative  in  materia  di  tutela  e  sostegno  della
maternita' e della paternita', di cui al decreto legislativo 26 marzo
2001,  n.   151,   e   successive   modificazioni,   ovvero   perche'
riconducibile ad altri  casi  di  nullita'  previsti  dalla  legge  o
determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo
1345 del codice civile, ordina al datore di  lavoro,  imprenditore  o
non imprenditore, la  reintegrazione  del  lavoratore  nel  posto  di
lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale  che
sia il numero dei  dipendenti  occupati  dal  datore  di  lavoro.  La
presente disposizione  si  applica  anche  ai  dirigenti.  A  seguito
dell'ordine di reintegrazione,  il  rapporto  di  lavoro  si  intende
risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro  trenta
giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in  cui  abbia
richiesto l'indennita' di cui al terzo comma del  presente  articolo.
Il  regime  di  cui  al  presente  articolo  si  applica   anche   al
licenziamento dichiarato inefficace perche' intimato in forma orale. 
  Il giudice, con  la  sentenza  di  cui  al  primo  comma,  condanna
altresi' il datore di lavoro al risarcimento  del  danno  subito  dal
lavoratore per  il  licenziamento  di  cui  sia  stata  accertata  la
nullita', stabilendo a tal fine un'indennita' commisurata  all'ultima
retribuzione globale di fatto maturata dal giorno  del  licenziamento
sino  a  quello   dell'effettiva   reintegrazione,   dedotto   quanto
percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di  altre
attivita' lavorative. In ogni caso la  misura  del  risarcimento  non
potra'  essere  inferiore  a  cinque  mensilita'  della  retribuzione
globale di fatto. Il datore di lavoro e' condannato inoltre,  per  il
medesimo  periodo,  al  versamento  dei  contributi  previdenziali  e
assistenziali. 
  Fermo restando il diritto al risarcimento del danno  come  previsto
al secondo comma, al lavoratore e' data la facolta'  di  chiedere  al
datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel  posto  di
lavoro,  un'indennita'  pari  a   quindici   mensilita'   dell'ultima
retribuzione  globale  di  fatto,  la  cui  richiesta  determina   la
risoluzione del rapporto di lavoro,  e  che  non  e'  assoggettata  a
contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennita' deve essere
effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della
sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a  riprendere  servizio,
se anteriore alla predetta comunicazione. 
  Il giudice, nelle ipotesi in cui  accerta  che  non  ricorrono  gli
estremi del giustificato  motivo  soggettivo  o  della  giusta  causa
addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto  contestato
ovvero perche' il fatto rientra tra  le  condotte  punibili  con  una
sanzione conservativa  sulla  base  delle  previsioni  dei  contratti
collettivi ovvero dei codici  disciplinari  applicabili,  annulla  il
licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione  nel
posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennita'
risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal
giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione,
dedotto  quanto  il  lavoratore  ha   percepito,   nel   periodo   di
estromissione, per lo  svolgimento  di  altre  attivita'  lavorative,
nonche' quanto avrebbe potuto  percepire  dedicandosi  con  diligenza
alla ricerca di  una  nuova  occupazione.  In  ogni  caso  la  misura
dell'indennita' risarcitoria  non  puo'  essere  superiore  a  dodici
mensilita' della retribuzione globale di fatto. Il datore  di  lavoro
e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e
assistenziali dal  giorno  del  licenziamento  fino  a  quello  della
effettiva reintegrazione, maggiorati  degli  interessi  nella  misura
legale  senza  applicazione  di  sanzioni  per  omessa  o   ritardata
contribuzione, per un  importo  pari  al  differenziale  contributivo
esistente  tra  la  contribuzione  che  sarebbe  stata  maturata  nel
rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo  licenziamento  e  quella
accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento  di  altre
attivita' lavorative. In  quest'ultimo  caso,  qualora  i  contributi
afferiscano ad  altra  gestione  previdenziale,  essi  sono  imputati
d'ufficio  alla  gestione  corrispondente  all'attivita'   lavorativa
svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi  al
datore  di  lavoro.  A  seguito  dell'ordine  di  reintegrazione,  il
rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non  abbia
ripreso servizio  entro  trenta  giorni  dall'invito  del  datore  di
lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennita' sostitutiva
della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. 
  Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta  che  non  ricorrono
gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della  giusta  causa
addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di  lavoro
con effetto dalla data del licenziamento  e  condanna  il  datore  di
lavoro al pagamento  di  un'indennita'  risarcitoria  onnicomprensiva
determinata tra un minimo di dodici  e  un  massimo  di  ventiquattro
mensilita' dell'ultima retribuzione globale di  fatto,  in  relazione
all'anzianita'  del  lavoratore  e  tenuto  conto  del   numero   dei
dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita'  economica,  del
comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di  specifica
motivazione a tale riguardo. 
  Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace  per
violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2,  comma
2, della legge 15 luglio 1966, n. 604,  e  successive  modificazioni,
della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge,  o  della
procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e
successive modificazioni, si applica  il  regime  di  cui  al  quinto
comma,  ma  con   attribuzione   al   lavoratore   di   un'indennita'
risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla  gravita'
della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro,
tra un minimo di sei e un massimo di  dodici  mensilita'  dell'ultima
retribuzione globale di fatto, con onere di specifica  motivazione  a
tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base  della  domanda  del
lavoratore, accerti che vi e' anche un difetto di giustificazione del
licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal
presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo. 
  Il giudice applica la medesima disciplina di cui  al  quarto  comma
del presente articolo nell'ipotesi  in  cui  accerti  il  difetto  di
giustificazione del licenziamento  intimato,  anche  ai  sensi  degli
articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68,
per motivo oggettivo consistente nell'inidoneita' fisica  o  psichica
del lavoratore, ovvero che il  licenziamento  e'  stato  intimato  in
violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Puo'
altresi' applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti
la manifesta insussistenza del fatto posto a base  del  licenziamento
per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta
che non ricorrono gli estremi del predetto  giustificato  motivo,  il
giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale  ultimo
caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennita' tra  il
minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al
quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la  ricerca
di una nuova occupazione e del comportamento delle parti  nell'ambito
della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966,  n.
604, e successive modificazioni. Qualora,  nel  corso  del  giudizio,
sulla base della domanda formulata dal lavoratore,  il  licenziamento
risulti  determinato  da  ragioni  discriminatorie  o   disciplinari,
trovano  applicazione  le  relative  tutele  previste  dal   presente
articolo. (28) ((30)) 
  Le disposizioni dei commi dal quarto al  settimo  si  applicano  al
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore,  che  in  ciascuna
sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale  ha
avuto luogo il licenziamento  occupa  alle  sue  dipendenze  piu'  di
quindici lavoratori o piu' di cinque se  si  tratta  di  imprenditore
agricolo,  nonche'  al  datore  di   lavoro,   imprenditore   o   non
imprenditore, che nell'ambito dello  stesso  comune  occupa  piu'  di
quindici dipendenti e all'impresa agricola che  nel  medesimo  ambito
territoriale occupa piu' di  cinque  dipendenti,  anche  se  ciascuna
unita' produttiva,  singolarmente  considerata,  non  raggiunge  tali
limiti, e in ogni caso  al  datore  di  lavoro,  imprenditore  e  non
imprenditore, che occupa piu' di sessanta dipendenti. 
  Ai fini del computo del numero dei  dipendenti  di  cui  all'ottavo
comma si tiene conto dei lavoratori assunti  con  contratto  a  tempo
indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente  svolto,
tenendo  conto,  a  tale  proposito,  che  il  computo  delle  unita'
lavorative fa riferimento all'orario  previsto  dalla  contrattazione
collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i  parenti  del
datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e  in  linea
collaterale. Il computo dei limiti occupazionali  di  cui  all'ottavo
comma non incide su  norme  o  istituti  che  prevedono  agevolazioni
finanziarie o creditizie. 
  Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purche' effettuata  entro
il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro
dell'impugnazione del medesimo, il  rapporto  di  lavoro  si  intende
ripristinato  senza  soluzione  di  continuita',  con   diritto   del
lavoratore alla retribuzione maturata  nel  periodo  precedente  alla
revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal
presente articolo. 
  Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori  di  cui  all'articolo
22, su istanza congiunta del lavoratore e del  sindacato  cui  questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado  del
giudizio di merito,  puo'  disporre  con  ordinanza,  quando  ritenga
irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal  datore
di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. 
  L'ordinanza di cui al comma precedente puo'  essere  impugnata  con
reclamo immediato  al  giudice  medesimo  che  l'ha  pronunciata.  Si
applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto  e
sesto comma del codice di procedura civile. 
  L'ordinanza puo' essere revocata con  la  sentenza  che  decide  la
causa. 
  Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori  di  cui  all'articolo
22, il datore di lavoro che non ottempera alla  sentenza  di  cui  al
primo comma ovvero all'ordinanza di  cui  all'undicesimo  comma,  non
impugnata o confermata dal giudice che l'ha  pronunciata,  e'  tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a  favore  del  Fondo
adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione
dovuta al lavoratore. (9) (23) 
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AGGIORNAMENTO (9) 
  La L. 11 maggio 1990, n. 108 ha disposto (con l'art.  4,  comma  1)
che "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, le  disposizioni
degli  articoli  1  e  2  non  trovano  applicazione   nei   rapporti
disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339. La disciplina di  cui
all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300,  come  modificato
dall'articolo 1 della presente  legge,  non  trova  applicazione  nei
confronti dei datori di lavoro non imprenditori  che  svolgono  senza
fini di lucro attivita' di natura politica, sindacale, culturale,  di
istruzione ovvero di religione o di culto"; ha inoltre disposto  (con
l'art. 4, comma 2) che "Le disposizioni di cui all'articolo 18  della
legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo  1  della
presente legge, e dell'articolo 2 non si applicano nei confronti  dei
prestatori di lavoro  ultrasessantenni,  in  possesso  dei  requisiti
pensionistici, sempre che non abbiano optato per la prosecuzione  del
rapporto di lavoro ai sensi  dell'articolo  6  del  decreto-legge  22
dicembre 1981, n. 791, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
febbraio 1982, n. 54. Sono fatte salve le disposizioni  dell'articolo
3 della presente legge e dell'articolo 9 della legge 15 luglio  1966,
n. 604". 
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AGGIORNAMENTO (23) 
  Il D.L. 31 dicembre 2007,  n.  248,  convertito  con  modificazioni
dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, ha disposto (con  l'art.  6,  comma
2-bis) che "L'efficacia delle disposizioni  di  cui  all'articolo  18
della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive  modificazioni,  nei
confronti  del  prestatore  di  lavoro  nelle   condizioni   previste
dall'articolo 4, comma 2, della legge 11  maggio  1990,  n.  108,  e'
comunque prorogata fino al momento della decorrenza  del  trattamento
pensionistico di vecchiaia spettante al prestatore medesimo". 
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AGGIORNAMENTO (28) 
  La Corte Costituzionale, con sentenza 24 febbraio - 1 aprile  2021,
n.  59  (in  G.U.  1ª  s.s.  07/04/2021,  n.   14),   ha   dichiarato
"l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo
periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
liberta' e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'  sindacale  e
dell'attivita'  sindacale,  nei  luoghi  di  lavoro   e   norme   sul
collocamento), come modificato dall'art. 1,  comma  42,  lettera  b),
della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma
del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita),  nella  parte
in  cui  prevede  che  il  giudice,  quando  accerti   la   manifesta
insussistenza  del  fatto  posto  a  base   del   licenziamento   per
giustificato motivo oggettivo, «puo' altresi' applicare» - invece che
«applica altresi'» - la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto
comma". 
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AGGIORNAMENTO (30) 
  La Corte Costituzionale, con sentenza 7 aprile - 19 maggio 2022, n.
125  (in  G.U.  1ª   s.s.   25/05/2022,   n.   21),   ha   dichiarato
"l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18, settimo comma, secondo
periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
liberta' e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'  sindacale  e
dell'attivita'  sindacale  nei  luoghi  di   lavoro   e   norme   sul
collocamento), come modificato dall'art. 1,  comma  42,  lettera  b),
della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma
del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), limitatamente
alla parola «manifesta»".