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LEGGE 23 dicembre 1976, n. 863

Conversione in legge del decreto-legge 19 novembre 1976, n. 759, concernente modifica dell'articolo 2 della legge 30 aprile 1976, n. 159, sostituito dall'articolo 3 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, contenente disposizioni penali in materia di infrazioni valutarie, e nuove norme nella stessa materia.

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Testo in vigore dal:  1-1-1977

Art. 2


L'articolo 1 del decreto-legge 4 marzo 1976, n. 31, modificato dall'articolo 1 della legge di conversione 30 aprile 1976, n. 159, ed ulteriormente modificato dall'articolo 2 della legge 8 ottobre 1976, n. 689, è sostituito dai seguenti:
"Art. 1. - Chiunque, senza l'autorizzazione prevista dalle norme in materia valutaria, ovvero con autorizzazione indebitamente ottenuta, esporta con qualsiasi mezzo fuori del territorio dello Stato valuta nazionale ed estera, titoli azionari od obbligazionari, titoli di credito, ovvero altri mezzi di pagamento è punito con la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa dal doppio al quadruplo del valore dei beni esportati.
Chiunque costituisce fuori del territorio dello Stato a favore proprio o di altri disponibilità valutarie o attività di qualsiasi genere, senza l'autorizzazione prevista dalle norme in materia valutaria, ovvero con autorizzazione indebitamente ottenuta, è punito con la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa dal doppio al quadruplo del valore delle disponibilità valutarie o attività illecitamente procurate.
Chiunque, in violazione delle norme valutarie, omette di cedere entro trenta giorni all'Ufficio italiano dei cambi valuta estera comunque acquisita o detenuta nel territorio nazionale, è punito con la pena prevista nei commi precedenti.
La pena è aumentata se il numero delle persone che hanno concorso nel reato è di tre o più, ovvero se nel reato hanno concorso amministratori o dipendenti di aziende o istituti di credito.
La pena è aumentata sino al doppio se, per il documento che ne potrebbe derivare alla economia nazionale, il fatto assume carattere di particolare gravità.
Nei casi previsti dai commi precedenti se il valore dei beni ovvero delle disponibilità o attività non supera complessivamente cinque milioni di lire, la pena è della multa dalla metà al triplo del valore medesimo.
Nei casi previsti dal presente articolo, il delitto tentato è equiparato a tutti gli effetti a quello consumato.
In caso di condanna, fermo quanto disposto dall'articolo 240, secondo comma, del codice penale, è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato o delle cose che ne costituiscono il compendio ovvero il prodotto o il profitto.
Se il valore dei beni esportati ovvero delle disponibilità o attività costituite all'estero ovvero della valuta estera non ceduta all'Ufficio italiano dei cambi non supera le lire 500 mila non si applicano le disposizioni dei commi precedenti e il fatto è punito con le sanzioni amministrative previste dalle disposizioni vigenti.
Agli effetti dell'articolo 1, n. 4), del decreto-legge 6 giugno 1956, n. 476, convertito, con modificazioni, nella legge 25 luglio 1956, n. 786, la residenza all'estero, ivi considerata, si intende riferita al periodo in cui le persone fisiche di nazionalità italiana, pur conservando la residenza anagrafica in Italia, hanno svolto lavoro dipendente o artigianale all'estero, limitatamente alle disponibilità ed attività ivi costituite durante tale periodo, con i proventi del lavoro medesimo.
Art. 1-bis. - Il residente che, costituendo persone giuridiche o enti esteri, ovvero assumendo partecipazioni in persone giuridiche o enti esteri, anche non riconosciuti dalla legge italiana, fa apparire beni siti o attività costituite in Italia come appartenenti a non residenti, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a cinque milioni".