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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 12 ottobre 1993, n. 572

Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.

note: Entrata in vigore del decreto: 19-1-1994 (Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 30/12/2000)
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Testo in vigore dal:  19-1-1994

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza, ed in particolare l'art. 25;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nelle adunanze generali del 30 novembre 1992 e del 17 maggio 1993;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 7 ottobre 1993;
Sulla proposta dei Ministri degli affari esteri e dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia;

EMANA

il seguente regolamento:

Art. 1

Definizioni
1. Nel presente regolamento la legge 5 febbraio 1992, n. 91, è indicata con la denominazione "legge".
2. Ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana:
a) si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d'iscrizione anagrafica;
b) si considera che abbia prestato effettivamente servizio militare chi abbia compiuto la ferma di leva nelle Forze armate italiane o la prestazione di un servizio equiparato a quello militare, a condizione che queste siano interamente rese, salvo che il mancato completamento dipenda da sopravvenute cause di forza maggiore riconosciute dalle autorità competenti;
c) salvi i casi nei quali la legge richiede specificamente l'esistenza di un rapporto di pubblico impiego, si considera cha abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato chi sia stato parte di un rapporto di lavoro dipendente con retribuzione a carico del bilancio dello Stato.
AVVERTENZA:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto ai
sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il
valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- L'art. 87, comma quinto, della Costituzione conferisce al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti.
- Il comma 1 dell'art. 17 della legge n. 400/1988 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunciarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possano essere emanati regolamenti per:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
e) l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali.
Il comma 4 dello stesso articolo stabilisce che gli anzidetti regolamenti debbano recare la denominazione di "regolamento", siano adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
Note all'art. 1:
- In relazione all'art. 2, lettera a), del decreto qui pubblicato si trascrive il testo dell'art. 3, commi 1, 2 e 3, e dell'art. 4, commi 1, 2, 3 e 4, della legge n. 39/1990 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato):
"Art. 3 (Documenti richiesti per l'ingresso dei cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato.
Respingimento alla frontiera), commi 1, 2 e 3. - 1. Possono entrare nel territorio dello Stato gli stranieri che si presentano ai controlli di frontiera forniti di passaporto valido o documento equipollente, riconosciuto dalle autorità italiane, nonché di visto ove prescritto, e siano in regola con le vigenti disposizioni, anche di carattere amministrativo, in materia sanitaria e assicurativa e che osservino le formalità richieste.
2. Il Ministro degli affari esteri, sentito il Ministro degli interni, entro il 30 giugno 1990 ridefinisce con propri decreti i Paesi dai quali è richiesto il visto. A tal fine, si terrà anche conto, nel contesto delle relazioni bilaterali e multilaterali esistenti e di quelle da definire, della provenienza dei flussi più rilevanti, nonché della provenienza degli stranieri extracomunitari entrati in Italia, che sono stati condannati per traffico di stupefacenti negli ultimi tre anni.
3. Il visto d'ingresso è rilasciato dalle autorità diplomatiche o consolari competenti in relazione ai motivi del viaggio. Nel visto sono specificati il motivo, la durata e, se del caso, il numero di ingressi consentiti nel territorio dello Stato. Esso può essere limitato alla utilizzazione di determinati valichi di frontiera".
"Art. 4 (Soggiorno dei cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato. - 1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'art. 3 che siano muniti di permesso di soggiorno, secondo le disposizioni del presente decreto.
2. Il permesso di soggiorno per gli stranieri che entrano in Italia a scopo di turismo ha la durata prevista dal visto, ovvero, se il visto non è prescritto, ha durata non superiore a tre mesi dalla presentazione ai controlli di frontiera.
3. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto entro otto giorni dalla data di ingresso, al questore della provincia in cui gli stranieri si trovino ed è rilasciato per i motivi indicati nel visto, ove questo sia prescritto.
Il questore rilascia allo straniero idonea ricevuta comprovante l'avvenuta richiesta del permesso di soggiorno.
Il permesso di soggiorno è rilasciato, se sussistenti i requisiti di legge, entro otto giorni dalla presentazione della richiesta.
4. Il permesso di soggiorno ha durata di due anni, fatti salvi i più brevi periodi stabiliti dal presente decreto e dalle altre disposizioni vigenti o indicati nel visto d'ingresso. Anche per lavori di carattere stagionale e per visite a familiari di primo grado il permesso di soggiorno può evere durata inferiore a due anni. Il permesso deve essere esibito ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza".
- In relazione al comma 2, lettera a), del decreto qui pubblicato si trascrive il testo dell'art. 2 della legge n. 1228/1954 (Ordinamento delle Anagrafi della popolazione residente):
"Art. 2. - È fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, la iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazioni di posizioni anagrafiche a norma del regolamento, fermo restando, agli effetti dell'art. 44 del Codice civile, l'obbligo di denuncia del trasferimento anche all'anagrafe del Comune di precedente residenza.
L'assenza temporanea dal Comune di dimora abituale non produce effetti sul riconoscimento della residenza.
Ai fini dell'obbligo dei cui al primo comma, la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo, nel Comune di nascita.
Per i nati all'estero, si considera Comune di residenza quello di nascita del padre o, in mancanza, quello della madre. Per tutti gli altri soggetti, all'obbligo della residenza, ai quali non possono applicarsi i criteri sopra indicati è istituito apposito registro presso il Ministero dell'interno. Il personale diplomatico e consolare straniero, nonché il personale straniero da esso dipendente, non sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione anagrafica".
- In relazione al comma 2, lettera b), del decreto qui pubblicato si trascrive il testo dell'art. 1 del D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio all'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica), emanato in esecuzione della delega di cui all'articolo 4, legge n. 1862/1962:
"Art. 1 (Soggezione alla leva). - Sono soggetti alla leva:
a) i cittadini maschi dello Stato anche se abbiano acquistato la cittadinanza dopo il concorso alla leva della propria classe di nascita e prima del 31 dicembre dell'anno in cui compiono il quarantacinquesimo anno di età;
b) coloro che, sebbene abbiano perduto la cittadinanza italiana, sono rimasti obbligati al servizio militare a tenore delle leggi vigenti in materia di cittadinanza (Abrogato dall'art. 22 della legge n. 91/1992);
c) gli apolidi che abbiano stabilito la residenza nella Repubblica anche dopo la chiamata alla leva della propria classe di nascita e prima del 31 dicembre dell'anno in cui compiono il quarantacinquesimo anno di età.
I giovani di cui alle precedenti lettere a), b) e c) sono soggetti alla leva di terra, salvo che si trovino nelle condizioni di cui al successivo art. 2, nel qual caso sono soggetti alla leva di mare".
- In relazione al comma 2, lettera b), del decreto qui pubblicato si trascrive il testo degli articoli 1 e 5 della legge n. 772/1972 (Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza):
"Art. 1. - Gli obbligati alla leva che dichiarino di essere contrari in ogni circostanza all'uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza, possono essere ammessi a soddisfare l'obbligo del servizio militare nei modi previsti dalla presente legge.
I motivi di coscienza addotti debbono essere attinenti ad una concezione generale della vita basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto.
Non sono comunque ammessi ad avvalersi della presente legge coloro che al momento della domanda risulteranno titolari di licenze o autorizzazioni relative alle armi in- dicate, rispettivamente negli articoli 28 o 30 del testo unico della legge di pubblica sicurezza o siano stati condannati per detenzione o porto abusivo di armi".
"Art. 5. - I giovani ammessi ai benefici della presente legge devono prestare servizio militare non armato, o servizio sostitutivo civile, per un tempo superiore di otto mesi alla durata del servizio di leva cui sarebbero tenuti (3/a).
Il Governo della Repubblica è autorizzato ad emanare le norme regolamentari relative all'attuazione della presente legge.
Qualora l'interessato opti per il servizio sostitutivo civile il Ministro per la difesa, nell'attesa dell'istituzione del servizio civile nazionale, distacca gli ammessi presso enti, organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione civile e di tutela e incremento del patrimonio forestale, previa stipulazione ove occorra, di speciali convenzioni con gli enti, organizzazioni o corpi presso i quali avviene il distacco".