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MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

DECRETO 11 marzo 2015, n. 36

Regolamento recante la struttura e la composizione dell'ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. (15G00050)

note: Entrata in vigore del provvedimento: 15/04/2015 (Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 19/08/2019)
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vigente al 04/05/2016
Testo in vigore dal:  15-4-2015 al: 2-9-2019
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IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

Visto il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, recante «Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria» ed, in particolare, l'articolo 7, commi 1 e 4;
Vista la legge 9 novembre 2012, n. 195, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002», ed, in particolare, gli articoli 17 e seguenti del Protocollo;
Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni»;
Visto l'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e successive modificazioni ed integrazioni;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza di sezione consultiva per degli atti normativi in data 25 settembre 2014;

Vista

la comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con nota 008558 del 2 ottobre 2014; Adotta il seguente decreto:

Art. 1

Definizioni
1. Nel presente decreto sono nominati:
a) «decreto-legge»: il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10;
b) «decreto legislativo»: il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni»;
c) «Garante»: il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, istituito ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge;
d) «Ufficio»: l'Ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, istituito ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge;
e) «Protocollo ONU»: Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002, ratificato dalla legge 9 novembre 2012, n. 195;
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- Si riporta il testo dell'articolo 7 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria):
«Art. 7 (Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale). - 1. È istituito, presso il Ministero della giustizia, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, di seguito denominato «Garante nazionale».
2. Il Garante nazionale è costituito in collegio, composto dal presidente e da due membri, i quali restano in carica per cinque anni non prorogabili. Essi sono scelti tra persone, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani, e sono nominati, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti commissioni parlamentari.
3. I componenti del Garante nazionale non possono ricoprire cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi in partiti politici. Sono immediatamente sostituiti in caso di dimissioni, morte, incompatibilità sopravvenuta, accertato impedimento fisico o psichico, grave violazione dei doveri inerenti all'ufficio, ovvero nel caso in cui riportino condanna penale definitiva per delitto non colposo. Essi non hanno diritto ad indennità od emolumenti per l'attività prestata, fermo restando il diritto al rimborso delle spese.
4. Alle dipendenze del Garante nazionale, che si avvale delle strutture e delle risorse messe a disposizione dal Ministro della giustizia, è istituito un ufficio composto da personale dello stesso Ministero, scelto in funzione delle conoscenze acquisite negli ambiti di competenza del Garante. La struttura e la composizione dell'ufficio sono determinate con successivo regolamento del Ministro della giustizia, da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Il Garante nazionale, oltre a promuovere e favorire rapporti di collaborazione con i garanti territoriali, ovvero con altre figure istituzionali comunque denominate, che hanno competenza nelle stesse materie:
a) vigila, affinchè l'esecuzione della custodia dei detenuti, degli internati, dei soggetti sottoposti a custodia cautelare in carcere o ad altre forme di limitazione della libertà personale sia attuata in conformità alle norme e ai principi stabiliti dalla Costituzione, dalle convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall'Italia, dalle leggi dello Stato e dai regolamenti;
b) visita, senza necessità di autorizzazione, gli istituti penitenziari, gli ospedali psichiatrici giudiziari e le strutture sanitarie destinate ad accogliere le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive, le comunità terapeutiche e di accoglienza o comunque le strutture pubbliche e private dove si trovano persone sottoposte a misure alternative o alla misura cautelare degli arresti domiciliari, gli istituti penali per minori e le comunità di accoglienza per minori sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria, nonché, previo avviso e senza che da ciò possa derivare danno per le attività investigative in corso, le camere di sicurezza delle Forze di polizia, accedendo, senza restrizioni, a qualunque locale adibito o comunque funzionale alle esigenze restrittive;
c) prende visione, previo consenso anche verbale dell'interessato, degli atti contenuti nel fascicolo della persona detenuta o privata della libertà personale e comunque degli atti riferibili alle condizioni di detenzione o di privazione della libertà;
d) richiede alle amministrazioni responsabili delle strutture indicate alla lettera b) le informazioni e i documenti necessari; nel caso in cui l'amministrazione non fornisca risposta nel termine di trenta giorni, informa il magistrato di sorveglianza competente e può richiedere l'emissione di un ordine di esibizione;
e) verifica il rispetto degli adempimenti connessi ai diritti previsti agli articoli 20 , 21 , 22 , e 23 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 , e successive modificazioni, presso i centri di identificazione e di espulsione previsti dall' articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 , e successive modificazioni, accedendo senza restrizione alcuna in qualunque locale;
f) formula specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata, se accerta violazioni alle norme dell'ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell'articolo 35 della legge 26 luglio 1975, n. 354. L'amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni;
g) trasmette annualmente una relazione sull'attività svolta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell'interno e al Ministro della giustizia.».
- Si riporta il testo degli articoli 17, 18, 19, 20, 21, 22 e 23 del «Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002»:
«Art. 17. Ogni Stato Parte mantiene, designa o istituisce, al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore o la ratifica del presente Protocollo o la sua adesione allo stesso, uno o più meccanismi nazionali per la prevenzione indipendenti, destinati a prevenire la tortura a livello nazionale. I meccanismi istituiti da entità decentralizzate possono essere designati come meccanismi nazionali per la prevenzione ai sensi del presente Protocollo se sono conformi alle disposizioni di quest'ultimo.
Art. 18. 1. Gli Stati Parte garantiscono l'indipendenza dei meccanismi nazionali per la prevenzione nell'esercizio delle loro funzioni e l'indipendenza del loro personale.
2. Gli Stati Parte prendono i provvedimenti necessari per assicurare che gli esperti del meccanismo nazionale per la prevenzione possiedano le competenze e le conoscenze professionali richieste. S'impegnano ad assicurare l'equilibrio fra i sessi e una rappresentanza adeguata dei gruppi etnici e minoritari del Paese.
3. Gli Stati Parte s'impegnano a mettere a disposizione le risorse necessarie al funzionamento dei meccanismi nazionali per la prevenzione.
4. Nell'istituire i meccanismi nazionali per la prevenzione, gli Stati Parte tengono debitamente conto dei Principi relativi allo statuto delle istituzioni nazionali per la promozione e la protezione dei diritti umani.
Art. 19. I meccanismi nazionali per la prevenzione hanno almeno le seguenti attribuzioni:
a) esaminare regolarmente la situazione delle persone private della libertà che si trovano nei luoghi di detenzione di cui all'articolo 4, al fine di rafforzare, se necessario, la loro protezione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli inumani o degradanti;
b) rivolgere raccomandazioni alle autorità competenti ai fini di migliorare il trattamento e la situazione delle persone private della libertà e di prevenire la tortura e altre pene o trattamenti crudeli inumani o degradanti, tenendo conto delle norme pertinenti dell'Organizzazione delle Nazioni Unite;
c) presentare proposte e osservazioni in merito alla legislazione vigente o a progetti di legge in materia.
Art. 20. Per consentire ai meccanismi nazionali per la prevenzione di adempiere il loro mandato, gli Stati Parte s'impegnano ad accordare loro:
a) l'accesso a tutte le informazioni concernenti il numero delle persone private della libertà che si trovano nei luoghi di detenzione di cui all'articolo 4 così come il numero dei luoghi di detenzione e la loro ubicazione;
b) l'accesso a tutte le informazioni concernenti il trattamento di tali persone e le relative condizioni di detenzione;
c) l'accesso a tutti i luoghi di detenzione e alle relative installazioni e attrezzature;
d) la possibilità di intrattenersi in privato e senza testimoni, se necessario per il tramite di un interprete, con le persone private della libertà e con qualsiasi altra persona che il meccanismo nazionale per la prevenzione ritiene possa fornirgli informazioni pertinenti;
e) la libertà di scegliere i luoghi da visitare e le persone da incontrare;
f) il diritto di avere contatti con il Sottocomitato per la prevenzione, di trasmettergli informazioni e d'incontrarlo.
Art. 21. 1. Nessuna autorità e nessun funzionario può ordinare, applicare, autorizzare o tollerare sanzioni nei confronti di una persona o di un'organizzazione per aver comunicato informazioni, vere o false, al meccanismo nazionale per la prevenzione; tale persona od organizzazione non dovrà in alcun caso subire pregiudizi d'altro genere.
2. Le informazioni confidenziali raccolte dal meccanismo nazionale per la prevenzione vanno protette.
Nessun dato personale è pubblicato senza il consenso esplicito dell'interessato.
Art. 22. Le autorità competenti dello Stato Parte interessato esaminano le raccomandazioni del meccanismo nazionale per la prevenzione e instaurano con esso un dialogo in merito ai possibili provvedimenti di attuazione.
Art. 23. Gli Stati Parte al presente Protocollo s'impegnano a pubblicare e a divulgare i rapporti annuali dei meccanismi nazionali per la prevenzione.».
- Si riporta il testo dei commi 3 e 4 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri):
«Art. 17 (Regolamenti). - 1. - 2. (Omissis).
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
4-bis. - 4-ter. (Omissis).».

Note all'art. 1:
- Per i riferimenti al decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, si veda nelle note alle premesse.