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MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

DECRETO 14 febbraio 2013, n. 22

Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. (13G00061)

note: Entrata in vigore del provvedimento: 29/03/2013
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vigente al 19/03/2024
  • Allegati
Testo in vigore dal:  29-3-2013

IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Vista la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, in particolare l'articolo 6, paragrafo 4;
Visto il Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, e successive modificazioni, e in particolare, l'articolo 28;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152 recante «Norme in materia ambientale» e successive modificazioni e in particolare l'articolo 179, comma 5, lettera e), l'articolo 183, comma 1, lettera cc) e- l'articolo 184-ter, comma 1 e 2;
Considerato che i criteri specifici di cui al citato articolo 184-ter, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, e successive modificazioni; recante attuazione della Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000, e successive modificazioni e integrazioni, sull'incenerimento dei rifiuti.
Considerato che in Italia esiste un mercato per la produzione e l'utilizzo di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), definiti all'articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
Ritenuto necessario promuovere la produzione e l'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS) da utilizzare, a determinate condizioni, in sostituzione di combustibili convenzionali per finalità ambientali e economiche con l'obiettivo di contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti, ivi incluse le emissioni di gas climalteranti, all'incremento dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili mediante un utilizzo sostenibile a scopi energetici della biomassa contenuta nei rifiuti, ad un più elevato livello di recupero dei rifiuti, nel rispetto della gerarchia di trattamento dei rifiuti di cui all'articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ad una riduzione degli oneri ambientali ed economici legati allo smaltimento di rifiuti in discarica, al risparmio di risorse naturali, alla riduzione della dipendenza da combustibili convenzionali e all'aumento della certezza d'approvvigionamento energetico;
Ritenuto necessario incoraggiare la produzione di combustibili solidi secondari (CSS) di alta qualità, aumentare la fiducia in relazione all'utilizzo di detti combustibili e fornire, con riferimento alla produzione e l'utilizzo di detti combustibili chiarezza giuridica e certezza comportamentale uniforme sull'intero territorio nazionale;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 giugno 2012;
Vista la notifica di cui alla direttiva 98/34/CE, e successive modificazioni che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regole tecniche;
Visto il nulla osta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi della citata legge n. 400 del 1988, con nota del 13 febbraio 2013, prot. n.1068;

ADOTTA

il seguente regolamento:

Art. 1

Oggetto
1. In applicazione dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il presente regolamento stabilisce i criteri specifici da rispettare affinchè determinate tipologie di combustibile solido secondario (CSS), come definito all'articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo medesimo, cessano di essere qualificate come rifiuto.
2. Ai fini di cui al comma 1, il presente regolamento stabilisce, nel rispetto delle condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, le procedure e le modalità affinchè le fasi di produzione e utilizzo del CSS-Combustibile, ivi comprese le fasi propedeutiche alle stesse, avvengano senza pericolo per la salute dell'uomo e senza pregiudizio per l'ambiente, e in particolare senza:
a) creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora;
b) causare inconvenienti da rumori e odori;
c) danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.
3. Gli allegati al presente regolamento sono parte integrante del medesimo.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato è stato redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art.10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n.1092, al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge alle quali è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (GUCE).
Note alle premesse:
Si riporta l'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 312/3 del 22.11.2008:
"Art. 6. Cessazione della qualifica di rifiuto
1. Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell'articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.
I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.
2. Le misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, che riguardano l'adozione dei criteri di cui al paragrafo 1 e specificano il tipo di rifiuti ai quali si applicano tali criteri, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2. Criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale dovrebbero essere considerati, tra gli altri, almeno per gli aggregati, i rifiuti di carta e di vetro, i metalli, i pneumatici e i rifiuti tessili.
3. I rifiuti che cessano di essere tali conformemente ai paragrafi 1 e 2 cessano di essere tali anche ai fini degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti nelle direttive 94/62/CE, 2000/53/CE, 2002/96/CE e 2006/66/CE e nell'altra normativa comunitaria pertinente quando sono soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero di tale legislazione.
4. Se non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario in conformità della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile. Essi notificano tali decisioni alla Commissione in conformità della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, ove quest'ultima lo imponga.".
Si riporta l'articolo 28 del Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 190 del 12 luglio 2006:
"Art. 28. Disaccordo in merito alla classificazione dei rifiuti
1. Se le autorità competenti di spedizione e destinazione non si accordano in merito alla classificazione dei materiali come rifiuti o no, detti materiali sono trattati come rifiuti. Ciò avviene fatto salvo il diritto del paese di destinazione di trattare i materiali spediti, dopo il loro arrivo, conformemente alla legislazione nazionale, allorché tale legislazione è conforme alla normativa comunitaria o al diritto internazionale.
2. Se le autorità competenti di spedizione e destinazione non si accordano in merito alla classificazione dei rifiuti notificati come rifiuti dell'allegato III, III A, III B o IV, i rifiuti si considerano rifiuti dell'allegato IV.
3. Se le autorità competenti di spedizione e destinazione non si accordano in merito alla classificazione dell'operazione notificata di trattamento dei rifiuti come operazione di recupero o di smaltimento, si applicano le disposizioni in materia di smaltimento.
4. I paragrafi da 1 a 3 si applicano esclusivamente ai fini del presente regolamento e lasciano impregiudicato il diritto delle parti interessate di risolvere eventuali controversie relative a tali questioni dinanzi a un organo giurisdizionale.".
L'articolo 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti.
Si riportano gli articoli 179, comma 5, lettera e), 183, comma 1, lettera cc) e 184-ter, commi 1 e 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2006, n. 88, (S.O.):
"Art. 179. Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti.
1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:
a) prevenzione;
b) preparazione per il riutilizzo;
c) riciclaggio;
d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
e) smaltimento.
2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.
3. Con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall'ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse.
4. Con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente.
5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell'esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:
a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;
b) la promozione della messa a punto tecnica e dell'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;
c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;
d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
e) l'impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l'impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.
6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte di energia.
7. Le pubbliche amministrazioni promuovono l'analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall'ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l'uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie.
8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica."
"Art. 183. Definizioni.
1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:
a) «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi;
b) «rifiuto pericoloso»: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto;
c) «oli usati»: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all'uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;
d) «rifiuto organico»: rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall'industria alimentare raccolti in modo differenziato;
e) «autocompostaggio»: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell'utilizzo in sito del materiale prodotto;
f) «produttore di rifiuti»: il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti;
g) «produttore del prodotto»: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;
h) «detentore»: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;
i) «commerciante»: qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;
l) «intermediario»: qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti;
m) «prevenzione»: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:
1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l'estensione del loro ciclo di vita;
2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull'ambiente e la salute umana;
3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;
n) «gestione»: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario;
o) «raccolta»: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera «mm», ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;
p) «raccolta differenziata»: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;
q) «preparazione per il riutilizzo»: le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
r) «riutilizzo»: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
s) «trattamento»: operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;
t) «recupero»: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale.
L'allegato C della parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;
u) «riciclaggio»: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;
v) «rigenerazione degli oli usati»: qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;
z) «smaltimento»: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l'operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L'Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;
aa) «stoccaggio»: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta;
bb) «deposito temporaneo»: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.
In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
3) il «deposito temporaneo» deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;
cc) «combustibile solido secondario (CSS)»: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale;
dd) «rifiuto biostabilizzato»: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualità;
ee) «compost di qualità»: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni;
ff) «digestato di qualità»: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
gg) «emissioni»: le emissioni in atmosfera di cui all'articolo 268, comma 1, lettera b);
hh) «scarichi idrici»: le immissioni di acque reflue di cui all'articolo 74, comma 1, lettera ff);
ii) «inquinamento atmosferico»: ogni modifica atmosferica di cui all'articolo 268, comma 1, lettera a);
ll) «gestione integrata dei rifiuti»: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;
mm) «centro di raccolta»: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
nn) «migliori tecniche disponibili»: le migliori tecniche disponibili quali definite all'articolo 5, comma 1, lett. l-ter) del presente decreto;
oo) «spazzamento delle strade»: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro fruibilità e la sicurezza del transito;
pp) «circuito organizzato di raccolta»: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell'impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All'accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell'impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;
qq) «sottoprodotto»: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all'articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo 184-bis, comma 2."
"Art. 184-ter. Cessazione della qualifica di rifiuto.
1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.
2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell' articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.
3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot.
n. 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione.
4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti.
5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.".
Il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (Attuazione della direttiva 2000/76/CE in materia di incenerimento dei rifiuti), è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 luglio 2005, n. 163, S.O.
Si riporta il testo dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 12 settembre 1988, n. 214, S.O. :
"Art. 17. Regolamenti.
1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;
e).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei principi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:
a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;
b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;
c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;
d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali.
4-ter. Con regolamenti da emanare ai sensi del comma 1 del presente articolo, si provvede al periodico riordino delle disposizioni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione implicita e all'espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete.".
La direttiva 1998/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, e successive modificazioni, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regole tecniche, è pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. L 204/37 del 21.7.1998.

Note all'art. 1:
L'articolo 184-ter del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è riportato nelle note alle premesse.
L'articolo 183 del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è riportato nelle note alle premesse.