Note

Per procedere con l'estrazione in pdf selezionare il tasto Stampa

N. 15 SENTENZA 8 novembre 2016- 24 gennaio 2017

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Impiego pubblico - Presidenza del Consiglio dei ministri  -  Processo
  di riorganizzazione strutturale - Cessazione automatica, alla  data
  del 1° novembre 2012, degli incarichi di prima e di seconda  fascia
  conferiti ai sensi dell'art. 19, comma 6, del  d.lgs.  n.  165  del
  2001. 
- Decreto legge 6 luglio 2012, n. 95  (Disposizioni  urgenti  per  la
  revisione della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi  ai
  cittadini  nonche'  misure  di  rafforzamento  patrimoniale   delle
  imprese del settore  bancario)  -  convertito,  con  modificazioni,
  dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 -  art.  2,
  comma 20.   
-   
(GU n.5 del 1-2-2017 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Paolo GROSSI; 
Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo  CORAGGIO,  Giuliano
  AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de  PRETIS,  Nicolo'  ZANON,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,  comma
20, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per
la revisione della spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135,  promosso  dal  Tribunale
ordinario di Roma, sezione lavoro, nel procedimento vertente tra R.R.
e la Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  -  Dipartimento  della
funzione pubblica, con ordinanza del 30 ottobre 2014, iscritta al  n.
56 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  R.R.,  nonche'   l'atto   di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  dell'8  novembre  2016  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato Liborio Cataliotti per R.R. e  l'avvocato  dello
Stato  Gabriella  D'Avanzo  per  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Roma, sezione lavoro, con ordinanza
del 30 ottobre  2015  (reg.  ord.  n.  56  del  2015),  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  20,  del
decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95  (Disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, in riferimento agli artt.
3, 97 e 98  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  prevede  che
all'esito del processo di riorganizzazione  delle  proprie  strutture
sulla  base  di  criteri   di   contenimento   della   spesa   e   di
ridimensionamento strutturale attuato dalla Presidenza del  Consiglio
dei ministri e comunque non oltre il 1° novembre 2012, cessano  tutti
gli incarichi in corso a quella data,  di  prima  e  seconda  fascia,
conferiti ai sensi dell'art. 19, comma 6, del decreto legislativo  30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche). 
    1.1.- Il giudice  rimettente  riferisce  che  il  ricorrente  nel
giudizio principale ha stipulato con la Presidenza del Consiglio  dei
ministri, in data 1°  febbraio  2011,  un  contratto  individuale  di
lavoro ai sensi dell'art. 19, comma 6, del d.lgs. n.  165  del  2001,
avente ad oggetto un incarico di livello dirigenziale  non  generale,
presso l'Ispettorato per la  funzione  pubblica,  con  decorrenza  1°
febbraio 2011 e scadenza 31  gennaio  2014.  Prosegue  il  rimettente
esponendo che la Presidenza  del  Consiglio  aveva  pero'  comunicato
all'interessato,  con  nota  del  5  ottobre  2012,   la   cessazione
dall'incarico dirigenziale, a decorrere dal 1° novembre  2012,  e  la
contestuale risoluzione del contratto di lavoro a tempo  determinato,
ai sensi del citato art. 2, comma 20, del  decreto-legge  n.  95  del
2012, come sostituito dalla legge di conversione n. 135 del 2012,  il
quale prevede, per la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  la
cessazione, alla data del l° novembre 2012, di tutti gli incarichi in
corso alla medesima data, di prima e  seconda  fascia,  conferiti  ai
sensi dell'art. 19, commi 5-bis e 6, del citato  d.lgs.  n.  165  del
2001. 
    1.2.- Espone il giudice a quo che il  ricorrente,  eccepita,  con
varie argomentazioni, l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma  20,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012,   convertito   con
modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, facendo,  in  particolare,
richiamo ai  principi  enunciati  dalla  Corte  costituzionale  nelle
sentenze n. 103 del 2007, n. 351 del 2008  e  n.  390  del  2010,  in
materia di illegittimita' dei  meccanismi  di  spoils  system,  aveva
richiesto,  previa  declaratoria  di  inefficacia,  di   nullita'   e
annullabilita' del provvedimento di revoca dell'incarico, di ordinare
alla   Presidenza   del   Consiglio   di   reintegrarlo   nel   posto
precedentemente occupato, con condanna dell'amministrazione convenuta
al  risarcimento  dei  danni  subiti  per  effetto   dell'illegittimo
recesso, commisurato alla retribuzione globale di  fatto  dal  giorno
del licenziamento sino alla  reintegrazione,  nonche'  alla  relativa
omissione contributiva. 
    1.3.- Cio' premesso, il giudice a quo ritiene che la questione di
legittimita' costituzionale prospettata dal ricorrente  nel  giudizio
principale sia rilevante e non manifestamente infondata. 
    1.4.- In ordine  alla  non  manifesta  infondatezza,  il  giudice
rimettente osserva  che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha  gia'
dichiarato illegittime, in numerose pronunce,  disposizioni  relative
alla automatica cessazione  di  incarichi  di  livello  dirigenziale,
enunciando principi che, pur riferiti a fattispecie  di  c.d.  spoils
system, possono ritenersi applicabili al caso in esame  (sentenza  n.
103 del 2007, relativa all'art. 3, comma 7, della legge  n.  145  del
2002; sentenze n. 161 del 2008 e n. 81 del 2010,  concernenti  l'art.
2, comma 161, del decreto-legge  n.  262  del  2006,  convertito  con
modificazioni dalla legge n. 286 del 2006). 
    Rileva difatti il  rimettente  «che  l'insegnamento  del  Giudice
delle leggi appare infatti chiaro nel senso che qualunque  meccanismo
di  cessazione  automatica  "ex  lege"  di  incarichi   di   funzioni
dirigenziali ex art. 19, d.lgs. n. 165/2001, si pone in conflitto con
gli artt. 97 e 98 della Costituzione, perche', in sostanza, incrina i
principi  fondamentali  dell'azione  amministrativa,  quali  il  buon
andamento e la continuita' della stessa,  sicche'  gli  incarichi  in
questione possono legittimamente essere revocati, solo mediante forme
procedimentali atte all'accertamento dei risultati conseguiti, che si
concludano con un  provvedimento  motivato,  suscettibile  di  vaglio
giurisdizionale». 
    Ritiene inoltre  il  rimettente  che  la  mera  dichiarazione  di
intenti contenuta nella norma censurata, ai fini della riduzione  del
20 per cento operata sulle dotazioni organiche dirigenziali, «non  e'
di per se' sufficiente  a  giustificare  l'esclusione  del  controllo
giurisdizionale sulla rispondenza della  cessazione  dello  specifico
incarico alle esigenze  di  buon  andamento  ed  imparzialita'  della
Pubblica Amministrazione, a maggior ragione alla luce  del  legittimo
sospetto generato dall'espressa previsione che solo "fino al suddetto
termine - 1° novembre 2012 - non possono essere conferiti o rinnovati
incarichi di cui alla citata normativa"» (ovvero incarichi  conferiti
ai sensi dell'art. 19, commi 5-bis e 6, del d.lgs. n. 165 del 2001). 
    1.5.- Quanto al profilo della rilevanza,  il  giudice  rimettente
deduce  che  la  propria  decisione  in   ordine   alla   prospettata
illegittimita' della cessazione-revoca dell'incarico di cui  trattasi
dipende, in via pressoche' esclusiva, dalla validita' della censurata
disposizione di legge, «in applicazione della quale - e in difetto di
qualsiasi altra  motivazione  -  essa  e'  stata  disposta»,  con  la
conseguenza che il giudizio di rilevanza  non  pare  «richiedere  una
preventiva  delibazione  sulla  sussistenza  degli   altri   elementi
costitutivi  della  pretesa  risarcitoria,   in   specie   la   colpa
dell'amministrazione ed il danno» il quale, ad  avviso  dello  stesso
giudice, puo' ritenersi in re  ipsa,  «essendo  pacifica  la  perdita
delle retribuzioni maturande in seguito  alla  cessazione  anticipata
dell'incarico». 
    2.- Il ricorrente nel giudizio principale  si  e'  costituito  in
giudizio con atto depositato l'11 maggio 2015. Svolte  argomentazioni
a sostegno della sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
ed  evidenziata  specificamente  la  violazione  del  principio   del
legittimo affidamento di cui all'art. 3 Cost. per effetto  del  venir
meno ante  tempus  dell'incarico  dirigenziale  conferito,  la  parte
privata  ha  concluso   per   la   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale della disciplina censurata. 
    3.- Con atto depositato il 12 maggio  2015,  e'  intervenuto  nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo di  dichiarare
manifestamente infondata  la  questione  proposta  nell'ordinanza  di
rimessione. 
    3.1.-  In  particolare,  l'Avvocatura  erariale  deduce  di   non
rinvenire alcun profilo di analogia della disciplina censurata con le
disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime con le  citate
sentenze n. 103 del 2007, n. 161 del 2008,  e  n.  81  del  2010.  Ad
avviso dell'Avvocatura generale dello Stato,  difatti,  il  censurato
comma 20, nell'inserirsi nel disposto dell'art. 2 del d.l. n. 95  del
2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135  del  2012  -
che a sua volta, nell'ambito di un complesso  intervento  legislativo
in materia di revisione della  spesa  pubblica  (cosiddetta  spending
review),  introduce  alcune  misure  volte  alla   «riduzione   delle
dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni»,  non  contempla
alcun meccanismo di spoils system che  giustificherebbe  l'estensione
dei principi enunciati dalla Corte costituzionale  alla  disposizione
scrutinata. 
    3.2.- In  proposito,  assume  l'Avvocatura  erariale  che,  nella
fattispecie in esame, «la risoluzione dell'incarico dirigenziale  non
e' collegata al mutamento degli organi  politici,  ma  disposta,  con
previsione  anche  temporalmente  limitata  nel   tempo,   in   vista
dell'obiettivo della riduzione degli uffici di  livello  dirigenziale
in misura  non  inferiore  al  venti  per  cento,  obiettivo  fissato
espressamente dal legislatore al comma l del medesimo art. 2 del d.l.
n. 95 del 2012». In tale direzione, ad avviso  dell'Avvocatura  dello
Stato, «la predeterminazione, da parte del legislatore, di un  numero
di uffici di livello dirigenziale (riduzione del 20 per cento operata
sulle dotazioni organiche dirigenziali di prima e seconda fascia  dei
propri ruoli), oltre a non violare il  principio  di  buon  andamento
della pubblica amministrazione, e' volta a  realizzare  un  immediato
risparmio, attuato nell'ambito di una ben piu'  ampia  ed  articolata
opera di revisione della spesa pubblica, secondo i ben  noti  vincoli
finanziari europei ed in doverosa attuazione  dell'art.  81  Cost.  -
come novellato dall'art. l della legge costituzionale  n.  l  del  20
aprile 2012 - che ha introdotto,  al  comma  l,  la  regola  generale
dell'equilibrio di bilancio». 
    3.3.-  Con  memoria  depositata  in   prossimita'   dell'udienza,
l'Avvocatura erariale ha  ribadito  tali  considerazioni,  insistendo
sulla  inconferenza,  nel  caso   in   esame,   del   richiamo   alla
giurisprudenza costituzionale operato dal giudice rimettente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza di cui in epigrafe, il Tribunale ordinario di
Roma,  sezione  lavoro,  dubita  della  legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma  20,  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7  agosto  2012,  n.
135. 
    1.1.- Il citato comma 20 dispone: «Ai fini dell'attuazione  della
riduzione  del  20  per  cento  operata  sulle  dotazioni   organiche
dirigenziali  di  prima  e  seconda  fascia  dei  propri  ruoli,   la
Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  provvede  alla   immediata
riorganizzazione delle proprie strutture sulla  base  di  criteri  di
contenimento  della  spesa  e   di   ridimensionamento   strutturale.
All'esito di tale processo, e comunque non oltre il 1º novembre 2012,
cessano tutti gli incarichi, in corso  a  quella  data,  di  prima  e
seconda fascia conferiti ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e  6,
del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165.  Fino  al  suddetto
termine non possono essere conferiti o  rinnovati  incarichi  di  cui
alla citata normativa». 
    1.2.- Ad avviso del rimettente, la disposizione in  esame,  nella
parte  in  cui  prevede  che  all'esito  del  predetto  processo   di
riorganizzazione attuato dalla Presidenza del Consiglio dei  ministri
e comunque non oltre il 1° novembre 2012, cessano tutti gli incarichi
in corso a quella data, di prima e seconda fascia, conferiti ai sensi
dell'art. 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), si pone in contrasto con gli artt. 3,  97
e 98 della Costituzione. 
    1.3.- Cio' in quanto, secondo il giudice  a  quo,  la  cessazione
automatica cosi' disposta ex lege di funzioni dirigenziali  conferite
ai sensi del citato art. 19, comma 6, del  d.lgs.  n.  165  del  2001
contrasterebbe  con  i  principi  di  buon  andamento  e  continuita'
dell'azione amministrativa, in  conformita'  alle  statuizioni  della
Corte costituzionale contenute nelle sentenze n. 103 del 2007, n. 161
del 2008 e n. 81 del 2010. 
    2.- Per contro, la  difesa  erariale  contesta  che  possa  farsi
applicazione delle richiamate statuizioni della Corte costituzionale,
«non essendo rinvenibile alcun profilo di analogia  della  disciplina
ora all'esame [...] con le disposizioni dichiarate costituzionalmente
illegittime» dalle menzionate pronunce. 
    2.1.- L'Avvocatura generale dello Stato sostiene difatti  che  la
disposizione censurata non contempla un meccanismo di spoils  system,
in quanto la risoluzione dell'incarico dirigenziale non  e'  da  essa
collegata al mutamento degli organi politici  ma  disposta  in  vista
dell'obiettivo della riduzione degli uffici di  livello  dirigenziale
in misura non inferiore al 20 per  cento,  fissato  espressamente  al
comma 1 del medesimo art. 2 del d.l. n.  95  del  2012.  Atteso  tale
disposto normativo, all'amministrazione sarebbe sottratta  la  scelta
su un'eventuale continuazione  dei  rapporti  dirigenziali,  talche',
sempre  ad  avviso  dell'Avvocatura   generale   dello   Stato,   non
residuerebbero spazi  per  un  momento  procedimentale  di  confronto
dialettico tra le parti. 
    2.2.-   Aggiunge   inoltre   l'Avvocatura   erariale    che    la
predeterminazione legislativa di  un  numero  di  uffici  di  livello
dirigenziale  da  ridurre  e'  volta  a  realizzare   «un   immediato
risparmio» nell'ambito della piu' generale opera di  revisione  della
spesa pubblica, e trova ragioni giustificatrici nell'art.  81  Cost.,
come novellato dalla  legge  costituzionale  20  aprile  2012,  n.  1
(Introduzione del principio del  pareggio  di  bilancio  nella  Carta
costituzionale),  nonche'  nell'art.  97   Cost.,   con   particolare
riferimento al primo comma novellato dalla medesima legge. 
    3.- La questione e' fondata. 
    E'  indubbio  che  la  norma  censurata  dia  luogo,  in  termini
oggettivi, a un  meccanismo  di  cessazione  automatica  di  incarico
dirigenziale, con risoluzione del  connesso  contratto  di  lavoro  a
tempo determinato. 
    La novita' della questione esaminata consisterebbe  tuttavia,  ad
avviso  dell'Avvocatura  generale  dello   Stato,   nella   peculiare
motivazione dell'intervento normativo censurato,  non  ascrivibile  a
finalita' di spoils system, bensi' funzionale a obiettivi di  miglior
andamento della pubblica amministrazione  e  di  risparmio  di  spesa
pubblica, nella  fattispecie  con  riferimento  alla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri. 
    Ne consegue che il  thema  decidendum  si  risolve  nel  valutare
innanzitutto se siano o meno applicabili al caso di specie i principi
enucleati da questa Corte in  materia  di  cessazione  automatica  di
incarichi  dirigenziali,  principi   richiamati   nell'ordinanza   di
rimessione  e,  quindi,  nello  stabilire   se   siano   fondate   le
argomentazioni addotte  dall'Avvocatura  erariale  a  sostegno  della
legittimita' costituzionale della disposizione censurata. 
    4.- Questa Corte e'  stata  negli  anni  chiamata  piu'  volte  a
valutare  la  compatibilita'  con  i   principi   costituzionali   di
disposizioni,  statali  e  regionali,  introducenti   meccanismi   di
decadenza  automatica  di  incarichi  dirigenziali  dovuta  a   cause
estranee alle vicende del rapporto d'ufficio, sottratta  a  qualsiasi
valutazione dei risultati conseguiti, qualora tali  meccanismi  siano
riferiti  a  titolari  di  incarichi  dirigenziali   che   comportino
l'esercizio di  funzioni  amministrative  attuative  degli  indirizzi
politici. 
    Tale decadenza automatica e' stata ascritta allo  spoils  system,
risultando gli interventi normativi in questione sovente disposti  in
relazione  a  cambiamenti  della  compagine  governativa,  ovvero  al
mutamento degli organi di indirizzo politico nazionali o regionali. 
    I predetti meccanismi  di  decadenza  automatica  sono  stati  da
questa Corte ritenuti compatibili con l'art. 97 Cost., esclusivamente
ove riferiti ad addetti  ad  uffici  di  diretta  collaborazione  con
l'organo di governo (sentenza n. 304 del 2010) o  a  figure  apicali,
quali quelle contemplate dall'art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 165 del
2001 (sentenza n. 34 del 2010). 
    Relativamente a tali incarichi, causa  et  ratio  della  relativa
normativa  e  delle  conseguenti  pronunce  confermative  della  loro
legittimita' costituzionale, vanno individuate nella  necessita'  per
l'organo di vertice di assicurare,  intuitu  personae,  una  migliore
fluidita' e correntezza di rapporti con diretti  collaboratori  quali
sono  i  dirigenti  apicali  e  ovviamente  il  personale  di  staff,
funzionali   allo    stesso    miglior    andamento    dell'attivita'
amministrativa. 
    Per  il  rimanente  personale  dirigenziale,  i   meccanismi   di
decadenza automatica, o meramente discrezionale,  sono  stati  invece
costantemente  ritenuti  incompatibili  con  l'art.  97   Cost.   (ex
plurimis, sentenze n. 228 e n. 124 del 2011, n. 224 del 2010, n.  104
e n. 103 del 2007). 
    Tale incompatibilita' e' stata ribadita anche in riferimento agli
incarichi conferiti a soggetti esterni all'amministrazione, ai  sensi
delle  disposizioni  di  cui  al  comma  5-ter  (dirigenti  di  altre
amministrazioni) e al comma 6 (dirigenti  non  gia'  in  possesso  di
qualifica dirigenziale assunti, con contratto a termine di durata non
superiore a tre anni per i dirigenti di prima fascia e di cinque anni
per  gli  altri  incarichi  di  funzione  dirigenziale,  nei   limiti
percentuali della pianta  organica  dell'amministrazione  datrice  di
lavoro, per svolgere funzioni dirigenziali) dell'art. 19  del  d.lgs.
n. 165 del 2001. In tal senso le sentenze n. 246 del 2011, n. 81  del
2010 e n. 161 del 2008. 
    In particolare, per quanto riguarda gli  incarichi  conferiti  ai
sensi dell'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, la  sentenza
n. 81 del 2010 ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale,  per
violazione degli artt. 97 e 98 Cost., dell'art.  2,  comma  161,  del
decreto-legge n. 262 del 2006, nella parte in cui disponeva che  tali
incarichi conferiti prima del  17  maggio  2006  cessassero  ove  non
confermati entro 60 giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
medesimo decreto. 
    Sempre in riferimento agli incarichi di cui al  citato  art.  19,
comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, con la sentenza n. 246 del 2011,
questa Corte ha poi censurato la disposizione dell'art. 19, comma  8,
dello stesso  d.lgs.  n.  165  del  2001,  nel  testo  vigente  prima
dell'entrata in vigore dell'art. 40 del decreto  legislativo  n.  150
del 2009, nella parte in cui prevedeva, a regime, che  gli  incarichi
di funzione dirigenziale, conferiti ai sensi dello  stesso  art.  19,
comma 6, cessassero decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia del
Governo. 
    Nella ricordata sentenza n. 81 del 2010, si e' ancora  una  volta
ribadito che la previsione di una anticipata cessazione ex  lege  del
rapporto in corso -  in  assenza  di  una  accertata  responsabilita'
dirigenziale  -  impedisce  che  l'attivita'  del   dirigente   possa
espletarsi  in  conformita'  al  modello  di  azione  della  pubblica
amministrazione, che misura l'osservanza del canone dell'efficacia  e
dell'efficienza  alla  luce  dei  risultati  che  il  dirigente  deve
perseguire, «nel rispetto degli indirizzi posti dal vertice politico,
avendo a disposizione un  periodo  di  tempo  adeguato,  modulato  in
ragione della peculiarita' della singola posizione dirigenziale e del
contesto complessivo in cui la stessa e' inserita». 
    Nella  medesima  sentenza  si  e'  sottolineata   l'esigenza   di
garantire «la presenza di  un  momento  procedimentale  di  confronto
dialettico  tra  le  parti,  nell'ambito  del  quale,  da  un   lato,
l'amministrazione  esterni  le  ragioni  -  connesse  alle  pregresse
modalita'  di  svolgimento  del  rapporto  anche  in  relazione  agli
obiettivi programmati dalla nuova  compagine  governativa  -  per  le
quali ritenga di non consentirne la prosecuzione sino  alla  scadenza
contrattualmente prevista; dall'altro, al dirigente sia assicurata la
possibilita' di far valere  il  diritto  di  difesa,  prospettando  i
risultati delle proprie prestazioni e delle competenze  organizzative
esercitate per il raggiungimento degli  obiettivi  posti  dall'organo
politico  e  individuati,  appunto,  nel  contratto   a   suo   tempo
stipulato». 
    5.- Le motivazioni ripetutamente  addotte  da  questa  Corte  nel
censurare le disposizioni  ricordate  sono  sovrapponibili.  Da  esse
risulta, riassuntivamente: che una  cessazione  automatica,  ex  lege
generalizzata, di incarichi dirigenziali, viola, in carenza di idonee
garanzie procedimentali, i principi costituzionali di buon  andamento
e imparzialita'  e,  in  particolare,  il  principio  di  continuita'
dell'azione amministrativa che e' strettamente correlato a quello  di
buon andamento; che la esistenza di una  preventiva  fase  valutativa
risulta essenziale anche per assicurare il rispetto dei principi  del
giusto procedimento, all'esito del quale dovra'  essere  adottato  un
atto motivato che ne consenta comunque un controllo giurisdizionale. 
    Tali statuizioni, come si e' visto, operano anche  nei  confronti
degli incarichi dirigenziali, conferiti ai sensi dell'art. 19,  comma
6, del d.lgs. n. 165 del 2001, per i quali si applicano le previsioni
normative  relative  alla  fissazione  di  obiettivi  per  l'incarico
stesso, alla verifica  dei  risultati  conseguiti,  al  regime  della
responsabilita' dirigenziale di cui all'art. 21 del  medesimo  d.lgs.
n. 165 del 2001. In ordine a  tale  tipologia  di  incarichi  occorre
peraltro rilevare che ogni intervento che preveda in  via  automatica
la  risoluzione  ante  tempus  dei  relativi  contratti  dirigenziali
comporta effetti caducatori sui connessi rapporti di lavoro  a  tempo
determinato, con  evidenti  e  ancor  piu'  intense  implicazioni  in
termini di tutela dell'affidamento dei dipendenti interessati. 
    6.- Ritiene questa Corte che i predetti principi possano  trovare
applicazione anche nel  caso  in  questione.  Difatti,  anche  se  la
disposizione in esame appare, ad un primo esame, volta  a  conseguire
una riduzione dell'organico, in realta', come si  deduce  dall'ultimo
periodo dell'art. 2, comma 20,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012
(secondo cui «fino al suddetto termine - del 1° novembre 2012  -  non
possono essere conferiti o rinnovati incarichi  di  cui  alla  citata
normativa»), tale riduzione non si verifica, attesa  la  possibilita'
di procedere comunque alla sostituzione del personale dirigenziale in
questione, sia pure a decorrere dalla indicata data del  1°  novembre
2012. 
    La vicenda e', dunque, assimilabile  in  termini  sostanziali  al
fenomeno dello  spoils  system  e,  pertanto,  incorre  nelle  stesse
censure. 
    L'Avvocatura   generale   dello   Stato   assume   tuttavia   che
l'intervento  normativo  scrutinato   troverebbe   comunque   ragioni
giustificatrici  in  termini  di  buon   andamento   della   pubblica
amministrazione e di riduzione della spesa pubblica. 
    Senonche'  tali  assunti  della  difesa  erariale  non  risultano
fondati, non rinvenendosi elementi di  oggettivo  riscontro  ed  anzi
emergendo, come si e' innanzi  rilevato,  nella  stessa  disposizione
censurata elementi testuali che risultano incoerenti con  le  cennate
finalita'  di  concreta   riduzione   della   spesa   per   incarichi
dirigenziali. 
    7.- Invero, la stessa evidenziata circostanza che la disposizione
in  esame  abbia  previsto  la  decadenza  non  solo   in   esito   a
riorganizzazione ma comunque in  via  automatica  alla  data  del  1°
novembre 2012, attesta l'assenza di nesso  causale  tra  la  prevista
decadenza  degli   incarichi   dirigenziali   in   questione   e   la
riorganizzazione stessa, e dunque con l'eventuale maggiore efficienza
dell'azione amministrativa che da essa possa derivare. 
    Sotto altro profilo, l'assenza di un  tale  rapporto  causale  e'
confermata  dalle  riportate  previsioni  dell'ultimo  periodo  della
disposizione censurata. Difatti, l'aver previsto che, successivamente
alla data del 1° novembre 2012, possano essere nuovamente conferiti o
rinnovati dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  incarichi
dirigenziali di cui al comma 6 dell'art. 19 del  d.lgs.  n.  165  del
2001 (oltre che di cui al comma 5-bis del medesimo art. 19),  implica
che  tali  incarichi  possano   essere   nuovamente   conferiti,   in
sostituzione di quelli decaduti, anche senza che si sia realizzata la
riorganizzazione amministrativa  con  la  riduzione  delle  posizioni
dirigenziali prevista e, conseguentemente, una riduzione della  spesa
pubblica. 
    Del  resto,  quanto  all'«immediato  risparmio»  che   la   norma
censurata comporterebbe, questa Corte rileva che l'assunto non  trova
conforto nemmeno nei lavori  parlamentari.  Difatti  nella  relazione
illustrativa concernente complessivamente l'art. 2 del d.l. n. 95 del
2012 non sono previsti  ne'  indicati  immediati  risparmi  di  spesa
derivanti dall'intervento.  Analogamente,  in  riferimento  specifico
all'attuale disposizione del comma 20 - risultante da un  emendamento
apportato al testo originario del decreto-legge, che non prevedeva la
decadenza automatica degli incarichi dirigenziali conferiti ai  sensi
dell'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 -  nella  relazione
tecnica al maxi-emendamento del Governo si assume che, trattandosi di
una disposizione  di  carattere  ordinamentale,  non  si  determinano
effetti finanziari. 
    In tale contesto il richiamo ai vincoli di carattere  finanziario
posti dall'art. 81 Cost. nel testo novellato dalla legge cost.  n.  1
del 2012, cosi' come quello effettuato nella  memoria  conclusionale,
all'art. 97 Cost.,  evidentemente  con  riferimento  al  primo  comma
novellato, si risolvono in mere asserzioni. 
    8.- Conclusivamente, ritiene questa Corte che la norma scrutinata
viola i principi posti dagli artt. 3, 97 e 98  Cost.,  prevedendo  un
meccanismo di  decadenza  automatica  da  incarico  dirigenziale  che
incide negativamente sul buon andamento dell'amministrazione  e  lede
al contempo, in modo irragionevole, la tutela dell'affidamento che  i
lavoratori interessati riponevano sulla naturale durata dell'incarico
dirigenziale e quindi del rapporto di lavoro a tempo  determinato  ad
esso connesso. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  20,
del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto  2012,  n.  135,  nella  parte  in  cui
prevede che all'esito del  processo  di  cui  al  primo  periodo  del
medesimo comma 20, e comunque non oltre il 1° novembre 2012,  cessano
tutti gli incarichi in corso a quella data, di prima e seconda fascia
conferiti ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165 (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 novembre 2016. 
 
                                F.to: 
                      Paolo GROSSI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2017. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA