N. 129 SENTENZA 6 aprile - 6 giugno 2016

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Bilancio e contabilita' pubblica - Riduzioni, da applicare a ciascun Comune, del fondo sperimentale di riequilibrio e del fondo perequativo a decorrere dall'anno 2013 - Modalita' di determinazione. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario) - convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 - art. 16, comma 6. -

      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  16,  comma
6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni  urgenti  per
la revisione della spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135,  promosso  dal  Tribunale
amministrativo regionale del Lazio nel procedimento vertente  tra  il
Comune di Lecce e il Ministero dell'interno ed altri,  con  ordinanza
del 2 dicembre 2014, iscritta al n. 195 del registro ordinanze  2015,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  40,  prima
serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visto l'atto di costituzione del Comune di Andria, fuori termine,
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  6  aprile  2016  il  Giudice
relatore Marta Cartabia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 2 dicembre 2014 e iscritta al  n.
195 del registro ordinanze  del  2015,  il  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio  dubita   della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 16, comma  6,  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7  agosto  2012,  n.
135, nella parte in cui, nel prevedere per l'anno 2013  la  riduzione
del fondo sperimentale di riequilibrio e del fondo perequativo per un
ammontare complessivo di  2.250  milioni  di  euro,  dispone  che  la
riduzione per ciascun Comune e' «determinat[a], con decreto di natura
non regolamentare del  Ministro  dell'interno,  in  proporzione  alla
media delle  spese  sostenute  per  consumi  intermedi  nel  triennio
2010-2012, desunte dal SIOPE». 
    Il  giudice  rimettente  ritiene  la  questione  di  legittimita'
costituzionale rilevante e non manifestamente infondata. 
    1.1.- La rilevanza della questione deriverebbe dal fatto  che  il
Tribunale amministrativo regionale del Lazio e' chiamato  a  decidere
in merito al ricorso con cui il Comune di Lecce contesta la riduzione
dei trasferimenti erariali  determinata  dal  decreto  del  Ministero
dell'interno   24   settembre   2013,   chiedendone   l'annullamento:
trattandosi di fonte secondaria  di  mera  applicazione  della  fonte
primaria, la  determinazione  circa  la  legittimita'  costituzionale
della   disposizione   censurata   si   porrebbe   in   termini    di
pregiudizialita' rispetto alla decisione nel merito. 
    1.2.-  La  questione  sarebbe  non  manifestamente  infondata  in
riferimento agli artt. 3, 97  e  119,  primo  e  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    In particolare, il giudice rimettente afferma  che  la  censurata
disposizione  comporterebbe  la  lesione  dell'autonomia  finanziaria
riconosciuta all'ente locale dall'art. 119 Cost. Cio' per due  ordini
di ragioni. In primo luogo,  perche'  la  disposizione  censurata,  a
differenza di quella previgente per i Comuni e quella vigente per  le
Province, non  stabilisce  un  termine  entro  il  quale  il  decreto
ministeriale che determina  la  riduzione  di  entrate  erariali  per
ciascun Comune deve essere emanato. Un intervento  di  riduzione  dei
trasferimenti, afferma  il  rimettente,  che  avvenisse  a  esercizio
finanziario   quasi   concluso   inciderebbe   sull'elaborazione    e
sull'approvazione del bilancio di  previsione,  strumento  attraverso
cui si  esplica  l'autonomia  finanziaria  di  ciascun  ente  locale,
necessariamente condizionato alla previa conoscenza delle entrate  su
cui e' possibile contare. In secondo luogo, perche'  la  disposizione
censurata  individua  il  parametro  per  la   determinazione   della
riduzione dei trasferimenti statali nelle spese sostenute,  da  parte
di ciascun ente locale, per i «consumi  intermedi»  del  triennio  in
esame, categoria nella quale rientrano, pero', secondo il rimettente,
sia   le   spese   stanziate   nell'interesse   di    ogni    singola
amministrazione,  sia  quelle  destinate  ad  assicurare  servizi  ai
cittadini (quali, come nel caso del Comune ricorrente,  i  costi  del
servizio   di   raccolta   dei    rifiuti).    A    sostegno    della
incostituzionalita'  della  disposizione  censurata,  il  TAR   Lazio
richiama l'art. 10, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2014,  n.  35
(Disposizioni urgenti per  il  pagamento  dei  debiti  scaduti  della
pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli  enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 6 giugno 2013, n. 64, il quale, intervenendo sul  comma  7  del
qui censurato art. 16, esclude, per le sole Province, dal computo dei
consumi intermedi le spese per la formazione  professionale,  per  il
trasporto pubblico locale, per la raccolta di rifiuti solidi urbani e
per i servizi socialmente utili finanziati dallo Stato. 
    In riferimento all'art. 119, terzo comma,  Cost.,  il  TAR  Lazio
osserva che la riduzione delle erogazioni statali in base alle  spese
sostenute dai singoli Comuni per i consumi intermedi sia  ispirata  a
una ratio diversa da quella che connota la previsione  costituzionale
del fondo perequativo, che  si  basa  sul  criterio  della  capacita'
fiscale per abitante. La riduzione del fondo perequativo non potrebbe
avvenire, secondo il rimettente, sulla base di un parametro (le spese
per i consumi intermedi) diverso da quello che  ispira  l'istituzione
del medesimo (la capacita' contributiva per abitante). 
    La disposizione censurata violerebbe altresi' gli artt.  3  e  97
Cost., nella parte in cui, a differenza di  quanto  previsto  per  le
riduzioni dei  trasferimenti  ai  Comuni  nell'anno  2012  e  per  le
riduzioni dei  trasferimenti  alle  Province  per  l'anno  2013,  non
subordina la determinazione unilateralmente assunta dallo  Stato  con
decreto  ministeriale  all'ipotesi  di   inerzia   della   Conferenza
Stato-Citta' e autonomie locali. 
    2.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto, nell'atto depositato in data 27 ottobre  2015,
che la questione di legittimita' costituzionale  sia  dichiarata  non
fondata. 
    2.1.- Ad avviso  della  difesa  statale,  la  scelta  legislativa
sarebbe del tutto legittima,  posto  che  la  disposizione  censurata
«rappresenta una tappa [del] percorso avviato dal legislatore statale
per realizzare il contenimento della spesa  pubblica»,  incidendo  su
una voce di spesa complessiva, quella relativa ai consumi  intermedi,
senza  peraltro  determinare  gli  strumenti  e  le   modalita'   per
l'attuazione dello stesso, nel rispetto degli artt. 117, terzo comma,
e 119, primo comma, Cost. Inoltre, la difesa statale precisa  che  la
mancata  indicazione  del  termine   per   l'adozione   del   decreto
ministeriale non regolamentare relativo all'anno 2013 «non  ha  avuto
alcuna incidenza sull'autonomia  finanziaria  e  di  spesa  dell'ente
locale», in quanto l'atto normativo e' stato emanato il 24  settembre
2013, un mese in anticipo rispetto all'anno  precedente,  in  cui  il
termine per l'adozione del  decreto  ministeriale  era  previsto  per
legge. 
    2.2.- Sarebbe, altresi',  infondata  la  questione  sollevata  in
riferimento all'art. 119, terzo comma,  Cost.,  per  avere  la  legge
statale individuato nella media delle spese sostenute per  i  consumi
intermedi nel triennio precedente il criterio per  la  determinazione
della riduzione  dei  trasferimenti  statali  a  ciascun  Comune.  Il
criterio individuato per la  riduzione,  secondo  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, «ha una valenza tecnica e neutra, disancorata
dall'eventuale valore politico del dato ed orientata al solo fine  di
ripartire il sacrificio tra tutti gli enti  coinvolti».  Inoltre,  la
difesa statale osserva che  le  riduzioni  in  base  alle  spese  sui
consumi intermedi per l'anno 2013 riguarderebbero non piu'  il  fondo
sperimentale  di  riequilibrio,  abrogato  dall'art.  1,  comma  380,
lettera e), della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita' 2013), bensi' il fondo di solidarieta' comunale, istituito
dall'art. 1, del medesimo comma 380, lettera d), il quale, avendo una
ratio autonoma,  puo'  dotarsi  di  un  criterio  diverso  da  quello
previsto dall'art. 119, terzo comma, Cost. 
    2.3.- Priva di fondamento sarebbe, poi, la censura  che  lamenta,
in riferimento agli  artt.  3  e  97  Cost.,  l'unilateralita'  della
suddivisione delle riduzioni disposte tramite  decreto  ministeriale,
senza il preliminare passaggio in Conferenza Stato-Citta' e autonomie
locali.  La  difesa  statale  ritiene,  infatti,  che,  al  fine   di
provvedere alla suddivisione delle riduzioni  del  sopprimendo  fondo
sperimentale di riequilibrio per il 2013,  la  norma  ha  adottato  i
criteri  gia'  determinati,  per  l'anno   2012,   dalla   Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali, criteri  poi  recepiti  nel  decreto
ministeriale 25 ottobre 2012. 
    3.- Con memoria  depositata  in  data  27  novembre  2015  (fuori
termine),  si  e'  costituito  il   Comune   di   Andria,   chiedendo
l'accoglimento della questione sollevata dal giudice rimettente. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del   Lazio,   con
ordinanza iscritta al n. 195 del registro ordinanze del 2015,  dubita
della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,  comma   6,   del
decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95  (Disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135. La norma  censurata,  nel
disporre, per l'anno 2013, la riduzione  del  fondo  sperimentale  di
riequilibrio, del fondo  perequativo  e  dei  trasferimenti  erariali
dovuti ai Comuni per un ammontare complessivo  di  2.250  milioni  di
euro, prevede  che  le  quote  da  imputare  a  ciascun  Comune  sono
«determinate, con decreto di natura non  regolamentare  del  Ministro
dell'interno, in proporzione alla media  delle  spese  sostenute  per
consumi intermedi nel triennio 2010-2012, desunte dal SIOPE». 
    1.1.- Il TAR Lazio lamenta la violazione degli artt. 3, 97 e 119,
primo e terzo comma, della Costituzione. 
    Secondo il  giudice  rimettente,  la  mancata  previsione  di  un
termine per l'adozione del decreto ministeriale volto  a  determinare
la  quota  di  riduzione  spettante  a   ciascun   Comune   lederebbe
l'autonomia finanziaria  e  il  buon  andamento  dell'amministrazione
dell'ente medesimo, incidendo  l'eventuale  tardivita'  nell'adozione
del decreto ministeriale sulla redazione del bilancio finanziario del
Comune. Inoltre, la disposizione impugnata comporterebbe una  lesione
del principio di leale collaborazione, in  quanto  non  subordina  la
determinazione  unilaterale  delle  quote,  da  parte  dello   Stato,
all'inerzia della Conferenza Stato-Citta' e autonomie locali -  come,
al contrario, era previsto per  le  riduzioni  dei  trasferimenti  ai
Comuni e alle Province per l'anno 2012 e per le riduzioni  alle  sole
Province per  l'anno  2013.  La  disposizione  censurata  violerebbe,
altresi', il primo comma dell'art. 119 Cost., dato che individua  nei
«consumi intermedi» il criterio per la determinazione della quota  di
riduzione delle risorse  da  trasferire,  senza  decurtare  da  detti
consumi le spese sostenute per i servizi  ai  cittadini.  Infine,  la
scelta del legislatore violerebbe il terzo comma  dello  stesso  art.
119 Cost., ricorrendo a un criterio (i consumi intermedi) diverso  da
quello  previsto  dalla  disposizione  costituzionale  per  il  fondo
perequativo (minore capacita' contributiva per abitante). 
    2.- Le questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  16,
comma 6, del d.l. n. 95 del 2012 sono fondate. 
    2.1.-  Occorre  preliminarmente  ricostruire  la   piu'   recente
evoluzione della disciplina  dei  trasferimenti  erariali  agli  enti
locali, nel cui ambito si inserisce la disposizione impugnata. 
    Il d.l. n. 95 del 2012 e, per quel che rileva in questo giudizio,
il suo art. 16, comma 6, hanno subito, in un breve  lasso  di  tempo,
diversi interventi legislativi, che hanno inciso  sia  sulla  entita'
dei  trasferimenti  erariali  ai  Comuni,  sia  sulle  modalita'   di
determinazione delle quote di riduzione spettanti a ciascun Comune. 
    L'articolo 16, comma 6, nella formulazione  modificata  dall'art.
8, comma 2, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.  174  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di   finanza   e   funzionamento   degli   enti
territoriali, nonche' ulteriori disposizioni  in  favore  delle  zone
terremotate  nel  maggio  2012),   convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213,  prevedeva
che le riduzioni del fondo sperimentale di  riequilibrio,  del  fondo
perequativo  e  dei  trasferimenti   erariali   ai   Comuni   fossero
determinate «dalla Conferenza Stato-Citta' e autonomie locali  [...],
e recepite  con  decreto  del  Ministero  dell'interno  entro  il  15
ottobre, relativamente alle riduzioni da operare nell'anno  2012,  ed
entro il 31 gennaio 2013 relativamente alle riduzioni da operare  per
gli anni 2013 e successivi». In caso di mancata  deliberazione  della
Conferenza Stato-Citta' ed autonomie locali, il decreto  ministeriale
avrebbe dovuto essere «comunque emanato entro i 15 giorni successivi,
ripartendo la riduzione  in  proporzione  alle  spese  sostenute  per
consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE». 
    La disposizione riproponeva un meccanismo  gia'  sperimentato  in
questo ambito, in  base  al  quale  lo  Stato  determina  l'ammontare
complessivo della riduzione per anno di riferimento e  per  tipologia
di ente, mentre la quota assegnata a ciascun ente e' stabilita  dalla
Conferenza Stato-Citta' e autonomie locali (nel  caso  dei  Comuni  e
delle Province) e recepita con  decreto  del  Ministero  dell'interno
entro una data certa. Solo in assenza di  un  accordo,  il  Ministero
puo' procedere unilateralmente alla quantificazione delle  riduzioni,
adottando un decreto ministeriale, sempre entro una data  certa,  «in
proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte  [...]
dal SIOPE». 
    La legge di stabilita' 2013 - legge  24  dicembre  2012,  n.  228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato) - ridisegna  il  sistema  di  finanziamento  degli  enti
locali. 
    Infatti,  nell'attribuire  ai  Comuni  l'intero  gettito  IMU  (a
esclusione di quello derivante dagli immobili produttivi, che  rimane
destinato allo Stato), alla lettera e) del suo  art.  1,  comma  380,
sopprime il fondo sperimentale di riequilibrio istituito dall'art.  2
del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia
di  federalismo  fiscale  municipale).  Tale  fondo  sperimentale   -
alimentato dal gettito derivante dai tributi  sugli  immobili  e  poi
ridistribuito tra i Comuni - avrebbe dovuto avere una durata  di  tre
anni  ed  essere  sostituito,  una  volta  determinati  i  fabbisogni
standard, dal Fondo perequativo per il finanziamento delle spese  dei
Comuni e delle Province (secondo quanto previsto dall'art.  13  dello
stesso d.lgs. n. 23 del 2011). 
    Le  difficolta'  e  i  ritardi  nell'attuazione  del  federalismo
fiscale hanno  invece  indotto  -  come  detto  -  il  legislatore  a
sopprimere il Fondo sperimentale di riequilibrio (art. 1, comma  380,
lettera e, della legge n. 228 del 2012), sostituendolo con  il  Fondo
di solidarieta'  comunale,  alimentato  con  una  quota  dell'IMU  di
spettanza dei Comuni (art. 1, comma 380, lettera b,  della  legge  n.
228 del 2012), i cui criteri di formazione e di riparto devono essere
determinati,  previo  accordo  da  sancire   presso   la   Conferenza
Stato-Citta' e autonomie  locali,  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri da emanare entro il 30 aprile 2013 per  l'anno
2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014, e comunque entro i
successivi 15 giorni in caso di mancato accordo. Il suddetto Fondo di
solidarieta' e' stato poi messo a regime dalla  legge  di  stabilita'
del 2014 (legge 27 dicembre  2013,  n.  147  -  Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato). 
    Con decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (Disposizioni urgenti  per
il pagamento dei debiti scaduti della pubblica  amministrazione,  per
il riequilibrio  finanziario  degli  enti  territoriali,  nonche'  in
materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  giugno  2013,  n.
64,  l'art.  16,  comma  6,  del  d.l.  n.  95  del  2012  e'   stato
ulteriormente modificato: e' stato abrogato il termine del 31 gennaio
2013 (nel frattempo inutilmente decorso), introdotto dal d.l. n.  174
del 2012 per la determinazione, in sede di Conferenza Stato-Citta'  e
autonomie locali, delle riduzioni del soppresso Fondo sperimentale di
riequilibrio da imputare a ciascun Comune; ed e' stato  previsto  che
tali riduzioni «a decorrere  dall'anno  2013  sono  determinate,  con
decreto di natura non regolamentare  del  Ministro  dell'interno,  in
proporzione alla media delle spese sostenute per  i  costi  intermedi
nel triennio 2010-2012, desunte dal SIOPE». 
    Per il solo anno  2013,  dunque,  convivono  due  fondi  con  due
diversi meccanismi di imputazione delle riduzioni: il primo  riguarda
il Fondo sperimentale  di  riequilibrio,  in  via  di  estinzione,  e
prevede che lo Stato, con una decisione unilaterale, distribuisca  le
risorse, ridotte in proporzione alle spese sostenute  per  i  consumi
intermedi;  il  secondo  riguarda  il  nuovo  Fondo  di  solidarieta'
comunale, il cui riparto e' affidato  primariamente  alla  Conferenza
Stato-Citta' e autonomie locali e, nel solo caso di mancato  accordo,
all'intervento unilaterale dello Stato con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri. 
    2.2.- La dinamica del contesto legislativo rivela,  dunque,  come
la  disposizione   censurata   operi   quale   deroga   all'ordinario
procedimento di riparto dei fondi erariali: una  deroga  circoscritta
al  solo  anno  2013  per  il  sopprimendo  Fondo   sperimentale   di
riequilibrio e funzionale all'avvio del nuovo regime basato sul Fondo
di solidarieta'  comunale,  gia'  contestualmente  istituito  con  la
medesima legge di stabilita' per il 2013 abrogativa del primo. 
    Tuttavia,  neppure  tali  caratteristiche  -   che   inducono   a
qualificare la deroga disposta dalla norma impugnata come transitoria
ed eccezionale - consentono di superare le censure di  illegittimita'
costituzionale  sollevate  dal   giudice   rimettente.   Il   mancato
coinvolgimento della Conferenza Stato-Citta' e autonomie locali nella
fase di determinazione delle riduzioni addossate  a  ciascun  Comune,
seppur limitatamente all'anno 2013, unitamente alla  mancanza  di  un
termine per l'adozione del decreto ministeriale e alla individuazione
dei costi intermedi come criterio base  per  la  quantificazione  dei
tagli finanziari, comporta, infatti, la violazione degli artt. 3,  97
e 119 Cost. 
    2.3.- L'impugnato art. 16, comma 6, del  d.l.  n.  95  del  2012,
indicando gli  obiettivi  di  contenimento  delle  spese  degli  enti
locali,  si  pone  come  principio  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, che vincola senz'altro anche i Comuni. Nessun  dubbio  che,
come gia' ripetutamente affermato da questa Corte (sentenze n.  65  e
n. 1 del 2016, n. 88 e n. 36 del 2014, n. 376 del 2003), le politiche
statali di riduzione delle spese  pubbliche  possano  incidere  anche
sull'autonomia finanziaria degli enti  territoriali;  tuttavia,  tale
incidenza deve, in linea di massima, essere  mitigata  attraverso  la
garanzia del loro coinvolgimento  nella  fase  di  distribuzione  del
sacrificio e nella decisione sulle relative dimensioni  quantitative,
e non puo' essere tale da rendere impossibile  lo  svolgimento  delle
funzioni degli enti in questione (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del
2015 e n. 241 del 2012). 
    Vero e' che i procedimenti di  collaborazione  tra  enti  debbono
sempre essere corredati da strumenti di chiusura che consentano  allo
Stato  di  addivenire  alla  determinazione   delle   riduzioni   dei
trasferimenti, anche eventualmente sulla base di  una  sua  decisione
unilaterale, al fine di assicurare che l'obiettivo  del  contenimento
della spesa pubblica sia  raggiunto  pur  nella  inerzia  degli  enti
territoriali (ex multis, sentenze n. 82  e  19  del  2015).  Ma  tale
condizione non puo' giustificare l'esclusione sin dall'inizio di ogni
forma di coinvolgimento degli enti  interessati,  tanto  piu'  se  il
criterio posto alla base del riparto dei sacrifici non e'  esente  da
elementi di dubbia razionalita', come e' quello delle spese sostenute
per i consumi intermedi. 
    In   effetti,   non   appare   destituita   di   fondamento    la
considerazione, sviluppata dal giudice rimettente, che nella  nozione
di «consumi  intermedi»  possono  rientrare  non  solo  le  spese  di
funzionamento dell'apparato amministrativo - cio'  che  permetterebbe
al    criterio    utilizzato    di    colpire     le     inefficienze
dell'amministrazione  e  di  innescare  virtuosi   comportamenti   di
risparmio -, ma, altresi', le spese  sostenute  per  l'erogazione  di
servizi ai cittadini. Si tratta, dunque, di un criterio che si presta
a  far  gravare  i  sacrifici  economici  in  misura  maggiore  sulle
amministrazioni che erogano piu' servizi, a  prescindere  dalla  loro
virtuosita' nell'impiego delle risorse finanziarie. 
    Dati questi elementi di  ambiguita',  si  deve  ritenere  che  il
ricorso al criterio delle spese sostenute  per  i  consumi  intermedi
come parametro per la quantificazione delle riduzioni  delle  risorse
da imputare a ciascun Comune possa trovare  giustificazione  solo  se
affiancato a procedure idonee a favorire la  collaborazione  con  gli
enti coinvolti e a correggerne eventuali  effetti  irragionevoli.  Il
criterio delle spese sostenute per i consumi intermedi non e'  dunque
illegittimo  in  se'  e  per  se';  la  sua   illegittimita'   deriva
dall'essere parametro utilizzato in via principale  anziche'  in  via
sussidiaria,  vale  a  dire  solo  dopo  infruttuosi   tentativi   di
coinvolgimento degli enti interessati attraverso procedure concertate
o in ambiti  che  consentano  la  realizzazione  di  altre  forme  di
cooperazione. 
    Ne' si deve sottovalutare il fatto che la disposizione  impugnata
non stabilisce alcun termine per l'adozione del decreto  ministeriale
che determina il riparto delle risorse e le relative decurtazioni. Un
intervento di riduzione dei trasferimenti che avvenisse a uno  stadio
avanzato  dell'esercizio  finanziario  comprometterebbe  un   aspetto
essenziale dell'autonomia finanziaria degli enti locali, vale a  dire
la possibilita' di elaborare correttamente il bilancio di previsione,
attivita' che  richiede  la  previa  e  tempestiva  conoscenza  delle
entrate effettivamente a disposizione. 
    Per tutte  queste  ragioni,  complessivamente  considerate,  deve
essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma
6, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni,  dall'art.
1, comma 1, della l. n. 135 del 2012. 
    2.4.- Restano assorbiti gli altri motivi di censura.