N. 169 SENTENZA 11 giugno 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Misure per lo sviluppo infrastrutturale - Attribuzione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, del compito di individuare, d'intesa con le Regioni e le Province autonome, le grandi dighe per le quali sia necessaria l'adozione di interventi urgenti. - Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici) - convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 - art. 43, comma 8. -

      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  43,  comma
8, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201  (Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, promosso dalla Provincia  autonoma  di  Trento
con ricorso notificato il 24 febbraio 2012, depositato in cancelleria
il 28 febbraio 2012 ed iscritto al n. 34 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione (fuori termine) del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  15  aprile  2014  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    uditi gli avvocati Giandomenico  Falcon  e  Luigi  Manzi  per  la
Provincia autonoma di Trento. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso, depositato il 28 febbraio 2012, la Giunta  della
Provincia autonoma di Trento, previa  deliberazione  del  27  gennaio
2012, n. 112, ratificata dal  Consiglio  provinciale  di  Trento  con
delibera  del  17  aprile  2012,  n.  8,  ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale di varie disposizioni del decreto-legge 6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214, ed in particolare dell'art. 43, comma  8,  in  riferimento  agli
artt. 8, numeri 13) e 24),  9,  numero  9),  e  16  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del
testo  unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo   statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), nonche' agli artt. 1, 5,  comma
1, 19 e 33-37 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in  materia
di urbanistica ed opere pubbliche), ed agli artt. 2 e 4  del  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra  atti
legislativi statali e  leggi  regionali  e  provinciali,  nonche'  la
potesta' statale di indirizzo e coordinamento). 
    2.- La ricorrente impugna il comma 8 del  citato  art.  43  nella
parte  in  cui  stabilisce  che  «Ai  fini  del  mantenimento   delle
condizioni di sicurezza, il  Ministero  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della  tutela
del territorio e del mare e d'intesa con le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano, individua, entro il 30 giugno  2013,
in ordine di priorita' e sulla base anche dei  progetti  di  gestione
degli invasi ai sensi dell'articolo 114  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, le grandi dighe  per
le quali, accertato il concreto rischio di ostruzione degli organi di
scarico, siano necessarie e urgenti l'adozione di interventi  nonche'
la rimozione dei sedimenti accumulatisi nei serbatoi». 
    Cosi'  disponendo  la  norma  -  ad  avviso  della  ricorrente  -
violerebbe l'art. 8, numeri 13) e 24), l'art. 9, numero 9)  e  l'art.
16 dello statuto  speciale,  nonche'  svariate  norme  di  attuazione
statutaria, in quanto attribuirebbe una  funzione  amministrativa  al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di  concerto  con  il
Ministero dell'ambiente, in materie di competenza provinciale,  quali
sono la materia delle «opere di prevenzione e di pronto soccorso  per
calamita' pubbliche» (art. 8, numero 13, dello statuto), quella delle
«opere idrauliche della terza, quarta e quinta  categoria»  (art.  8,
numero 24, dello statuto), nonche' quella della «utilizzazione  delle
acque pubbliche» (art. 9, numero 9,  dello  statuto),  materie  nelle
quali la legge non  puo'  attribuire  agli  organi  statali  funzioni
amministrative,   «comprese   quelle   di   vigilanza,   di   polizia
amministrativa  e  di  accertamento  di  violazioni   amministrative,
diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale  e
le relative norme di attuazione [...]» (art. 4 del d.lgs. n. 266  del
1992). 
    La Provincia sostiene che la  citata  disposizione,  pur  dettata
sulla base di un positivo  intervento  collaborativo,  determinerebbe
una interferenza degli organi statali in un complesso di  beni  e  di
funzioni di propria competenza, in  violazione  di  quanto  stabilito
dalle norme statutarie, nonche' dalle norme di attuazione statutaria,
le quali individuano ben differenti forme di intervento dello  Stato,
in particolare all'art. 14 dello statuto speciale ed agli artt. 5  ed
8  del  d.P.R.  n.  381  del  1974.  Secondo  tali  norme,   infatti,
«L'utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato  e  della
provincia, nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in  base
a un piano generale stabilito d'intesa  tra  i  rappresentanti  dello
Stato e della provincia in seno a un apposito  comitato»,  piano  che
oltre a valere «anche, per il rispettivo territorio, quale  piano  di
bacino di rilievo nazionale» (art. 5, comma  4,  d.P.R.  n.  381  del
1974), e'  pienamente  operante  essendo  stato  reso  esecutivo  con
decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio  2006  (Norme  di
attuazione del Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche)
e  per  la  cui  modifica  sono  richieste  le   medesime   modalita'
procedimentali utilizzate per l'adozione. 
    Pertanto, la Provincia autonoma di Trento, nell'atto introduttivo
e nella  memoria  depositata  nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,
chiede  che  venga  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  del
citato art. 43, comma 8, nella parte in cui  si  applica  anche  alla
medesima Provincia. 
    3.-  All'udienza  pubblica  la  ricorrente   ha   insistito   per
l'accoglimento delle conclusioni contenute nell'atto  introduttivo  e
nella memoria depositata nell'imminenza dell'udienza. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Provincia autonoma di Trento  ha  promosso,  tra  l'altro,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 43, comma  8,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui stabilisce che «Ai fini del
mantenimento  delle  condizioni  di  sicurezza,  il  Ministero  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  di  concerto  con  il   Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'intesa con
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,  individua,
entro il 30 giugno 2013, in ordine di priorita' e  sulla  base  anche
dei progetti di gestione degli invasi ai sensi dell'articolo 114  del
decreto  legislativo  3   aprile   2006,   n.   152,   e   successive
modificazioni, le grandi dighe per le quali,  accertato  il  concreto
rischio di ostruzione degli organi di  scarico,  siano  necessarie  e
urgenti l'adozione di interventi nonche' la rimozione  dei  sedimenti
accumulatisi nei serbatoi». 
    La richiamata disposizione  attribuirebbe  ad  organi  statali  e
precisamente al Ministero delle infrastrutture e  dei  trasporti,  di
concerto con il Ministero dell'ambiente, funzioni  amministrative  in
ambiti di competenza legislativa ed  amministrativa  provinciale,  in
violazione dello statuto e  delle  norme  di  attuazione  statutaria,
incidendo su una materia riconducibile a svariate sfere di competenza
provinciale fra le quali quella delle  «opere  di  prevenzione  e  di
pronto soccorso per calamita' pubbliche»  (art.  8,  numero  13,  del
decreto del Presidente della  Repubblica  31  agosto  1972,  n.  670,
recante l'«Approvazione del testo unico  delle  leggi  costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige»),  quella
delle «opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria» (art.
8, numero 24, dello statuto),  nonche'  quella  della  «utilizzazione
delle  acque  pubbliche»  (art.  9,  numero  9,  dello  statuto).  La
ricorrente rileva altresi' il contrasto con quelle norme statutarie e
di attuazione statutaria (art. 14 dello statuto e artt.  5  e  8  del
d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381,  recante  «Norme  di  attuazione  dello
statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
urbanistica ed opere pubbliche») che delineano  specifiche  forme  di
intervento  dello  Stato  relative  all'utilizzazione   delle   acque
pubbliche, che sono tuttavia ben differenti da quelle stabilite dalla
norma impugnata. 
    2.- Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  sulle  altre
questioni promosse dalla  ricorrente,  si  deve  valutare,  in  linea
preliminare, la tempestivita' del ricorso in esame. 
    Quest'ultimo, infatti, e' stato promosso dalla Provincia autonoma
di Trento sulla base di una delibera adottata in via d'urgenza  dalla
Giunta, ai sensi dell'art. 44, numero 5), dello statuto speciale.  In
tali casi, gli  atti  di  ratifica  dei  rispettivi  Consigli  devono
intervenire ed essere prodotti in giudizio non oltre  il  termine  di
costituzione della parte ricorrente (sentenza n. 142 del 2012). 
    Tuttavia, nel caso di  specie  non  rileva  la  tempestivita'  di
siffatta  ratifica  e  del  relativo  deposito,   in   quanto,   come
ripetutamente affermato da questa Corte, per i ricorsi promossi prima
della citata sentenza sussistono gli  estremi  dell'errore  scusabile
gia' riconosciuto in ipotesi del tutto analoghe, in ragione del fatto
che tale profilo di inammissibilita' a lungo non e'  stato  rilevato,
si'  da  ingenerare  affidamento  nelle  parti  in   ordine   a   una
interpretazione loro favorevole (da ultimo, sentenze n. 138,  n.  99,
n. 89, n. 72 e n. 61 del 2014). 
    Il ricorso e' percio', sotto tale profilo, ammissibile. 
    3.- Nel merito il ricorso e' fondato. 
    3.1.- Fin  da  epoca  risalente,  questa  Corte  ha  riconosciuto
l'esistenza di una competenza provinciale in materia di utilizzazione
delle acque, desunta da una serie di norme  dello  statuto  speciale,
fra le quali l'art. 9, numero 9), che assegna alle Province  autonome
una competenza  legislativa  concorrente  e  le  connesse  competenze
amministrative proprio  in  materia  di  «utilizzazione  delle  acque
pubbliche», nonche' da svariate norme  di  attuazione  dello  statuto
(d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, recante «Norme di  attuazione  dello
statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto   Adige   in   materia   di
trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei  beni
demaniali e patrimoniali dello Stato e  della  Regione»),  che  hanno
trasferito alle suddette Province non soltanto gli  acquedotti  (art.
4), ma tutto il  demanio  idrico,  conferendo  loro  le  attribuzioni
inerenti  alla  polizia  idraulica  e   alla   difesa   delle   acque
dall'inquinamento (sentenza n. 412 del 1994). Su tali presupposti  e'
stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale di una norma statale
che prevedeva l'intervento di organismi  statali  (il  CIPE),  al  di
fuori del piano generale di utilizzazione delle acque  pubbliche,  al
quale, ai sensi dell'art. 14 dello statuto e dell'art. 8  del  d.P.R.
n. 381 del 1974, e' affidato,  a  titolo  esclusivo,  il  compito  di
soddisfare le esigenze di  coordinamento  fra  competenze  statali  e
provinciali «per una sistematica regolazione dei  corsi  d'acqua  con
particolare riguardo alle esigenze di difesa del suolo» (comma 1). 
    Con una successiva pronuncia (sentenza n. 109 del  2011),  questa
Corte ha, poi, affermato che la disciplina delle  attivita'  relative
alla difesa del suolo, anche con riguardo  alla  salvaguardia  per  i
rischi  derivanti  da   dissesto   idrogeologico,   appartiene   alla
competenza primaria delle  Province  autonome  in  virtu',  in  primo
luogo, dell'art. 8, primo comma, numero 13), dello statuto  speciale,
che demanda alle predette  Province  la  potesta'  di  emanare  norme
legislative, entro i limiti indicati dall'art.  4,  in  materia,  tra
l'altro, di opere di prevenzione e di pronto soccorso  per  calamita'
pubbliche. A  tale  materia,  infatti,  «e'  riconducibile  anche  il
rischio idrogeologico,  ancorche'  esso  non  formi  oggetto  di  una
previsione specifica, considerata  anche  la  competenza  legislativa
attribuita alla provincia in materia  di  utilizzazione  delle  acque
pubbliche [...] ai sensi  dell'art.  9,  primo  comma,  n.  9,  dello
statuto di autonomia». A cio' si e' aggiunta  la  considerazione  che
l'art. 1 del d.P.R. n. 381  del  1974  dispone  che  le  attribuzioni
dell'amministrazione  dello  Stato  in  materia  (tra   l'altro)   di
urbanistica,  di  utilizzazione  delle  acque  pubbliche,  di   opere
idrauliche, di opere di prevenzione e pronto soccorso  per  calamita'
pubbliche, di lavori pubblici d'interesse provinciale, esercitate sia
direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato, sia  per
il tramite di enti e di istituti pubblici  a  carattere  nazionale  o
sovra provinciali, sono esercitate per il rispettivo territorio dalle
Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi e  nei  limiti  di
cui agli  artt.  8,  9  e  16  dello  statuto  di  autonomia,  e  con
l'osservanza delle norme di cui allo stesso d.P.R. n. 381  del  1974.
Sulla base delle richiamate indicazioni  contenute  nello  statuto  e
nelle relative norme di attuazione, si e', inoltre, precisato che  il
coordinamento e  l'integrazione  delle  attivita'  di  pianificazione
dell'uso delle acque da parte dello Stato e delle Province  autonome,
in  vista  della  difesa  del  suolo,  deve  avvenire  attraverso  lo
strumento costituito dal piano  generale  per  l'utilizzazione  delle
acque pubbliche (che peraltro sostituisce anche il piano di  bacino),
previsto dall'art. 14, terzo comma, dello statuto  speciale.  E  cio'
secondo le specifiche modalita' prescritte dagli artt.  5  ed  8  del
medesimo d.P.R. n. 381 del 1974, i quali impongono  che  il  predetto
piano sia predisposto per ciascuna Provincia in seno ad  un  apposito
comitato,  d'intesa  fra  tre  rappresentanti  dello  Stato   e   tre
rappresentanti della Provincia interessata, designati rispettivamente
dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla Giunta provinciale,
entro sei mesi dall'entrata in vigore del predetto  decreto,  e  che,
una  volta  deliberato  d'intesa  tra  i  rappresentanti  statali   e
provinciali, «e' reso esecutivo  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica su proposta, conforme all'intesa raggiunta,  del  Ministro
per i lavori pubblici e del presidente della provincia interessata». 
    Occorre ricordare  che,  proprio  in  attuazione  delle  suddetto
regime speciale delineato, nelle materie indicate, dalle citate norme
statutarie e di attuazione dello  statuto,  e'  stato  adottato,  con
d.P.R. 15 febbraio 2006,  all'esito  del  previsto  procedimento,  il
«Piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche»  (PGUAP)  per
la  Provincia  di  Trento,  il  quale  «e'  diretto   a   programmare
l'utilizzazione delle acque per i diversi usi  e  contiene  le  linee
fondamentali per una sistematica regolazione dei corsi  d'acqua,  con
particolare riguardo alle esigenze di difesa  del  suolo,  e  per  la
tutela delle risorse idriche» (art.  1,  comma  2),  nonche'  per  la
tutela dal rischio idrogeologico e  la  prevenzione  per  le  aree  a
rischio. 
    3.2.- Alla luce di  tali  premesse,  si  deve  ora  esaminare  la
disciplina contenuta nell'impugnato art. 43, comma 8, del d.l. n. 201
del 2011. 
    Quest'ultimo, nel quadro di una serie di misure volte a  favorire
lo  sviluppo  infrastrutturale,  attribuisce  agli   organi   statali
competenti - il Ministero delle infrastrutture e  dei  trasporti,  di
concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare - il compito di individuare, d'intesa con le Regioni e  le
Province autonome, «le  grandi  dighe  per  le  quali,  accertato  il
concreto  rischio  di  ostruzione  degli  organi  di  scarico,  siano
necessarie e urgenti l'adozione di interventi  nonche'  la  rimozione
dei sedimenti  accumulatisi  nei  serbatoi»,  all'evidente  scopo  di
garantire la difesa del suolo  ed  in  particolare  di  agevolare  la
realizzazione di interventi atti a prevenire il rischio  di  dissesto
idrogeologico derivante dall'eventuale  ostruzione  degli  organi  di
scarico delle suddette grandi dighe. 
    Tale disciplina, pertanto, quanto  alle  Province  autonome,  non
puo' che essere ricondotta, principalmente, alla competenza  primaria
che l'art. 8, primo comma, numero 13),  dello  statuto  assegna  alle
stesse Province in tema di opere di prevenzione e di pronto  soccorso
per calamita' pubbliche, oltre che  alla  competenza  provinciale  in
materia di utilizzazione delle acque pubbliche, ai sensi dell'art. 9,
primo comma, numero 9), dello  stesso  statuto,  ambiti  rispetto  ai
quali  e'  precluso  al  legislatore  attribuire  ad  organi  statali
funzioni amministrative (art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992). 
    Ne' l'interferenza  degli  organi  statali  in  un  complesso  di
funzioni  di  competenza  della  Provincia,  delineata  dalla   norma
impugnata,  puo'  trovare  fondamento  nell'ineludibile  esigenza  di
coordinamento e collaborazione fra Stato e Province autonome  a  fini
di tutela dai rischi idrogeologici, sottesa alla medesima norma.  Una
simile esigenza e', infatti,  alla  base  della  puntuale  disciplina
dettata dallo statuto all'art. 14 ed agli artt. 5 ed 8 del d.P.R.  n.
381 del 1974 con riguardo  al  procedimento  di  adozione  del  piano
generale di utilizzazione delle acque pubbliche, procedimento che  si
snoda secondo modalita' di collaborazione fra  Provincia  autonoma  e
Stato  specifiche  e  paritarie  (mediante  il  cosiddetto   comitato
paritetico), ben differenti dalle forme di  collaborazione  delineate
dalla norma impugnata, proprio  in  vista  dell'obiettivo  comune  di
«programmare  l'utilizzazione  delle  acque  per  i  diversi  usi   e
contenere le linee fondamentali per una sistematica  regolazione  dei
corsi d'acqua con particolare riguardo alle esigenze  di  difesa  del
suolo, nel reciproco rispetto delle competenze dello  Stato  e  della
provincia interessata» (art. 8 del d.P.R. n. 381 del 1974). 
    3.3.-  Deve,   pertanto,   essere   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 43, comma 8, del d.l. n. 201 del 2011, nella
parte in cui si applica alla Provincia di Trento. 
    4.- Gli effetti della pronuncia, fondandosi su motivi  comuni  ad
entrambe le  Province  autonome,  devono  essere  estesi  anche  alla
Provincia autonoma di Bolzano.