N. 231 SENTENZA 3 - 23 luglio 2013

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo costituzionale - Interventi in giudizio spiegati da Cgil - Confederazione Generale Italiana del Lavoro; Filcams/Cgil - Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Alberghi, Mense e Servizi; Filcams/Cgil - Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Alberghi, Mense e Servizi di Milano e Provincia; Federazione Nazionale della Stampa Italiana - FNSI; Unione Industriale della Provincia di Torino - Soggetti che non sono stati parti nei giudizi a quibus e che non sono titolari di un interesse qualificato immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio - Inammissibilita' degli interventi. - Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, primo comma, lettera b). - Lavoro - Liberta' sindacale e attivita' sindacale - Costituzione delle rappresentanze aziendali - Previsione che possano farne parte le sole "associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva" e non anche quelle che abbiano comunque partecipato alla relativa negoziazione, pur non avendoli poi, per propria scelta, sottoscritti - Irragionevolezza intrinseca - Disparita' di trattamento tra sindacati - Violazione dei valori del pluralismo e della liberta' di azione della organizzazione sindacale - Necessita' di introdurre la previsione secondo cui "la rappresentanza sindacale aziendale puo' essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda" - Illegittimita' costituzionale in parte qua. - Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, primo comma, lettera b). - Costituzione, artt. 2, 3 e 39.

      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  19,
primo comma, lettera b), della legge 20 maggio 1970,  n.  300  (Norme
sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento),  promossi  dal  Tribunale  ordinario  di  Modena   con
ordinanza del 4 giugno 2012, dal Tribunale ordinario di Vercelli  con
ordinanza del 25 settembre 2012 e dal Tribunale ordinario  di  Torino
con ordinanza del 12 dicembre 2012, rispettivamente iscritte  ai  nn.
202 e 287 del registro  ordinanze  2012  e  al  n.  46  del  registro
ordinanze 2013, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica
nn. 40 e 51, prima serie speciale, dell'anno  2012  e  n.  11,  prima
serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visti gli atti di costituzione della FIOM - Federazione Impiegati
Operai  Metalmeccanici  -  Federazioni  Provinciali  di  Modena,   di
Vercelli e Valsesia e  di  Torino,  della  Case  New  Holland  Italia
s.p.a., della Maserati s.p.a., della Ferrari s.p.a., della Fiat Group
Automobiles s.p.a., e della Abarth & C. s.p.a. ed altri, nonche'  gli
atti di intervento della CGIL - Confederazione Generale Italiana  del
Lavoro,  Filcams-CGIL  Federazione  Italiana  Lavoratori   Commercio,
Alberghi, Mense e Servizi e Filcams-CGIL di Milano e Provincia, della
FNSI - Federazione nazionale  della  stampa  italiana,  della  Unione
Industriale della Provincia di Torino e del Presidente del  Consiglio
dei ministri (fuori termine nel giudizio iscritto al r.o. n. 287  del
2012); 
    udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2013 il Giudice relatore
Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Franco Scarpelli e Amos Andreoni per  la  CGIL
-Confederazione Generale Italiana del Lavoro, per la  Filcams-Cgil  -
Federazione Italiana Lavoratori Commercio, Alberghi, Mense e Servizi,
e per Filcams-CGIL di Milano e Provincia, Bruno Del  Vecchio  per  la
FNSI - Federazione nazionale della stampa italiana,  Paolo  Tosi  per
l'Unione Industriale della Provincia di Torino,  Vittorio  Angiolini,
Piergiovanni Alleva e Franco  Focareta  per  la  FIOM  -  Federazione
Impiegati Operai Metalmeccanici - Federazioni Provinciali di  Modena,
di Vercelli e Valsesia e di Torino, Roberto Nania, Raffaele  De  Luca
Tamajo e Diego Dirutigliano  per  Case  New  Holland  Italia  s.p.a.,
Maserati s.p.a. e Ferrari s.p.a., per Fiat Group Automobiles s.p.a. e
per Abarth & C. Italia s.p.a.  ed  altri  e  l'avvocato  dello  Stato
Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di piu' giudizi civili riuniti, promossi  ai  sensi
art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela  della
liberta' e  dignita'  dei  lavoratori,  della  liberta'  sindacale  e
dell'attivita'  sindacale  nei  luoghi  di   lavoro   e   norme   sul
collocamento), di seguito anche Statuto dei lavoratori, nei confronti
di societa' del Gruppo FIAT (Case New Holland Italia s.p.a., Maserati
s.p.a.  e  Ferrari  s.p.a.),  su  ricorso  della  FIOM   (Federazione
impiegati operai metalmeccanici) della Provincia  di  Modena  -  alla
quale le resistenti avevano disconosciuto  il  diritto  a  costituire
rappresentanze sindacali aziendali (e, conseguentemente, ad avvalersi
delle prerogative di cui al Titolo  III  del  predetto  Statuto),  in
ragione  della  mancata  sottoscrizione  del  contratto   collettivo,
applicato nelle  rispettive  unita'  produttive,  da  parte  di  essa
ricorrente, che pure aveva attivamente partecipato  alla  correlativa
negoziazione - l'adito  Tribunale  ordinario  di  Modena,  dopo  aver
rilevato in premessa  che  i  diritti  in  contestazione  risultavano
effettivamente riservati alle sole  organizzazioni  "firmatarie"  dei
contratti in questione, per testuale dettato dell'articolo 19,  primo
comma, lettera b), dello Statuto dei lavoratori,  a  suo  avviso  non
suscettibile di interpretazione adeguatrice in  senso  estensivo,  ha
ritenuto, per cio', rilevante e, in riferimento agli artt. 2, 3 e  39
Cost., non manifestamente infondata,  ed  ha  quindi  sollevato,  con
l'ordinanza  in  epigrafe  (r.o.  n.  202  del  2012),  questione  di
legittimita' costituzionale del predetto articolo 19. 
    Secondo il rimettente, il criterio selettivo ivi dettato -  nella
parte, appunto, in  cui  legittima  l'esclusione  dal  godimento  dei
diritti   in   azienda   di   un   sindacato,   pur    effettivamente
rappresentativo, per il solo fatto  che  non  abbia  sottoscritto  il
contratto applicato  in  quella  unita'  produttiva  -  si  porrebbe,
infatti, in contrasto con gli evocati parametri costituzionali: 
    - per  l'irragionevolezza  «nell'attuale  condizione  di  rottura
dell'unita' sindacale» di una soluzione imperniata «sul dato  formale
della sottoscrizione del contratto applicato e sganciato da qualsiasi
raccordo con la misura del consenso dei rappresentati»; 
    - per la negativa  incidenza  sulla  decisione  dell'associazione
sindacale in ordine alla sottoscrizione del contratto collettivo, che
ne risulta «condizionata non solo dalla  finalita'  di  tutela  degli
interessi dei lavoratori,  secondo  la  funzione  regolativa  propria
della contrattazione collettiva, bensi' anche  dalla  prospettiva  di
ottenere (firmando) o perdere (non firmando)  i  diritti  del  Titolo
III»; 
    -  per  la  irragionevole  difformita'  di  trattamento,  che  ne
consegue, «tra associazioni sindacali dotate tutte di pari  capacita'
rappresentativa,  e  tutte  partecipanti  nella  stessa  misura  alle
trattative  volte  alla  stipula  del  contratto  collettivo,  e  che
tuttavia non godono all'interno dell'azienda delle stesse prerogative
a tutela degli interessi dei lavoratori da esse rappresentati solo in
ragione  del  dissenso  espresso  avverso  la  stipula  di  contratti
aziendali». 
    1.1.- Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituita  la
FIOM-Federazione provinciale di Modena, sostenendo l'ammissibilita' e
la fondatezza nel merito della proposta questione, facendo proprie le
argomentazioni addotte dal rimettente ed affermando, in  particolare,
che per rappresentare  efficacemente  i  lavoratori,  e  proprio  per
volerne essere rappresentativo, il sindacato non deve  solo  firmare,
ma  talora  astenersi  dal  sottoscrivere  il  contratto  collettivo.
Storicamente - aggiunge la FIOM - «ormai la contrattazione collettiva
ha perso il carattere acquisitivo che ha avuto per molto tempo. Oggi,
non solo negli accordi gestionali delle situazioni di crisi, ma anche
nei rinnovi nazionali la stessa contrattazione collettiva ha  sovente
un prevalente  contenuto  ablativo,  e  la  forza  del  sindacato  si
manifesta non tanto nella capacita' di  acquisire  nuovi  diritti  ad
ogni tornata contrattuale, come e' avvenuto per tanto  tempo,  quanto
nella capacita' di resistere alle sempre  piu'  pressanti  ed  estese
richieste di flessibilita' avanzate dalle imprese». 
    1.2.- Si sono costituite anche Case New  Holland  Italia  s.p.a.,
Maserati  s.p.a.  e   Ferrari   s.p.a.,   eccependo   preliminarmente
l'inammissibilita' della proposta questione,  sia  sotto  il  profilo
della riproposizione di questione identica a quella  gia'  decisa  da
questa Corte con la sentenza n. 244 del 1996, sia riguardo al profilo
della   «perplessita'»   e   «indecifrabilita'»   della   motivazione
dell'ordinanza di rimessione; ed aggiungendo che, ove  si  tratti  di
richiesta demolitoria,  la  questione  in  oggetto  sarebbe  comunque
inammissibile per difetto di rilevanza; e che «qualora poi il petitum
sia di carattere additivo, l'ordinanza omette di indicare in  maniera
sufficientemente circostanziata il  verso  della  pretesa  addizione,
ossia il contenuto normativo che sarebbe necessario  aggiungere  alla
disposizione indubbiata». 
    Nel merito, le societa' costituite ne deducono, «in via del tutto
subordinata», l'infondatezza, sia in relazione al  prospettato  vizio
di ragionevolezza, sia  in  relazione  al  cosidetto  cambiamento  di
scenario sindacale,  in  quanto  «il  dato  costituzionale  e  quello
giurisprudenziale   convergono   nel   senso   che    la    capacita'
rappresentativa  del  sindacato  ai   fini   dell'attivazione   della
normativa di sostegno non e' un fattore esclusivamente  aprioristico,
bensi' una qualita' che trova la  sua  compiuta  realizzazione  nella
vicenda contrattuale. Cio' vuol dire che ai fini dell'utilizzo  delle
misure  di  sostegno  in  azienda  non  e'   sufficiente   l'astratta
testimonianza degli  interessi  dei  lavoratori  iscritti,  ma  anche
l'assunzione di una concreta responsabilita' contrattuale». 
    1.3.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, con il patrocinio  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
eccependo   preliminarmente   la   irrilevanza,   e,    quindi,    la
inammissibilita' della questione, atteso che l'eventuale declaratoria
di illegittimita'  dell'art.  19,  primo  comma,  lettera  b),  dello
Statuto dei lavoratori determinerebbe  il  venir  meno  del  criterio
della sottoscrizione  dei  contratti  quale  criterio  selettivo  per
l'accesso ai diritti di cui  al  Titolo  III  dello  Statuto  ma,  in
assenza  di  un  diverso  criterio  selettivo,  non  darebbe   titolo
all'associazione sindacale ricorrente di godere di quei diritti. 
    Nel  merito,  l'Autorita'  intervenuta   ritiene   infondata   la
questione. 
    Sostiene  che  «la  previsione  di   particolari   requisiti   di
rappresentativita' ai fini del riconoscimento dei  diritti  sindacali
di cui al Titolo III dello Statuto dei  lavoratori,  contenuta  nelle
lettere a) e b) del primo comma dell'art. 19, nella sua  formulazione
originaria, trovava la propria ratio nell'esigenza di  selezionare  -
attraverso puntuali indici normativi - un sindacato che, per il fatto
di essere piu' rappresentativo di un altro, risultava  meritevole  di
una  speciale  tutela  e,  conseguentemente,  risultava  maggiormente
titolato a vedersi riconoscere le prerogative di cui allo Statuto dei
lavoratori.  Come  gia'  evidenziato  dalla  sentenza   della   Corte
costituzionale n. 492 del 4  dicembre  1995,  tale  esigenza  permane
anche dopo il referendum abrogativo e la finalita' della norma  nella
sua  nuova  formulazione  rimane  quella  di  garantire  la  suddetta
selezione  da  operarsi  sulla  base   dell'unico   parametro   della
sottoscrizione  di   contratti   collettivi   di   lavoro   applicati
nell'unita'  produttiva.  Tale  parametro  consente  di   valorizzare
l'effettivita' dell'azione sindacale, desumibile dalla partecipazione
alla  formazione  della  disciplina  contrattuale  collettiva   quale
indicatore di maggiore rappresentativita'  direttamente  conseguibile
da ogni organizzazione sindacale in base ai propri atti  concreti  ed
oggettivamente verificabili.». 
    1.4.-  Hanno  depositato  memoria  ad  adiuvandum  la  CGIL,   la
Filcams-Cgil e le Filcams-Cgil di Milano e Provincia, argomentando la
legittimita' del proprio intervento e sostenendo  la  fondatezza  dei
proposti rilievi di costituzionalita'. 
    1.5.- Con successiva memoria, la Case New Holland Italia  s.p.a.,
la   Maserati   s.p.a.   e   la   Ferrari   s.p.a.   hanno   eccepito
l'inammissibilita' degli interventi ad adiuvandum di CGIL e  Filcams,
e  ribadito,  altresi',  le  eccezioni  di   inammissibilita'   della
questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal  Tribunale
ordinario  di  Modena;  ulteriormente,  infine,   argomentandone   la
ritenuta infondatezza in relazione a ciascuno dei parametri evocati. 
    1.6.-  Anche  la  FIOM   di   Modena   ha   depositato   memoria,
congiuntamente, per altro, alla FIOM  di  Vercelli  ed  a  quella  di
Torino e relativa, quindi, anche ai giudizi di  cui  alle  successive
ordinanze dei Tribunale di Vercelli e di Torino. 
    In detto atto, le tre costituite  Federazioni  sottolineano,  tra
l'altro, come l'assetto  imposto  per  la  contrattazione  collettiva
dall'art. 8 del decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148
- nel dare sostegno ad una contrattazione  "separata",  per  ciascuna
singola azienda - aggravi i vizi  di  incostituzionalita'  denunciati
dai rimettenti. 
    1.7.- Ulteriore memoria e'  stata  depositata  dalla  CGIL  e  da
Filcams nazionale e Filcams di Milano e provincia,  per  ribadire  il
rispettivo interesse al proprio intervento  ad  adiuvandum  anche  in
ragione dei  numerosi  segnalati  casi  di  organizzazioni,  ad  esse
aderenti, che, pur essendo maggioritarie in  azienda  per  numero  di
aderenti, vengono escluse dalla titolarita' dei diritti sindacali sol
perche' non firmatarie dei contratti ivi applicati. 
    Con riguardo al  recentissimo  Accordo  interconfederale  del  31
maggio 2013 - che ha posto  alla  base,  sia  della  titolarita'  dei
diritti sindacali, sia  dell'obbligo  a  trattare,  la  regola  della
democrazia bilanciando il criterio associativo con  quello  elettivo,
esattamente al pari di quanto gia' realizzato da  tempo  nel  settore
pubblico  (artt.  42  e  43  del  d.lgs.  n.  165  del  2001)  -  gli
intervenienti hanno poi sottolineato come esso sia «tuttavia limitato
al    solo    ordinamento    intersindacale    facente     capo     a
CGIL-CISL-UIL-Confindustria,   con   (momentanea?)   esclusione   del
terziario e degli  altri  settori  (bancari,  assicurativi,  ecc.)  e
soprattutto con la conferma della inefficacia  di  tale  Accordo  nei
confronti delle imprese dissenzienti non associate alla Confindustria
come la FIAT». 
    2.- Ha dubitato della legittimita' costituzionale  dell'art.  19,
primo comma, lettera b),  della  legge  n.  300  del  1970  anche  il
Tribunale ordinario di Vercelli (ordinanza r.o.  n.  287  del  2012),
ravvisando il vulnus, ad opera della norma censurata, agli artt. 2, 3
e 39 Cost., con motivazioni sostanzialmente  analoghe  e,  in  parte,
testualmente  riproduttive  di  quelle  svolte  nella  ordinanza  del
Tribunale ordinario di Modena, cui ha fatto adesivamente rinvio. 
    2.1.- Si e'  costituita  nel  relativo  giudizio  la  Fiat  Group
Automobiles s.p.a. svolgendo le medesime argomentazioni di  cui  agli
atti di costituzione delle societa' convenute nel giudizio dinanzi al
Tribunale    ordinario    di    Modena,    sia    con     riferimento
all'inammissibilita'  sia  con  riferimento  all'infondatezza   della
questione in esame. 
    2.2.- Si e' costituita anche la FIOM - Federazione provinciale di
Vercelli e Valsesia, anch'essa facendo  proprie  le  motivazioni  del
rimettente, in particolare mettendo in rilievo che  il  riservare  il
diritto  alla  rappresentanza  aziendale  dei  lavoratori   ai   soli
sindacati firmatari di contratti  collettivi  applicabili  all'unita'
produttiva «puo' divenire un premio o  un  privilegio  distribuito  o
negato a misura del solo interesse e degli scopi datoriali, e  dunque
privo di  ogni  ragionevole  giustificazione  di  tutela  collettiva,
piuttosto  che  essere,  come  dovrebbe  anche  secondo  lo   spirito
originario e la lettura sistematica dell'art. 19 entro la trama della
l. n. 300 del 1970  data  dalla  giurisprudenza  costituzionale,  una
funzione   rappresentativa,   la   quale    giovi    ai    lavoratori
rappresentati». 
    2.3.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, svolgendo le medesime argomentazioni  di  cui  all'atto  di
intervento nel giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Modena. 
    2.4.- Ha depositato «atto di  intervento  e  deduzioni»  la  FNSI
(Federazione  nazionale  della  stampa  italiana),  che,  dopo   aver
premesso di essere l'unico organismo  nazionale  rappresentativo  dei
giornalisti  in  Italia,  con  conseguente   legittimita'   del   suo
intervento ad adiuvandum, ha  fatto  proprie  le  considerazioni  del
giudice rimettente. 
    2.5.- Con memoria  depositata  il  10  giugno  2013,  FIAT  Group
s.p.a., premessa la inammissibilita'  dell'intervento  ad  adiuvandum
della FNSI, ha ulteriormente e diffusamente argomentato, in subordine
alla  eccepita  inammissibilita'  delle   questioni   sollevate   dal
Tribunale ordinario di Vercelli, la non fondatezza delle stesse. 
    Nella prospettiva della norma di riferimento - ha,  tra  l'altro,
sostenuto - «non e'  sufficiente  il  consenso  come  tale  (peraltro
scollegato dallo specifico processo  negoziale,  perche'  dedotto  da
indici storici e presuntivi); e' anche indispensabile,  beninteso  al
fine dell'accesso alle misure di  sostegno,  che  il  consenso  venga
bensi' utilizzato per sollecitare le soluzioni contrattuali  le  piu'
favorevoli possibili agli interessi dei quali  si  e'  portatori,  ma
senza sottrarsi alla dialettica con le altre  parti  ed  al  naturale
esito compositivo cui e' destinata a mettere capo. Allo  stesso  modo
non puo' essere sufficiente la mera  partecipazione  alle  trattative
che  non  si  saldi  con   un   concreto   ed   effettivo   risultato
contrattuale». 
    2.6.- Anche la FIOM Vercelli  ha  depositato  memoria,  svolgendo
argomentazioni analoghe a quelle svolte con riguardo al  procedimento
originato dalla ordinanza r.o. n. 202 del 2012. 
    3.-  A  sua  volta,  il  Tribunale  ordinario  di   Torino,   con
l'ordinanza di rimessione in data 12 dicembre 2012 (r.o.  n.  46  del
2013), emessa, nel corso di piu' giudizi  riuniti,  tra  la  FIOM  di
Torino e varie societa' del Gruppo FIAT (Abarth & C. s.p.a. ed  altre
tredici),   ha   sollevato   analoghe   questioni   di   legittimita'
costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 39  Cost.,  dell'art.
19, primo comma, lettera b), della legge n. 300 del 1970, nella parte
in  cui  limita  la  costituzione  delle   rappresentanze   sindacali
aziendali alle sole associazioni firmatarie di  contratti  collettivi
di lavoro applicati nell'unita' produttiva. 
    Rileva anche detto giudice l'anacronismo del disposto  in  esame,
sulla base sia del mutato  contesto  delle  relazioni  sindacali  che
dell'evoluzione del quadro normativo. 
    3.1.- Si e' costituita  la  FIOM  -  Federazione  provinciale  di
Torino, con argomentazioni adesive alla prospettazione del giudice  a
quo. 
    3.2.- Anche la Abarth & C. s.p.a. e le altre  societa'  convenute
nel giudizio a  quo  si  sono  costituite,  svolgendo,  in  punto  di
inammissibilita'  e  con   riferimento   al   merito,   le   medesime
argomentazioni  formulate  dalle  societa'  resistenti  nel  giudizio
promosso dal Tribunale ordinario di Modena. 
    3.3.- E' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
reiterando le eccezioni di inammissibilita' e di  infondatezza  della
questione gia' formulate in relazione alle  precedenti  ordinanze  di
rinvio. 
    3.4.-  Ha  depositato  altresi'  «atto  di  intervento»  l'Unione
industriale della Provincia di Torino che,  previamente  motivato  il
proprio  interesse  alla  soluzione  della  questione  sollevata  dal
Tribunale di  Torino,  ne  ha  eccepito  la  inammissibilita'  e,  in
subordine, la non fondatezza, con  prospettazione  adesiva  a  quella
delle societa' convenute nel giudizio a quo. 
    3.5.- In  prossimita'  dell'udienza,  hanno  depositato  memoria,
oltre alla FIOM di Torino, che ha ribadito le  argomentazioni  svolte
nel precedente giudizio, anche la Abarth  &  C.  s.p.a.  e  le  altre
societa'  costituite,  anche  in  questo   caso   per   ulteriormente
illustrare le proprie gia' formulate eccezioni di inammissibilita'  e
di non fondatezza della questione. 
    3.6.- Altra memoria e' stata depositata dalla Unione  industriale
della Provincia di Torino. La quale ha,  a  sua  volta,  ribadito  il
proprio   interesse   rispetto   alla    sollevata    questione    di
costituzionalita'. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Modena ha sollevato, in riferimento
agli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'articolo 19, primo comma, lettera b), della legge
20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e  dignita'
dei lavoratori, della liberta' sindacale e  dell'attivita'  sindacale
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nel testo  risultante
dall'abrogazione parziale disposta - in esito al  referendum  indetto
con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1995, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell'11 aprile 1995 -  dal  d.P.R.  28
luglio 1995, n. 312 (Abrogazione, a seguito di  referendum  popolare,
della lettera a e parzialmente della lettera b  dell'art.  19,  primo
comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, sulla  costituzione  delle
rappresentanze sindacali aziendali, nonche' differimento dell'entrata
in vigore dell'abrogazione medesima), nella parte in cui consente  la
costituzione di  rappresentanze  aziendali  alle  sole  «associazioni
sindacali che siano  firmatarie  di  contratti  collettivi  applicati
nell'unita' produttiva», e non anche a quelle  che  abbiano  comunque
partecipato alla relativa negoziazione, pur  non  avendoli  poi,  per
propria scelta, sottoscritti. 
    1.1.- La rilevanza della questione e' motivata dal rimettente  in
ragione del fatto che, nei giudizi (riuniti) innanzi a lui  pendenti,
il sindacato ricorrente  (FIOM)  aveva  denunciato  il  comportamento
antisindacale delle controparti imprenditoriali (varie  societa'  del
gruppo FIAT), le quali avevano disconosciuto la sua legittimazione  a
costituire  rappresentanze   sindacali,   nelle   rispettive   unita'
produttive, in conseguenza, appunto, della mancata sottoscrizione del
contratto collettivo, ivi applicato, da parte di esso sindacato,  che
pure aveva attivamente partecipato alle  trattative  che  ne  avevano
preceduto la conclusione. 
    1.2.- In punto di non manifesta infondatezza del  cosi'  proposto
quesito, il Tribunale a quo, muovendo  dalla  considerazione  che  la
partecipazione al negoziato e'  un  dato  che  evidenzia  l'effettiva
forza contrattuale e, di riflesso, la capacita'  rappresentativa  del
sindacato, ne inferisce la «intrinseca irragionevolezza» del criterio
selettivo  della  sottoscrizione  del   contratto,   espresso   dalla
disposizione denunciata, «nel [l'attuale] momento in cui, applicato a
fattispecie concrete,  porta  ad  un  risultato  che  contraddice  il
presupposto a dimostrazione del quale il criterio  stesso  era  stato
elaborato». Risultato cui, appunto, si  perverrebbe  nei  processi  a
quibus, nei quali, alla luce di quel criterio, «dovrebbe riconoscersi
maggior  forza  rappresentativa  alle  associazioni  firmatarie   del
contratto [...], anziche' alla FIOM [che  non  lo  ha  sottoscritto],
laddove in fatto e' incontestato il contrario». 
    1.3.- La soluzione di una  lettura  estensiva  della  espressione
"associazioni firmatarie", nel senso della sua riferibilita' anche ad
organizzazioni  che  abbiano   comunque   partecipato   al   processo
contrattuale - cui, in analoghe controversie, altri giudici di merito
sono pervenuti, in funzione di una "interpretazione  adeguatrice"  al
dettato  costituzionale  della  disposizione  in  esame  -  non   e',
preliminarmente, ritenuta condivisibile dal Tribunale rimettente, per
l'univocita' del dato testuale che inevitabilmente vi si opporrebbe. 
    Da qui la conclusione che  la  reductio  ad  legitimitatem  della
norma denunciata, in quella delineata direzione estensiva, non  possa
altrimenti  avvenire  che  attraverso  un  intervento  (evidentemente
additivo) di questa Corte. 
    1.4.- Non ignora, peraltro, il rimettente la sentenza n. 244  del
1996, e la ordinanza n. 345 del 1996, di  questa  Corte,  che  hanno,
rispettivamente, escluso la fondatezza, e dichiarato poi la manifesta
infondatezza, di identiche questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei  lavoratori,
in riferimento ai  medesimi  parametri  (artt.  3  e  39  Cost.)  ora
nuovamente evocati. Ma ritiene che quelle pronunzie -  legate  ad  un
diverso contesto, connotato dalla unitarieta' di azione dei sindacati
e dalla unitaria sottoscrizione dei contratti collettivi applicati in
azienda, nel  quale  «ragionevolmente  quella  sottoscrizione  poteva
essere assunta a criterio misuratore  della  forza  del  sindacato  e
della sua rappresentativita'» - vadano ora «ripensate alla  luce  dei
mutamenti intercorsi nelle relazioni sindacali  degli  ultimi  anni»,
caratterizzate  dalla  rottura   della   unita'   di   azione   delle
organizzazioni maggiormente rappresentative e  dalla  conclusione  di
contratti collettivi "separati". 
    Lo  scenario  delle  attuali  relazioni  sindacali  risulterebbe,
inoltre, ulteriormente, e profondamente, alterato dal  nuovo  sistema
contrattuale, definito «autoconcluso ed autosufficiente»,  instaurato
dalle  societa'  del  Gruppo  FIAT,  le  quali,  uscite  dal  sistema
confindustriale e recedute  dal  Contratto  Collettivo  Nazionale  di
Lavoro  per  i  metalmeccanici,  hanno  stipulato,  nelle  rispettive
aziende, un separato contratto collettivo specifico di primo livello,
sottoscritto appunto solo da  associazioni  sindacali  diverse  dalla
ricorrente. 
    Sarebbe mutato anche  il  quadro  normativo  di  riferimento,  in
ragione della copiosa legislazione che ha elevato  la  contrattazione
collettiva a  fonte  integrativa,  suppletiva  o  derogatoria,  della
propria disciplina, in  correlazione,  sempre,  ad  un  parametro  di
effettiva,  e  comparativamente  maggiore,   rappresentativita'   dei
sindacati stipulanti. 
    Ed, appunto, alla luce  di  tali  nuovi  dati  di  sistema  e  di
contesto, il criterio selettivo di cui  alla  lettera  b)  del  primo
comma del denunciato art. 19 verrebbe ora a «tradire la ratio  stessa
della disposizione dello Statuto, volta ad attribuire  una  finalita'
promozionale  e  incentivante  all'attivita'  del   sindacato   quale
portatore di interesse del maggior numero di  lavoratori,  che  trova
una diretta  copertura  costituzionale  nel  principio  solidaristico
espresso  dall'art.  2  Cost.,  nonche'  nello  stesso  principio  di
uguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma  dell'art.  3  della
Costituzione». 
    Si porrebbe, inoltre, quel criterio, in insanabile contrasto  con
il  precetto  dell'art.  39  Cost.,  incidendo  negativamente   sulla
liberta' di azione del sindacato, la cui decisione di sottoscrivere o
no  un   contratto   collettivo   ne   risulterebbe   inevitabilmente
«condizionata non solo dalla finalita' di tutela degli interessi  dei
lavoratori,   secondo   la   funzione   regolativa   propria    della
contrattazione collettiva, bensi' anche dalla prospettiva di ottenere
(firmando) o perdere (non firmando) i diritti del Titolo III, facenti
capo  direttamente  all'associazione  sindacale,   potendo   le   due
esigenze, come nella fattispecie in esame, entrare  in  conflitto,  e
dovendosi   inoltre   valutare   la   necessita',   ai   fini   della
sottoscrizione,  del  consenso  e  della  collaborazione   di   parte
datoriale». Con l'ulteriore conseguenza che, «in ipotesi estrema, ove
la  parte  datoriale  decidesse  di  non  firmare   alcun   contratto
collettivo,   non   vi   sarebbe   nell'unita'   produttiva    alcuna
rappresentanza sindacale». 
    2.-  Sostanzialmente  la  stessa   questione,   con   coincidenti
argomentazioni, e' stata sollevata anche dal Tribunale  ordinario  di
Vercelli e dal Tribunale ordinario di Torino. 
    3.- I giudizi promossi da dette tre ordinanze, avendo il medesimo
oggetto, vanno riuniti e decisi con unica sentenza. 
    4.-  In  via  preliminare,  deve  essere  confermata  l'ordinanza
adottata nel corso dell'udienza pubblica, ed allegata  alla  presente
sentenza, con  la  quale  sono  stati  dichiarati  inammissibili  gli
interventi adesivi spiegati dalla CGIL, FILCAMS di Milano e Provincia
e dalla  Federazione  nazionale  della  stampa  italiana  (FNSI)  nei
giudizi  di  cui,  rispettivamente,   all'ordinanza   del   Tribunale
ordinario di Modena ed a quella del Tribunale ordinario di  Vercelli,
nonche'   l'intervento   ad   opponendum   dell'Associazione   Unione
industriale  della  Provincia  di  Torino,  nel   giudizio   relativo
all'ordinanza del Tribunale di detta citta'. 
    5.-  E'   ancora   preliminare   l'esame   delle   eccezioni   di
inammissibilita' della  questione  formulate  da  tutte  le  societa'
resistenti nei giudizi a quibus e dal Presidente del Consiglio. 
    5.1.- Ad avviso delle predette  resistenti,  l'odierna  questione
sarebbe,  infatti,  inammissibile  perche'  identica  a  quella  gia'
decisa, nel senso della non fondatezza, con  la  sentenza  di  questa
Corte n. 244 del 1996;  ovvero  per  incertezza  e  perplessita'  del
petitum che comunque, se  additivo,  «omette[rebbe]  di  indicare  in
maniera sufficientemente  circostanziata  il  "verso"  della  pretesa
addizione» e, se demolitorio, renderebbe la questione stessa priva di
rilevanza. 
    Argomento,  quest'ultimo,  fatto  valere  anche   dall'Avvocatura
generale dello Stato, secondo la quale «l'eventuale  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b), dello Statuto
dei lavoratori  determinerebbe  il  venir  meno  del  criterio  della
sottoscrizione dei contratti quale criterio selettivo  per  l'accesso
ai diritti di cui al Titolo III dello Statuto ma, in  assenza  di  un
diverso  criterio  selettivo,  non  darebbe  titolo  all'associazione
sindacale di godere di quei diritti». 
    Con riguardo, poi, alle sole ordinanze dei Tribunali ordinari  di
Vercelli e di Torino, le societa' resistenti nei rispettivi  processi
promossi ai sensi dell'art. 28 della citata legge  n.  300  del  1970
hanno ulteriormente eccepito il «difetto di motivazione in  punto  di
(pretesa) non manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
costituzionale sotto i profili enunciati», per essersi detti  giudici
limitati  a  motivare  per  relationem  all'ordinanza  del  Tribunale
ordinario di Modena. 
    5.2.- Nessuna delle prospettate eccezioni puo' essere accolta. 
    In primo luogo, non e' esatto che l'esistenza di  una  precedente
pronuncia di non fondatezza (ed anche di manifesta  infondatezza)  di
una questione (ove pur) identica a quella riproposta  dal  giudice  a
quo  sia,  come  si   eccepisce,   ostativa   all'ammissibilita'   di
quest'ultima, potendo un tal precedente unicamente, invece,  rilevare
nella successiva fase di esame del  merito  della  questione  stessa,
alla luce degli eventuali nuovi profili argomentativi a suo  supporto
offerti dal rimettente. 
    Non e' poi sostenibile che il petitum della odierna questione sia
incerto o perplesso, poiche' cio' che i giudici a quibus chiedono ora
a questa Corte - in  ragione  della  prospettata  incostituzionalita'
dell'art. 19, primo comma, lettera b), della legge n. 300 del 1970  -
non e' una decisione demolitoria, che effettivamente darebbe luogo ad
un  vuoto  normativo  colmabile   solo   dal   legislatore,   bensi',
inequivocabilmente, una pronuncia additiva che  consenta  (cio'  che,
appunto, altri giudici di merito hanno ritenuto di poter direttamente
desumere  in  via  di  interpretazione  sistematica,   evolutiva   o,
comunque,  costituzionalmente  adeguata  della   norma   stessa)   di
estendere  la  legittimazione  alla  costituzione  di  rappresentanze
aziendali anche ai sindacati che abbiano attivamente partecipato alle
trattative  per  la  stipula  di   contratti   collettivi   applicati
nell'unita' produttiva, ancorche' non  li  abbiano  poi  sottoscritti
(per ritenuta loro non  idoneita'  a  soddisfare  gli  interessi  dei
lavoratori). 
    E, in tal senso, il "verso" della addictio richiesta - e che,  in
relazione ai parametri evocati, si  prospetta  come  obbligata  -  si
sottrae, evidentemente, anche alla eccezione di non  sufficientemente
circostanziata sua indicazione. 
    L'inammissibilita' non puo' essere, infine, riferita neppure alle
sole ordinanze dei Tribunali di Vercelli e di Torino. Le quali, lungi
dall'essere motivate solo per relationem  alla  precedente  ordinanza
del Tribunale di Modena,  nel  condividerne  il  petitum,  richiamano
puntualmente, e sviluppano anche ulteriormente, le argomentazioni che
lo sorreggono. 
    6.- Nel merito, le questioni sono fondate. 
    6.1.- L'articolo 19, primo comma, lettera b), dello  Statuto  dei
lavoratori e' stato  ripetutamente  sottoposto  all'esame  di  questa
Corte. 
    Le prime pronunce hanno  riguardato  la  versione  originaria  di
detto articolo, anteriore al referendum del 1995, ossia quella per la
quale «Rappresentanze sindacali aziendali possono  essere  costituite
ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva,  nell'ambito:
a)  delle  associazioni  aderenti  alle  confederazioni  maggiormente
rappresentative sul piano nazionale; b) delle associazioni sindacali,
non affiliate alle predette confederazioni, che siano  firmatarie  di
contratti collettivi nazionali  o  provinciali  di  lavoro  applicati
nell'unita' produttiva». 
    I dubbi  di  legittimita'  costituzionale  investivano,  in  quel
contesto, la mancata  attribuzione  ad  ogni  associazione  sindacale
esistente nel  luogo  di  lavoro  della  possibilita'  di  costituire
rappresentanze sindacali aziendali. 
    Nell'affermare la razionalita' del disegno statutario, con i  due
livelli  di  protezione  accordata  alle   organizzazioni   sindacali
(liberta' di associazione, da  un  lato,  e  selezione  dei  soggetti
collettivi   fondata   sul    principio    della    loro    effettiva
rappresentativita', dall'altro), la Corte si e' soffermata anche  sul
criterio della "maggiore rappresentativita'", che  pur  conducendo  a
privilegiare   le   confederazioni   "storiche",    non    precludeva
rappresentanze aziendali nell'ambito delle associazioni sindacali non
affiliate alle confederazioni maggiormente  rappresentative,  purche'
si  dimostrassero  capaci  di  esprimere,  attraverso  la  firma   di
contratti collettivi nazionali  o  provinciali  di  lavoro  applicati
nell'unita' produttiva,  un  grado  di  rappresentativita'  idoneo  a
tradursi in effettivo potere contrattuale a  livello  extra-aziendale
(sentenze n. 334 del 1988 e n. 54 del 1974). 
    6.2.- A partire dalla seconda meta'  degli  anni  ottanta  si  e'
sviluppato, pero', un dibattito critico in vista di una  esigenza  di
revisione    del     meccanismo     selettivo     della     "maggiore
rappresentativita'"  previsto  ai  fini  della   costituzione   delle
rappresentanze nei luoghi di lavoro. 
    Ed e' stata proprio questa Corte a segnalare, con  un  monito  al
legislatore, l'ormai ineludibile esigenza di elaborare  nuove  regole
che conducessero a un ampliamento della cerchia dei soggetti chiamati
ad avere accesso al sostegno  privilegiato  offerto  dal  Titolo  III
dello  Statuto  dei  lavoratori,  oltre  ai  sindacati   maggiormente
rappresentativi (sentenza n. 30 del 1990). 
    L'invito al legislatore e' stato ribadito nella sentenza n. 1 del
1994, che  ha  dato  ingresso  ai  due  quesiti  referendari  che  in
quell'occasione  la  Corte  era  chiamata  ad  esaminare:  il  primo,
"massimalista", volto ad ottenere «l'abrogazione di tutti  i  criteri
di maggiore rappresentativita' adottati dall'art. 19, nelle lettere a
e  b»,  e  il   secondo,   "minimalista",   mirante   all'abrogazione
dell'indice presuntivo di rappresentativita' previsto  dalla  lettera
a) e all'abbassamento al livello aziendale  della  soglia  minima  di
verifica della rappresentativita' effettiva  prevista  dalla  lettera
b). 
    In  quella  decisione,  nella  consapevolezza  dei   profili   di
criticita'  che  avrebbero  potuto  annidarsi  nel  testo  risultante
dall'eventuale conformazione referendaria, nuovamente,  questa  Corte
sottolineo' che, comunque «il legislatore potra' intervenire dettando
una disciplina sostanzialmente diversa da quella abrogata, improntata
a modelli di rappresentativita' sindacale compatibili  con  le  norme
costituzionali  e  in  pari   tempo   consoni   alle   trasformazioni
sopravvenute nel sistema produttivo e alle nuove  spinte  aggregative
degli interessi collettivi dei lavoratori». 
    6.3.- Come e' noto,  in  occasione  del  referendum  indetto  con
decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1995 e tenutosi l'11
giugno 1995, ottenne il quorum solo "il quesito  minimalista",  dando
luogo all'attuale art. 19, che attribuisce il  potere  di  costituire
rappresentanze aziendali alle sole associazioni sindacali  firmatarie
di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva di qualunque
livello essi siano, dunque anche di livello aziendale. 
    Nel commentare la  normativa  "di  risulta",  non  si  manco'  di
sottolineare come questa - pur coerente con la ratio referendaria  di
allargare il piu' possibile le maglie dell'agere  sindacale  anche  a
soggetti nuovi che fossero realmente presenti ed attivi nel  panorama
sindacale - rischiasse, pero',  nella  sua  accezione  letterale,  di
prestare il fianco ad una applicazione sbilanciata: per un verso,  in
eccesso, ove l'espressione «associazioni firmatarie» fosse intesa nel
senso  della  sufficienza  di  una  sottoscrizione,  anche  meramente
adesiva, del contratto a fondare la titolarita' dei diritti sindacali
in azienda (con virtuale apertura a  sindacati  di  comodo);  e,  per
altro verso, in difetto, ove interpretata, quella  espressione,  come
ostativa al riconoscimento dei diritti  in  questione  nei  confronti
delle  associazioni  che,  pur  connotate  da  una  azione  sindacale
sorretta da ampio consenso dei lavoratori, avessero ritenuto  di  non
sottoscrivere il contratto  applicato  in  azienda.  E  cio'  con  il
risultato, nell'un caso e nell'altro, di una alterazione  assiologica
e funzionale della norma stessa, quanto al profilo del  collegamento,
non certamente rescisso dall'intervento referendario, tra titolarita'
dei diritti sindacali ed effettiva  rappresentativita'  del  soggetto
che ne pretende l'attribuzione. 
    6.4.- Le pronunzie di questa Corte, nel quinquennio successivo al
referendum - sentenza n. 244 del 1996, ordinanze n. 345 del 1996,  n.
148 del 1997 e n. 76 del 1998 - hanno fornito indicazioni, per quanto
in concreto sottoposto al suo esame, solo con riguardo al  primo  dei
due sottolineati punti critici. 
    E, per questo aspetto, l'art. 19, «pur nella versione  risultante
dalla prova referendaria», ha superato il vaglio di costituzionalita'
sulla base  di  una  esegesi  costituzionalmente  orientata,  che  ha
condotto ad una sentenza interpretativa di rigetto. In  virtu'  della
quale, dalla premessa che «la rappresentativita'  del  sindacato  non
deriva da un riconoscimento del datore di lavoro  espresso  in  forma
pattizia», bensi' dalla «capacita' del sindacato di imporsi al datore
di lavoro come controparte contrattuale», la Corte  ha  inferito  che
«Non e' percio' sufficiente la mera adesione formale a  un  contratto
negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al
processo di formazione del contratto», e che «nemmeno e'  sufficiente
la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve  trattarsi  di  un
contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro,
almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina,
anche in  via  integrativa,  a  livello  aziendale  di  un  contratto
nazionale  o  provinciale  gia'   applicato   nella   stessa   unita'
produttiva» (sentenza n. 244 del 1996). 
    In questi termini, la Corte ha ritenuto che l'indice selettivo di
cui alla lettera b), del primo comma, dell'art. 19 dello Statuto  dei
lavoratori «si giustifica, in linea storico-sociologica e  quindi  di
razionalita' pratica, per la corrispondenza  di  tale  criterio  allo
strumento di misurazione della forza di un sindacato, e, di riflesso,
della sua rappresentativita',  tipicamente  proprio  dell'ordinamento
sindacale». 
    6.5.- Nell'attuale mutato scenario delle  relazioni  sindacali  e
delle strategie  imprenditoriali,  quale  diffusamente  descritto  ed
analizzato dai giudici  a  quibus,  l'altro  (speculare)  profilo  di
contraddizione (per sbilanciamento in difetto)  -  teoricamente,  per
quanto detto, gia' presente nel sistema della lettera  b)  del  primo
comma, dell'art. 19, ma di fatto sin qui  oscurato  dalla  esperienza
pratica  di  una  perdurante  presenza  in  azienda   dei   sindacati
confederali - viene invece  ora  compiutamente  ad  emersione.  E  si
riflette nella concretezza di fattispecie in cui, come denunciato dai
rimettenti, dalla mancata sottoscrizione del contratto collettivo  e'
derivata la negazione di una rappresentativita' che  esiste,  invece,
nei  fatti  e  nel  consenso  dei   lavoratori   addetti   all'unita'
produttiva. 
    In questa nuova prospettiva si richiede, appunto,  una  rilettura
dell'art. 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei  lavoratori,
che ne riallinei il contenuto precettivo alla ratio che lo sottende. 
    6.6.- L'aporia indotta dalla esclusione dal godimento dei diritti
in  azienda  del  sindacato  non  firmatario   di   alcun   contratto
collettivo,  ma  dotato  dell'effettivo   consenso   da   parte   dei
lavoratori, che ne permette e al tempo  stesso  rende  non  eludibile
l'accesso alle trattative, era gia' stata del resto rilevata; e dalle
riflessioni svolte in proposito era scaturita anche la sollecitazione
ad una interpretazione adeguatrice della  norma  in  questione,  alla
stregua della quale, superandosi lo scoglio del suo tenore letterale,
che fa espresso riferimento ai sindacati  "firmatari",  si  ritenesse
condizione necessaria e  sufficiente,  per  soddisfare  il  requisito
previsto dall'art. 19, quella di aver effettivamente partecipato alle
trattative, indipendentemente  dalla  sottoscrizione  del  contratto.
Interpretazione di cui si e' sostenuta la coerenza con la  richiamata
giurisprudenza costituzionale in  materia  di  irrilevanza,  ai  fini
dell'art. 19, primo comma, lettera b), dello Statuto dei  lavoratori,
della mera sottoscrizione  del  contratto  collettivo  non  preceduta
dalla effettiva partecipazione alle trattative. 
    I Tribunali rimettenti, a differenza di quanto ritenuto da  altri
giudici di  merito,  hanno  escluso,  pero',  la  possibilita'  della
richiamata interpretazione adeguatrice, reputata incompatibile con il
testo dell'art.  19,  e  percio'  hanno  sollevato  le  questioni  di
legittimita' costituzionale all'odierno esame, al fine di conseguire,
attraverso  una  pronuncia  additiva,  quel  medesimo  risultato   di
estensione della titolarita' dei diritti sindacali, sulla base  della
nozione di "effettivita' dell'azione sindacale", alle  organizzazioni
che abbiano partecipato alle trattative, ancorche' non firmatarie del
contratto. 
    7.-  La  Corte  giudica  corretta  questa  opzione   ermeneutica,
risultando effettivamente univoco e non suscettibile di  una  diversa
lettura l'art. 19, tale, dunque, da non consentire l'applicazione  di
criteri estranei alla sua formulazione letterale. 
    Ma  alla  luce  di  una  siffatta  testuale  interpretazione   la
disposizione  in  oggetto  non  sfugge  alle  censure  sollevate  dai
rimettenti. 
    Infatti, nel momento in cui  viene  meno  alla  sua  funzione  di
selezione dei soggetti in ragione della  loro  rappresentativita'  e,
per una sorta  di  eterogenesi  dei  fini,  si  trasforma  invece  in
meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente  rappresentativo
a livello aziendale o  comunque  significativamente  rappresentativo,
si'  da  non  potersene  giustificare  la  stessa  esclusione   dalle
trattative, il criterio della sottoscrizione  dell'accordo  applicato
in azienda viene inevitabilmente in collisione con i precetti di  cui
agli artt. 2, 3 e 39 Cost. 
    Risulta, in primo luogo, violato l'art. 3 Cost., sotto il duplice
profilo della irragionevolezza intrinseca di quel criterio,  e  della
disparita' di trattamento  che  e'  suscettibile  di  ingenerare  tra
sindacati. Questi ultimi infatti nell'esercizio della  loro  funzione
di autotutela  dell'interesse  collettivo  -  che,  in  quanto  tale,
reclama la garanzia di cui all'art. 2 Cost. - sarebbero  privilegiati
o discriminati sulla base non gia' del rapporto con i lavoratori, che
rimanda al dato oggettivo (e valoriale) della loro rappresentativita'
e, quindi,  giustifica  la  stessa  partecipazione  alla  trattativa,
bensi' del rapporto  con  l'azienda,  per  il  rilievo  condizionante
attribuito al dato contingente di avere prestato il proprio  consenso
alla conclusione di un contratto con la stessa. 
    E se, come appena dimostrato, il modello disegnato dall'art.  19,
che prevede la stipulazione  del  contratto  collettivo  quale  unica
premessa per il conseguimento dei diritti  sindacali,  condiziona  il
beneficio  esclusivamente  ad   un   atteggiamento   consonante   con
l'impresa, o quanto meno presupponente il suo assenso alla  fruizione
della partecipazione sindacale,  risulta  evidente  anche  il  vulnus
all'art. 39, primo e quarto comma, Cost., per il contrasto  che,  sul
piano negoziale, ne deriva ai valori del pluralismo e della  liberta'
di azione della organizzazione sindacale. 
    La quale, se trova, a monte, in  ragione  di  una  sua  acquisita
rappresentativita', la tutela dell'art. 28 dello Statuto nell'ipotesi
di un eventuale, non giustificato, suo negato accesso al tavolo delle
trattative,  si  scontra  poi,  a  valle,  con  l'effetto  legale  di
estromissione  dalle  prerogative  sindacali  che   la   disposizione
denunciata  automaticamente  collega  alla  sua  decisione   di   non
sottoscrivere il contratto. Cio' che si traduce, per un verso, in una
forma impropria di sanzione del dissenso, che innegabilmente  incide,
condizionandola, sulla liberta' del sindacato in ordine  alla  scelta
delle  forme  di  tutela  ritenute  piu'  appropriate  per   i   suoi
rappresentati; mentre,  per  l'altro  verso,  sconta  il  rischio  di
raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo  accordo
ad excludendum. 
    8.-  Va,  pertanto,  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 19, primo comma, lettera b), della legge n. 300  del  1970,
nella parte in  cui  non  prevede  che  la  rappresentanza  sindacale
aziendale possa essere costituita anche nell'ambito  di  associazioni
sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi  applicati
nell'unita'   produttiva,   abbiano   comunque    partecipato    alla
negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti  dei
lavoratori dell'azienda. 
    9.- L'intervento additivo cosi' operato dalla Corte, in  coerenza
con il petitum dei giudici a quibus e nei limiti di  rilevanza  della
questione sollevata, non affronta il  piu'  generale  problema  della
mancata attuazione complessiva dell'art. 39 Cost., ne' individua -  e
non potrebbe farlo - un criterio selettivo  della  rappresentativita'
sindacale ai fini del riconoscimento della tutela privilegiata di cui
al Titolo III dello Statuto dei lavoratori in  azienda  nel  caso  di
mancanza di un contratto collettivo applicato nell'unita'  produttiva
per carenza di  attivita'  negoziale  ovvero  per  impossibilita'  di
pervenire ad un accordo aziendale. 
    Ad  una  tale  evenienza  puo'   astrattamente   darsi   risposta
attraverso  una  molteplicita'  di   soluzioni.   Queste   potrebbero
consistere,  tra  l'altro,  nella   valorizzazione   dell'indice   di
rappresentativita' costituito dal numero  degli  iscritti,  o  ancora
nella introduzione di un obbligo a  trattare  con  le  organizzazioni
sindacali che superino  una  determinata  soglia  di  sbarramento,  o
nell'attribuzione al requisito previsto dall'art.  19  dello  Statuto
dei  lavoratori  del  carattere  di  rinvio   generale   al   sistema
contrattuale  e  non  al  singolo  contratto   collettivo   applicato
nell'unita' produttiva vigente, oppure al riconoscimento del  diritto
di ciascun lavoratore ad eleggere rappresentanze sindacali nei luoghi
di lavoro. Compete al  legislatore  l'opzione  tra  queste  od  altre
soluzioni.