N. 364 SENTENZA 11 - 23 luglio 1991

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro (tutela del)- Personale navigante- Licenziamento disciplinare- Mancata previsione della previa contestazione dell'addebito quale conseguenza della non operativita' della norma di cui all'art. 7, primo, secondo e terzo comma, dello Statuto dei lavoratori- Ingiustificata disparita' di trattamentorispetto alle altre categorie di lavoratori- Illegittimita' in parte qua. (Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, comma terzo). (Cost., art. 3).

 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  35, terzo
 comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla  tutela  della
 liberta' e dignita' dei lavoratori), promosso con ordinanza emessa il
 28  gennaio  1991  dal  Pretore  di  Firenze  nel procedimento civile
 vertente tra Cuomo Gaetano e S.p.A. Lloyd Triestino  di  Navigazione,
 iscritta  al  n.  222  del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  16,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1991;
    Visto l'atto di costituzione di Cuomo Gaetano;
    Udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 1991 il Giudice relatore
 Gabriele Pescatore;
    Udito l'avvocato Giulio Cevolotto per Cuomo Gaetano;
                           Ritenuto in fatto
    Il Pretore di Firenze - nel corso di un procedimento civile avente
 ad   oggetto   l'impugnazione  del  licenziamento  di  un  lavoratore
 marittimo che si asseriva avvenuto per motivi disciplinari, senza  la
 preventiva  contestazione  dell'addebito  -  con ordinanza 28 gennaio
 1991  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
 riferimento  all'art. 3 Cost., dell'art. 35, terzo comma, della l. 20
 maggio 1970, n. 300.
    Nell'ordinanza si rileva che  l'art.  35,  terzo  comma,  suddetto
 rende  applicabile  la  normativa dell'art. 7 della stessa legge alle
 imprese di navigazione solo nei limiti e modi previsti dai  contratti
 collettivi.  Il  contratto  collettivo applicabile nel caso di specie
 attribuisce al lavoratore, licenziato per  motivi  disciplinari,  una
 tutela  successiva  e,  pertanto, meno efficace di quella prevista in
 via generale dall'art. 7.
    La rimessione alla  contrattazione  collettiva  della  tutela  del
 lavoratore   marittimo,  in  relazione  alle  sanzioni  disciplinari,
 secondo  il  giudice  a  quo,  appare  lesiva  dell'art.   3   Cost.,
 consentendo    deroghe    ingiustificate    al   principio   generale
 dell'ordinamento - comune al diritto pubblico e al diritto privato  -
 della    preventiva    contestazione    degli    addebiti   ai   fini
 dell'irrogazione  di  sanzioni disciplinari. Cio' tanto piu' dopo che
 la   Corte   costituzionale   ha   affermato   l'inidoneita'    della
 contrattazione  collettiva,  esplicatasi ai sensi dell'art. 35, terzo
 comma, della l. n.  300  del  1970,  a  tutelare  diritti  soggettivi
 essenziali  dei lavoratori, nonostante la sostanziale omogeneita' tra
 la posizione, oggetto di garanzia, dei lavoratori marittimi  rispetto
 alla generalita' degli altri lavoratori.
    Si  e'  costituito  dinanzi a questa Corte il lavoratore marittimo
 che  aveva  promosso  il  giudizio  a  quo,  sottolineando   che   la
 giurisprudenza   della   Corte   di   cassazione   ha  ritenuto  gia'
 applicabili, in ogni caso, anche ai lavoratori marittimi la  garanzia
 della  previa  contestazione dell'addebito disciplinare e del termine
 per difendersi. Ha chiesto, pertanto, che la questione sia dichiarata
 non fondata, con sentenza interpretativa di rigetto, la  quale  tenga
 conto  del gia' avvenuto riconoscimento, anche ai lavoratori nautici,
 delle garanzie in questione.  In  via  subordinata  conclude  per  la
 declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  35,  terzo
 comma, della l.  n.  300  del  1970,  nella  parte  impugnata.  Nella
 discussione  orale  ha  specificato  la  richiesta  insistendo  nella
 declaratoria di incostituzionalita' della norma anzidetta.
                        Considerato in diritto
    1. - La questione sottoposta alla Corte consiste  nello  stabilire
 se  l'art.  35,  terzo  comma, della l. 20 maggio 1970, n. 300, nella
 parte in cui non consente  l'immediata  applicabilita'  al  personale
 navigante  delle  imprese  di  navigazione, dell'art. 7, commi primo,
 secondo e terzo, della stessa legge, contrasti con  l'art.  3  Cost.,
 discriminando  ingiustificatamente  rispetto agli altri lavoratori il
 personale navigante,  al  quale  le  garanzie  previste  dall'art.  7
 sarebbero   applicabili  se  e  nei  limiti  in  cui  lo  preveda  la
 contrattazione collettiva.
    Per meglio chiarire l'oggetto della questione, e' da porre in luce
 che l'art. 7 della l. n. 300 cit., nel  primo  comma,  stabilisce  il
 principio   della  pubblicita'  delle  infrazioni  e  delle  sanzioni
 disciplinari;  nel  secondo  comma,  la  garanzia  della   preventiva
 contestazione  dell'addebito e della difesa; nel terzo comma, afferma
 il principio dell'assistenza dell'associazione sindacale.
    A sua volta, l'art. 35, terzo comma, della  l.  n.  300  statuisce
 (sempre  nei  confronti  del  personale  navigante  delle "imprese di
 navigazione") la immediata operativita' di alcune norme dello statuto
 dei lavoratori, rimettendo ai contratti collettivi l'applicazione dei
 princi'pi posti da altri articoli dello  stesso  statuto:  tra  essi,
 quelli contenuti nell'art. 7. Di qui la lamentata discriminazione del
 personale navigante rispetto agli altri lavoratori, nei confronti dei
 quali l'art. 7 cit. e' pienamente operante.
    2. - La questione e' fondata.
    Con  la  sentenza  n.  204  del  1982  questa  Corte  affermo'  la
 illegittimita', per violazione dell'art. 3  della  Costituzione,  dei
 commi 1, 2 e 3 dell'art. 7 della l. n. 300 del 1970, interpretati nel
 senso  della  loro  inapplicabilita'  ai  licenziamenti disciplinari,
 quando non fossero stati espressamente  richiamati  dalla  disciplina
 posta  dalla  legge,  dalla contrattazione collettiva o (validamente)
 dal datore di lavoro.
    I  princi'pi, che sono a fondamento di questa decisione, indussero
 la Corte di cassazione ad approfondire il tema  della  qualificazione
 del  licenziamento  disciplinare  ("di  per  se'  la piu' grave delle
 sanzioni disciplinari") e a precisare che il rispetto  dei  princi'pi
 costituzionali  non puo' essere subordinato alla esistenza di un dato
 puramente  formale,  quale  l'espresso  richiamo  dell'art.  7  dello
 statuto,   come  era  ritenuto  dalla  giurisprudenza  anteriore.  Si
 pervenne cosi' a sancire la  natura  "ontologica"  del  licenziamento
 disciplinare,  riferito ai comportamenti imputabili a titolo di colpa
 (intesa in senso generico) al lavoratore. Tale licenziamento veniva a
 coprire  sia  l'area  del  licenziamento  per   giustificato   motivo
 soggettivo  (notevole  inadempimento),  sia,  in  parte,  quella  del
 licenziamento  per  giusta   causa.   Esso   si   qualificava   "come
 disciplinare"  indipendentemente dalla sua inclusione tra le sanzioni
 disciplinari e non poteva effettuarsi senza le garanzie previste  per
 le misure (disciplinari) non espulsive.
    3.  - E' opportuno, poi, rilevare che la Cassazione, interpretando
 con visione avanzata l'indirizzo segnato dalla Corte  costituzionale,
 ha  gia'  ritenuto  in alcune sentenze la immediata applicabilita' al
 personale navigante delle "imprese  di  navigazione"  delle  garanzie
 previste  dai primi tre commi dell'art. 7 della l. n. 300 del 1970. E
 cio' ha indotto il marittimo (cambusiere), del cui  licenziamento  si
 discute, a richiedere una pronuncia interpretativa.
    Osserva  la Corte che la questione non e', di per se', risolvibile
 in conseguenza delle sentenze n. 96 del 1987 e n. 41 del  1991,  dato
 che  tali  decisioni  si sono riferite, la prima, al licenziamento ad
 nutum, con riguardo agli artt. 10 della l. n.  604  del  1966  e  35,
 terzo  comma,  della l. n. 300 del 1970, nella parte in cui escludono
 l'applicabilita' al personale marittimo navigante delle  "imprese  di
 navigazione"  della intera legge n. 604 del 1966 e dell'art. 18 dello
 statuto dei lavoratori; la seconda, all'applicabilita'  al  personale
 navigante  del  complesso  normativo  ora indicato e, in particolare,
 dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori, come modificato  dall'art.
 1  della  l.  11  maggio 1990, n. 108. Inoltre, la sentenza n. 41 del
 1991 ha  dichiarato  l'illegittimita'  dell'art.  916  c.nav.  e,  di
 conseguenza,  in  base all'art. 27 della l. n. 87 del 1953, dell'art.
 345 c.nav.: queste norme attribuivano all'esercente e all'armatore la
 facolta' di risolvere "in qualunque tempo e luogo"  il  contratto  di
 lavoro a bordo.
    Dal  quadro  giurisprudenziale,  cosi' riassunto, emerge l'attuale
 operativita' dell'art. 35, terzo comma, della l. n. 300 cit.; esso e'
 norma del diritto speciale, che non e'  stata  toccata  dall'art.  6,
 primo  comma,  della l. n. 108 del 1990 (cfr. sent. n. 41 del 1991 di
 questa Corte). L'attuale impugnativa si riferisce  alla  parte  della
 disposizione  che  rinvia  ai  contratti  collettivi  di  lavoro  per
 l'applicabilita'  al  personale  navigante   dei   principi   sanciti
 dall'art. 7 dello statuto in materia disciplinare.
    Quest'ultima norma, per effetto del terzo comma dell'art. 35 dello
 stesso  statuto, continua a non essere operante nei confronti di tale
 personale, in carenza della contrattazione collettiva.
    Il carattere  speciale  della  norma  la  fa  prevalere,  in  base
 all'art. 1 c.nav., sulla disciplina dello statuto dei lavoratori, che
 e'  legge  generale  (cfr.  sent. n. 41 del 1991 cit.). Ne risulta un
 ostacolo  all'attuazione  della  tutela,  in  caso  di  provvedimenti
 disciplinari nei confronti del personale navigante, compreso tra essi
 il licenziamento "ontologicamente" disciplinare, del quale si discute
 nel caso concreto.
    Viene  in  essere,  cosi',  una  situazione, che, oltre a porsi in
 contrasto con  fondamentali  esigenze  di  garanzia  del  lavoratore,
 appare  sprovvista di tutela perfino nel momento del contraddittorio,
 che esprime un valore essenziale per la persona del lavoratore.
    Questa specifica mancanza di tutela (insieme con le  omissioni  in
 materia  di  informazione,  di  pubblicita',  di  procedimento  e  di
 assistenza) concerne diritti inviolabili e  fa  emergere  l'esigenza,
 gia'  sancita  da  questa  Corte,  di non affidarne l'attuazione, nei
 riguardi del  personale  navigante,  alla  mediazione  dei  contratti
 collettivi.
    Il  rinvio  operato  dal  legislatore  a  tali contratti confligge
 sicuramente con l'art. 3 della Costituzione, in quanto condiziona  la
 garanzia  in  materia  disciplinare  alla  produzione  dell'autonomia
 collettiva che, oltre ad essere eventuale, non si e' finora  rivelata
 idonea  (anche  per  la  disparita', eccepita in causa, tra il regime
 dell'armamento c.d. pubblico e di  quello  privato)  ad  evitare  una
 ingiustificata  discriminazione  dei  lavoratori  nautici  rispetto a
 quelli comuni.
    Gli artt. 2 e 24  della  Costituzione  esigono  che  al  personale
 navigante,  in  caso  di licenziamento disciplinare, sia garantita la
 pretesa alla tutela, sostanziale e  procedimentale  assicurata  dalla
 legge   ai   lavoratori   comuni.   Ne   deriva   la   illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  35,  terzo  comma,   dello   statuto   dei
 lavoratori,   per   la   mancata  diretta  applicabilita',  che  esso
 determina, dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 7  dello  stesso  statuto  al
 personale navigante delle "imprese di navigazione".