N. 96 SENTENZA 26 marzo - 3 aprile 1987

Art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604: Lavoro - personale marittimo navigante delle imprese di navigazione - contratto di arruolamento - facolta' per l'armatore di risoluzione ad nutum - applicabilita' della disciplina generale sui licenziamenti individuali - omessa previsione - ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ad altre categorie di lavoratori (art. 3 Cost.) - Illegittimita' costituzionale parziale. Art. 35, terzo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300: Lavoro - personale marittimo navigante delle imprese di navigazione - tutela reale del marittimo licenziato - finalita' demandata alla contrattazione collettiva - diretta applicabilita' dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori sulla reintegrazione nel posto di lavoro - omessa previsione - ingiustificata disparita' di trattamento rispetto agli altri prestatori di lavoro (art. 3 Cost.) - Illegittimita' costituzionale parziale

 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della
 legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali)  e
 art.  35, u.c. legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della
 liberta' e dignita' dei lavoratori  e  dell'attivita'  sindacale  nei
 luoghi  di lavoro e norme sul collocamento), promossi con l'ordinanza
 emessa il 10 maggio 1986  dal  Pretore  di  Milano  nel  procedimento
 civile  vertente tra Zeno Agostino e S.p.A. Saipem iscritta al n. 552
 del registro ordinanze 1986 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 50, 1a serie speciale, dell'anno 1986;
    Visti  gli  atti di costituzione di Zeno Agostino nonche' gli atti
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10  febbraio  1987  il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Uditi  l'avv.  Roberto Muggia per Zeno Agostino e l'Avvocato dello
 Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    Zeno  Agostino,  arruolato  con mansioni di "piccolo di cucina" su
 alcuni mezzi navali speciali della soc. Saipem,  aveva  impugnato  il
 suo  licenziamento  perche' avvenuto senza giusta causa e chiedeva la
 reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento  dei  danni.  Il
 Pretore  di Milano, investito del giudizio, ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge 15 luglio  1966,
 n.  604,  nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della legge
 medesima al personale navigante, allegandone il contrasto con  l'art.
 3  Cost.  Con  l'ordinanza e' stato impugnato anche l'art. 35, ultimo
 comma della l. 20 maggio 1970, n. 300, per contrasto con gli artt.  3
 e  76 Cost., nella parte in cui dispone che i contratti collettivi di
 lavoro provvedono ad applicare i princi'pi  in  essa  stabiliti  alle
 imprese  di  navigazione  per  il  personale navigante "con specifico
 riferimento ai princi'pi contenuti nell'art. 18".
    Nell'ordinanza  si  premette  che  la  normativa  che  consente il
 recesso ad nutum (artt. 342-345 cod.  nav.)  dell'armatore  non  puo'
 ritenersi abrogata per effetto dell'entrata in vigore della l. n. 604
 del 1966, stante il disposto dell'art. 1, comma secondo,  cod.  nav.,
 che  prevede  l'applicabilita'  alla  materia della navigazione delle
 norme di diritto civile solo in assenza di una  specifica  disciplina
 speciale, che, invece, e' espressamente dettata riguardo al contratto
 di arruolamento. Si afferma che  gli  accordi  collettivi,  nei  casi
 all'esame   del   giudice   a   quo,  prevedono  una  disciplina  dei
 licenziamenti meno favorevole di quella stabilita dalla l. n. 604 del
 1966 e si deduce il contrasto dell'art. 10 di tale legge con l'art. 3
 Cost. perche', non  avendo  disposto  espressamente  l'applicabilita'
 della  l. n. 604 al contratto di arruolamento, il personale navigante
 resta escluso ingiustificatamente dalle garanzie  di  stabilita'  del
 posto di lavoro previste per gli altri lavoratori.
    Nell'ordinanza   si   deduce   analogo   profilo  d'illegittimita'
 costituzionale riguardo all'art. 35, ultimo comma, dello Statuto  dei
 lavoratori  in  quanto, rinviando ai contratti collettivi di disporre
 l'applicazione al personale  navigante  dell'art.  18  dello  Statuto
 stesso  (riguardante  la  reintegrazione  nel  posto  di  lavoro  del
 lavoratore  licenziato  senza  giusta  causa),  porrebbe  in   essere
 anch'esso  una  ingiustificata  discriminazione, giacche' i contratti
 collettivi  potrebbero  non  estendere  mai  la   garanzia   prevista
 dall'art.  18  ai  lavoratori  marittimi.  Tenuto  conto che la Corte
 costituzionale ha  gia'  dichiarato  non  fondata  la  questione  con
 sentenza  n.  129  del  1976, nell'ordinanza se ne chiede il riesame,
 sottolineandosi che nel frattempo  la  contrattazione  collettiva  ha
 esteso  la  garanzia  dell'art.  18  dello  Statuto dei lavoratori ai
 piloti ed agli  assistenti  di  volo,  cosi'  introducendo  ulteriori
 elementi  di  discriminazione tra i lavoratori. In relazione all'art.
 35 dello Statuto dei lavoratori, si  deduce  altresi'  la  violazione
 dell'art.  76 Cost., sotto il profilo che i princi'pi contenuti nello
 Statuto dei lavoratori sono  inderogabili  e  pertanto  non  ne  puo'
 essere  rimessa  alla  contrattazione  collettiva  l'applicazione  ad
 alcune categorie di  lavoratori.  In  proposito  si  sottolinea  che,
 ormai,  la  navigazione  non e' un'attivita' piu' pericolosa di molte
 altre  (come  quelle  attinenti  all'energia),   cosicche'   non   si
 giustificano  minori garanzie per i lavoratori motivate da ragioni di
 "sicurezza della navigazione".
    Dinanzi  a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei  Ministri  ed  ha  chiesto  che  le  questioni  siano  dichiarate
 manifestamente infondate per essere state gia' decise nel senso della
 non fondatezza con la  sentenza  129  del  1976.  Nella  comparsa  di
 costituzione  si  sostiene  in  particolare la piena legittimita' del
 rinvio  operato  dall'art.   35   alla   contrattazione   collettiva,
 sottolineandosi che proprio le differenti discipline da essa adottate
 per  le  varie  categorie  di  personale  navigante   dimostrano   la
 necessita'  di una normativa articolata in relazione alla varieta' di
 funzioni di quel personale.
    Si  e' costituita pure la parte privata chiedendo che le questioni
 siano ritenute  fondate  e,  nella  memoria,  ha  svolto  particolari
 considerazioni  sulla  minore  tutela  del lavoratore prevista, nella
 fattispecie,  dall'art.  6.3  lett.   h)   dell'accordo   integrativo
 aziendale  18  febbraio  1982  e  sui princi'pi sui quali si fonda la
 sent. n. 29 del 1976 di questa Corte, contestandone la fondatezza. Si
 sottolinea,  in  particolare,  la  disparita'  che  la contrattazione
 collettiva ha accentuato tra categorie  di  personale  nautico  molto
 simili,  come  i  piloti  e  gli  assistenti  di  volo e il personale
 marittimo navigante, dimostrandosi inidonea  a  realizzare,  dopo  17
 anni dall'entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, un'omogenea
 e adeguata tutela di un vasto complesso di lavoratori marittimi.
                         Considerato in diritto
    1.  - La prima censura dell'ordinanza di rimessione del Pretore di
 Milano, giudice del lavoro, si riferisce all'art. 10
 della l. 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali)
 nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della
 legge   stessa  al  personale  marittimo  navigante,  in  riferimento
 all'art. 3 Cost. Viene, poi, sospettato di incostituzionalita'
 l'art. 35, ultimo comma, della l. 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei
 lavoratori), in relazione agli artt. 3 e 76 Cost., nella
 parte  in cui dispone che i contratti collettivi di lavoro provvedono
 ad applicare i princi'pi dello statuto dei lavoratori alle imprese di
 navigazione  per il personale navigante, con specifico riferimento ai
 princi'pi contenuti nell'art. 18 dello stesso statuto.
    2. - Esattamente il giudice rimettente esclude che l'art. 345 cod.
 nav., che da' facolta' all'armatore  di  risolvere  il  contratto  di
 arruolamento  in  qualsiasi  tempo e luogo, salvi i diritti spettanti
 all'arruolato, debba ritenersi abrogato  a  seguito  dell'entrata  in
 vigore  della  l.  15 luglio 1966, n. 604, che introduce il principio
 del licenziamento del lavoratore per giusta causa o per  giustificato
 motivo.
    In  materia  di  navigazione,  il  sistema  delle  fonti, regolato
 dall'art. 1 cod. nav., consente l'applicazione delle  leggi  generali
 ('diritto  civile')  qualora  manchino disposizioni del diritto della
 navigazione e non ve ne siano di applicabili per analogia (cfr. sent.
 di questa Corte 19 maggio 1976, n. 129).
    L'art.  345  cod.  nav.  pone  una  regola  speciale in materia di
 risoluzione del contratto di arruolamento, che impedisce  il  ricorso
 alla  disciplina generale sui licenziamenti posta dalla l. n. 604 del
 1966.
    Ne'  e'  ipotizzabile  l'abrogazione  dello  stesso  art.  345 per
 incompatibilita' con tale legge. La norma,  attribuendo  all'armatore
 la  facolta'  di  risolvere  ad  nutum  il contratto di arruolamento,
 obbedisce  ad  una  valutazione  dell'equilibrio   delle   situazioni
 soggettive  del  rapporto di lavoro, nel quadro degli interessi della
 spedizione marittima, e si configura come una  disposizione  speciale
 con  forza  normativa  operante  nei confronti dei titolari di quelle
 situazioni. Non sussiste, quindi, incompatibilita' fra la disciplina,
 relativa   al  lavoro  comune,  posta  dalla  l.  n.  604  e  quella,
 concernente l'arruolamento, posta dall'art. 345 c. nav.
    Il  contratto di arruolamento - sottotipo qualificato del rapporto
 di lavoro comune - inserisce l'arruolato nell'equipaggio della nave e
 nella  comunita'  di  lavoro a bordo, che, con il complesso delle sue
 prestazioni, concorre al raggiungimento  dei  fini  della  spedizione
 marittima, ai quali non sono estranei interessi di ordine generale.
    Rispetto  alla  disciplina  della  l. n. 604 cit., l'art. 345 cod.
 nav. pone una normativa diversificata per contenuto, per fini  e  per
 destinatari,  che  sopravvive alla normativa posteriore, di carattere
 generale,  sui  licenziamenti  individuali  nel  rapporto  di  lavoro
 comune.
    3. - La vigenza, nella sua propria sfera, dell'art. 345 cod. nav.,
 e' testualmente confermata dall'art. 10 della l. n. 604  del  1966  -
 impugnato dall'ordinanza di rimessione -, che delimita l'applicazione
 di questa legge "ai prestatori di lavoro che rivestano  la  qualifica
 di impiegato e di operaio". Tali categorie si diversificano da quella
 del personale navigante, cui appartiene il lavoratore, soggetto della
 fattispecie che ha dato luogo all'ordinanza.
    Si  tratta  di un dipendente della Saipem S.p.A., arruolato con le
 mansioni di  "piccolo  di  cucina",  che,  avendo  espletato  la  sua
 prestazione  di  lavoro  a  bordo  per oltre cinque anni, si duole di
 essere  stato  licenziato  senza  giustificato  motivo  e  chiede  la
 reintegrazione nel suo posto di lavoro.
    4.  - Questa Corte ha avuto occasione, anche recente, di precisare
 la forza delle norme regolatrici del rapporto di lavoro del personale
 marittimo  navigante, in due distinte proiezioni: rispetto alle norme
 di diritto civile (o comune) e alle norme costituzionali.
    Nei  confronti  delle  prime la prevalenza della norma speciale e'
 determinata dal  suo  carattere  di  regola  propria  e  diretta  del
 rapporto,  mentre  la  prevalenza  del  precetto costituzionale e' da
 ascrivere al suo rango di norma superiore (cfr. sent. 2  marzo  1987,
 n. 63).
    In  tale quadro sono da approfondire il fondamento e i fini dianzi
 accennati - dell'art. 345  c.  nav.  e,  una  volta  definita  questa
 indagine,  la  norma  va  sottoposta  al  vaglio di costituzionalita'
 richiesto dall'ordinanza di rimessione.
    La  peculiarita'  della  disciplina  posta dall'art. 345 cod. nav.
 viene  tradizionalmente  ricondotta  alla  necessita'  di  attribuire
 all'armatore  i poteri necessari per garantire la disciplina di bordo
 e la sicurezza della navigazione, alle quali farebbero  riscontro  la
 struttura  fiduciaria  e  la  rilevanza personale della prestazione a
 bordo del marittimo.
    Senonche'  lo stesso codice della navigazione, col prevedere (art.
 374) la derogabilita' dell'art. 345 da parte dei contratti collettivi
 e,  se  a favore dell'arruolato, dei contratti individuali, configura
 l'ampia facolta'  di  licenziamento  del  marittimo  come  diretta  a
 tutelare   un   interesse,  il  cui  perseguimento  e'  rimesso  alla
 disponibilita'  dell'armatore;   tale   facolta'   non   appare,   di
 conseguenza,  intesa  a realizzare finalita' generali, indisponibili,
 della spedizione.
    Quanto  alle  esigenze  della sicurezza, l'ordinanza di rimessione
 pone in luce la supervalutazione che se n'e' data
 rispetto  alla  navigazione.  In  questo  ambito  esse  non sono piu'
 pregnanti di quelle esistenti in settori di lavoro terrestre a
 piu'  elevato  rischio  (come  nei settori dell'energia). E non senza
 efficacia nella memoria della parte privata si fa
 riferimento  all'applicabilita'  delle leggi n. 604 del 1966 e n. 300
 del 1970 ai lavoratori addetti alle centrali nucleari, agli altiforni
 siderurgici e agli impianti chimici ad alta tossicita'. E', peraltro,
 opportuno porre in  rilievo  che  in  questi  casi  la  tutela  della
 sicurezza  si  collega  a  un  fattore statico (impianto produttore),
 laddove nella navigazione essa e' correlata a un  fenomeno  dinamico.
 Tale  diversita'  non rileva sull'effetto, che accomuna in una fascia
 particolare di pericolosita' tutti i  prestatori  di  lavoro  innanzi
 indicati e, sotto questo riguardo, certamente non li discrimina.
    5.  -  E'  stata  ancora  invocata a fondamento della regola posta
 dall'art.  345  la  particolare,  ampia  autonomia  dell'armatore  di
 organizzare  la  comunita'  di  bordo;  essa  si  esprime anche nella
 formazione e nella composizione  qualitativa  dell'equipaggio  (sotto
 l'aspetto della piena affidabilita' dei suoi membri).
    Osserva  la  Corte  che l'esercizio di tale potesta' organizzativa
 non puo' ritenersi pregiudicato dall'esistenza dei  razionali  limiti
 posti  alla  facolta'  di  licenziamento  dalla  l.  n. 604 del 1966,
 considerate la intrinseca obiettivita' e la elasticita' dei  concetti
 di   giusta   causa  e  di  giustificato  motivo,  il  cui  controllo
 giurisdizionale e' destinato inoltre ad esplicarsi  ex  post,  quando
 sono  esauriti  non  soltanto la fase tipicamente organizzativa della
 spedizione  ma  lo  stesso  rapporto  negoziale.  Il  giudizio  sulla
 legittimita'  del  provvedimento  dell'armatore - giudizio certamente
 capace di  valutare  le  esigenze  della  comunita'  di  bordo  e  il
 correlativo  comportamento richiesto alle persone dell'equipaggio non
 puo' dunque  pregiudicare  l'indefettibile  salvaguardia  della  vita
 umana e dei beni coinvolti nella spedizione marittima.
    6.  -  Il  superamento del drastico principio del licenziamento ad
 nutum  posto  dall'art.  345  c.  nav.  e  non  corretto  -  per   la
 inapplicabilita' al lavoro nautico - dalla legge n. 604, non e' stato
 garantito dalla gia' rilevata derogabilita' della  norma  del  codice
 della  navigazione  ad  opera dei contratti collettivi (art. 374 cod.
 nav. cit.).
    La  fattispecie dalla quale e' mossa l'ordinanza di rimessione, ne
 e' chiara prova.
    L'art.  6.3 lett. h) dell'accordo integrativo aziendale Saipem del
 1982, applicabile  nel  caso,  prevede  la  cancellazione  dal  turno
 particolare per "riduzione o fine dell'attivita' dei mezzi speciali o
 disarmo degli stessi". Ha rilevato l'ordinanza che queste ipotesi, se
 riducono  di  fatto  il  potere  di  recesso  dell'armatore, non sono
 equiparabili a quella del giustificato motivo  obiettivo  ex  art.  3
 della  l.  n.  604,  nel  contenuto, nella incidenza dell'onere della
 prova e nelle conseguenze risarcitorie.
    Quanto all'attuazione, in generale, della deroga all'art. 345 cod.
 nav. da parte della contrattazione collettiva, e' da osservare che si
 e'  ravvisato  un  ostacolo  all'applicabilita'  della  l.  n. 604 al
 personale marittimo  navigante  nella  mancata  partecipazione  delle
 associazioni   sindacali   degli   armatori   e  dei  marittimi  alla
 stipulazione dell'accordo confederale sui licenziamenti (che  sarebbe
 stato recepito dalla legge ora indicata).
    Non pare che questa opinione sia da condividere.
    Dall'inerzia delle associazioni sindacali in una fase preliminare,
 non necessaria  e  formalmente  irrilevante  nella  produzione  della
 normativa,  non  puo'  derivare  la  preclusione della applicabilita'
 della normativa stessa ai lavoratori iscritti a  quei  sindacati.  Ed
 e',  poi, assorbente rilievo che nella legge non e' alcuna traccia di
 quell'accordo come elemento o limite per la sua operativita'.
    Le    norme    agiscono    nella    loro    autonomia   obiettiva,
 indipendentemente dai particolari impulsi che le  hanno  determinate,
 quando  non  ne risulti traccia o riscontro nella concreta disciplina
 da esse posta.
    7.  -  Non  sussistono,  dunque,  valide  ragioni per escludere il
 personale marittimo navigante dalla disciplina della
 l.  n.  604  del  1966  ed  e'  da riconoscere fondato il sospetto di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 10 di questa legge nella
 parte  in  cui  non  prevede  la  sua  applicabilita'  anche  a  tale
 personale. La sostanziale omogeneita' delle relative situazioni
 afferenti   ai   lavoratori   comuni   ed  a  quelli  nautici  impone
 l'uniformita' delle discipline, nella mancanza di fondate ragioni per
 differenziarle.
    E'  da dichiarare pertanto illegittimo il suindicato art. 10 della
 l. n. 604, in riferimento all'art. 3 Cost.
    La  rimozione  dei  limiti, innanzi precisati, all'operativita' di
 questa norma nei riguardi del personale marittimo arruolato  comporta
 anche  l'adempimento  dell'obbligo  assunto  dallo Stato italiano con
 l'adesione  alla  convenzione  sul  "contratto  di  arruolamento  dei
 marittimi".  Tale  convenzione,  adottata  dalla  conferenza generale
 dell'Organizzazione del lavoro nella nona sessione di Ginevra del  24
 giugno  1926,  e'  stata approvata e ratificata dall'Italia con l. 14
 gennaio 1929, n. 417 ed e' diventata esecutiva il  20  ottobre  dello
 stesso  anno.  Essa  obbliga  (artt. 11, 15 e 19) lo Stato italiano a
 fissare nell'ordinamento interno "les  circostances  dans  lesquelles
 l'armateur  ou le capitaine a la faculte' de conge'dier immediatement
 le marin".
    Dando,   cosi',   attuazione  alla  normativa  internazionale,  la
 legislazione italiana si riallaccia ad un  precetto  tradizionalmente
 osservato  dai  paesi  marinari,  dal  Nord dell'Europa al bacino del
 Mediterraneo.
    E'  opinione  comune che tutte le leggi marittime manifestarono la
 tendenza ad impedire  la  risoluzione  dell'"ingaggio"  senza  giusta
 causa  ed  alcune di esse specificarono i motivi, in base ai quali il
 licenziamento era permesso.
    Come  efficace  espressione  di  questo  indirizzo  si  ricorda il
 Consolato del mare, il cui capitolo 122 consentiva di "cavar marinaro
 dalla  nave" soltanto in quattro casi: "per ladro", "per eresia", "se
 non fa il comandamento del nocchiero", "se spergiurera'".
    8.  -  La  seconda censura di illegittimita' costituzionale, mossa
 dall'ordinanza, concerne in modo specifico l'art. 35,  ultimo  comma,
 della  l.  20  maggio  1970,  n. 300 (statuto dei lavoratori), per la
 mancata previsione della tutela reale del marittimo  licenziato,  con
 la  reintegrazione  nel  posto di lavoro, ai sensi dell'art. 18 dello
 statuto stesso.
    E',  questa, una delle norme dichiarate di non immediata e diretta
 applicabilita', in quanto l'art. 35 dello  statuto  ne  demanda  alla
 contrattazione  collettiva  la determinazione dei princi'pi relativi,
 per  quanto  concerne  il  personale  navigante  delle  "imprese   di
 navigazione".
    Si trasferisce, cosi', all'autonomia sindacale - che risulta nella
 materia relativamente limitata (Cass. 13 marzo 1982, n.  1651)  -  la
 determinazione  dei criteri fondamentali di restituzione del "diritto
 al lavoro" al personale navigante, diritto esattamente definito  come
 l'essere,  che condiziona l'avere e ogni altro bene e che costituisce
 espressione diretta dell'articolo 4 Cost.
    9.  -  La  Corte  non  condivide  il  profilo  della  censura, che
 l'ordinanza fonda sulla violazione dell'art. 76 Cost.
    L'art.   35,  ultimo  comma,  dello  statuto  dei  lavoratori  non
 conferisce, invero, una delega legislativa al sindacato,  ma  ravvisa
 nel   contratto   collettivo  il  mezzo  piu'  idoneo  per  garantire
 gradualmente al  personale  navigante  la  stabilita'  del  posto  di
 lavoro,  adattando la disciplina posta in generale dalle leggi n. 604
 del 1966 e n. 300 del 1970 alla particolarita'  della  situazione  di
 tale personale.
    Su   questa  base,  la  potesta'  negoziale  delle  organizzazioni
 sindacali e' stata considerata da questa Corte (sent. 19 maggio 1976,
 n.  129  cit.) particolarmente idonea alla concreta valutazione delle
 esigenze proprie del settore,  convalidando  un  indirizzo  normativo
 che,  anche di recente, e' stato ritenuto strumento essenziale per la
 disciplina del rapporto di lavoro nautico dallo schema di disegno  di
 legge  di  delega al Governo (1986) per l'emanazione del nuovo codice
 della  navigazione  (art.  6,  n.  35  e  n.   20   della   Relazione
 illustrativa).
    Sotto altro profilo, in relazione all'art. 3 Cost., l'ordinanza di
 rimessione pone in particolare rilievo la non adeguata risposta della
 contrattazione  collettiva  all'auspicato  adeguamento  dei princi'pi
 dello statuto al settore nautico.
    La  liberta'  (e  discrezionalita') dei sindacati di esercitare la
 loro autonomia  normativa  e'  stata,  infatti,  causa  di  ulteriore
 sperequazione tra le diverse categorie di lavoratori nautici.
    10.  - Rileva la Corte che dal 1976 (anno nel quale essa emano' la
 ricordata sentenza n. 129) la  contrattazione  collettiva  o  non  e'
 intervenuta ad eliminare, in materia di tutela reale, lo squilibrio a
 svantaggio dei marittimi rispetto alle altre categorie di  prestatori
 di  opere  o,  quando  e'  intervenuta,  non e' riuscita a realizzare
 risultati appaganti.
    Invero,  non  risulta venuta meno la diversita' di trattamento tra
 marittimi iscritti e non iscritti ai sindacati. Ne' a questo fine  ha
 giovato   la   contrattazione  aziendale  (applicabile,  per  la  sua
 struttura, a tutti i lavoratori, indipendentemente  dalla  iscrizione
 al  sindacato): tale tipo di contrattazione si e' esplicato in misura
 rilevante nel rapporto di lavoro del personale di volo, ma  ha  avuto
 trascurabile e non uniforme impiego nella navigazione marittima.
    Il  contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  per  i piloti di
 aeromobile (30 dicembre 1978) e quello per gli assistenti di volo (23
 marzo   1979)  non  soltanto  dichiarano  l'applicabilita'  a  queste
 categorie degli artt. 2 e 3 della l. n. 604 del 1966  (cfr.  Cass.  6
 aprile  1984, n. 2241), ma prevedono espressamente per esse la tutela
 reale attraverso la reintegrazione nel posto di  lavoro,  sempre  che
 sussista  la  idoneita'  e, per i piloti comandanti, limitatamente al
 grado.
    11.  -  Ne'  puo'  dirsi  che abbia in concreto pienamente operato
 l'obbligo, configurato a carico delle imprese, di trattare  in  buona
 fede  sul  piano  collettivo  le  condizioni per l'applicazione dello
 statuto, dato il non  preciso  contenuto  di  siffatto  obbligo,  non
 assistito inoltre da alcun meccanismo attuativo.
    Puo'  certamente  collocarsi in questo quadro il c.d. "regolamento
 della continuita' del rapporto di lavoro",  inserito  in  taluni  dei
 contratti collettivi di maggior rilievo (cfr. c.c.n.l. per imbarco su
 navi passeggeri superiori a 50 t.s.l.,
 1›  gennaio  1981,  delle  societa' p.i.n. (artt. 70-82); c.c.n.l. su
 navi da carico delle stesse societa', superiori a 500 t.s.l.
 1›  gennaio  1981  (artt.  71-83); c.c.n.l. 31 luglio 1981 (armamento
 libero) per imbarco su piroscafi e motonavi  da  carico  superiori  a
 3.000  t.s.l.  e  su  quelle  adibite a traffici transoceanici (artt.
 85-95)).
    Senonche'  il  "regolamento  della continuita'", se rappresenta un
 passo rilevante verso la stabilita'  del  rapporto,  entro  i  limiti
 consentiti  dalle peculiarita' del lavoro marittimo a bordo, non puo'
 valere come generale strumento di "tutela reale". Esso e'  del  tutto
 avulso   dalla   vicenda   della   invalidita'   ed  inefficacia  del
 licenziamento e non realizza la restituzione del lavoro  al  titolare
 illegittimamente cessato.
    12.  -  Non  e', poi, da sottacere la diversita' di situazione dei
 lavoratori nautici determinata dagli stessi contratti  collettivi  di
 settore  (come quella, ad esempio, del personale marittimo che svolge
 attivita' edilizia a bordo di mezzi nautici),  a  seconda  che  detti
 contratti (il cui ambito e' normalmente provinciale) contengano o non
 la dichiarazione di applicabilita' dell'art. 18 dello statuto.
    Questa  complessa e differenziata situazione ha avuto notevole eco
 sopratutto nella giurisprudenza di merito, che ha tentato di superare
 la  sperequazione  con pronunce coraggiose, ma discutibili; anch'esse
 hanno talora contribuito ad accentuare la disparita'  di  trattamento
 (interna  ed  esterna)  del personale marittimo navigante rispetto ad
 altre categorie di lavoratori, nautici e comuni.
    In  definitiva,  la  funzione  mediatrice  ed  adeguatrice rimessa
 dall'art. 35 dello statuto dei lavoratori  ai  contratti  collettivi,
 auspicata  da  questa  Corte come strumento di equilibrata attuazione
 nella materia nautica dei princi'pi  dello  stesso  statuto,  non  ha
 avuto risposta appagante.
    A  piu'  di  venti  anni  dalla  entrata in vigore della legge sul
 giustificato motivo di licenziamento e  a  poco  meno  dalla  vigenza
 dello  statuto  dei  lavoratori,  non  si e' ridotta la disparita' di
 trattamento  tra  il  personale  marittimo  navigante  e  gli   altri
 prestatori  di  lavoro; anzi, nell'ambito dell'intero settore nautico
 essa e' diventata ancora piu' grave.
    13.   -   L'applicabilita',  innanzi  riconosciuta,  al  personale
 navigante marittimo della l. n. 604  del  1966  pone  alla  Corte  il
 problema  della tutela reale del marittimo arruolato in termini nuovi
 (rispetto alla situazione oggetto della sentenza n. 129 del 1976)  e,
 in certo senso, obbligati. Tali termini muovono dal riconoscimento di
 una grave e ingiustificata lacuna, origine  di  altrettanto  grave  e
 ingiustificata   diseguaglianza   di   trattamento.   La   lacuna  e'
 determinata dall'art. 35, terzo comma, dello statuto dei  lavoratori,
 laddove  demanda ai contratti collettivi la indicazione dei princi'pi
 di cui all'art. 18, nei confronti del personale marittimo  navigante.
    Anche questa norma dovrebbe appartenere alla categoria delle norme
 direttamente applicabili al  relativo  rapporto  di  lavoro,  che  e'
 assistito  -  per quanto si e' rilevato - dalla garanzia della giusta
 causa o del giusto motivo di licenziamento.
    E'  da  dichiarare, pertanto, la illegittimita', per contrasto con
 l'art. 3 Cost., del terzo comma dell'art. 35 della l. 20 maggio 1970,
 n.  300  nella  parte  in  cui  non prevede la diretta applicabilita'
 dell'art. 18 al  personale  marittimo  navigante  delle  "imprese  di
 navigazione".