MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA

CIRCOLARE 5 dicembre 1990, n. 5830

Legge 7 agosto 1990, n. 241: Responsabile del procedimento.

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vigente al 15/06/2024
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Art. 1

A tutti i Ministeri - Gabinetto:
Alle aziende e amministrazioni autonome dello Stato - Direzione generale
Ai presidenti degli enti pubblici non economici (per il tramite dei Ministeri vigilanti)
Ai commissari di Governo presso le regioni e delle province autonome
Ai presidenti delle giunte
regionali e delle province autonome (per il tramite dei commissari di
Governo)
Ai presidenti degli enti regionali (per il tramite delle regioni vigilanti)
Agli enti locali (per il tramite del Ministero dell'interno)
Ai presidenti delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura (per il tramite dell'ANIACAP)
Ai presidenti dei consorzi per le aree di sviluppo industriale (per il tramite della FICEI)
Ai presidenti dei comitati di gestione delle unità sanitarie locali (per il tramite delle regioni)
Al Consiglio di Stato -
Segretariato generale
Alla Corte dei conti - Segretariato generale
All'Avvocatura generale dello Stato - Segretariato generale
Al Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro -
Segretariato generale
All'I.S.T.A.T. - Direzione generale All'A.N.C.I. - Direzione generale
All'U.P.I. - Direzione generale e, per conoscenza:
Alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri:
Segretariato generale
Dipartimento affari giuridici e
legislativi
Ufficio del coordinamento
amministrativo
La legge 7 agosto 1990, n. 241, nel disciplinare alcuni degli aspetti più importanti del procedimento amministrativo, ha introdotto l'istituto del responsabile del procedimento, in modo da favorire, nella maggiore misura possibile, il contatto tra l'utente dei servizi amministrativi e l'Amministrazione pubblica.
L'art. 4 dispone che ciascuna amministrazione è tenuta a determinare per ogni tipo di procedimento l'unità organizzativa competente a curare l'istruttoria, gli ulteriori adempimenti procedurali ed eventualmente ad emettere l'atto finale.
Tale determinazione non è necessaria se una fonte primaria o un regolamento dispongono nel senso della determinazione dell'unità organizzativa competente.
Si deve precisare che la competenza dovrà essere individuata sul presupposto del compimento delle singole operazioni descritte nell'art. 4.
È da escludere che la competenza debba essere identificata con quella relativa alla emissione dell'atto conclusivo del procedimento.
La normativa vigente spesso dispone nel senso della competenza di distinti organismi rispetto alle singole fasi di un solo procedimento amministrativo; tali fasi non possono essere assorbite in quella finale della conclusione del procedimento.
Del resto l'art. 4, primo comma, testualmente distingue tra le più importanti fasi del procedimento, rispetto alle quali è necessario individuare la competente unità organizzativa.
Pertanto dovranno essere indicate più unità organizzative, se le singole parti del procedimento fanno capo a distinte unità organizzative della stessa amministrazione.
È utile al riguardo fornire un'esemplificazione tratta dal procedimento concorsuale preordinato alla nomina quale pubblico impiegato.
Il responsabile non è identificabile, per tutto lo stesso procedimento, nella persona titolare dell'ufficio competente in tema di adozione del provvedimento di nomina. Per quanto riguarda la fase relativa alla preparazione e pubblicazione del bando sarà necessario individuare l'unità organizzativa, alla quale è affidato il compito di curare la fase del procedimento concorsuale comprendente la preparazione e pubblicazione del bando. Così per la fase dell'ammissione dei candidati alle prove concorsuali sarà necessario individuare altro responsabile, se la normativa dispone nel senso della competenza di una specifica unità organizzativa per tale fase, o se il responsabile dell'unità organizzativa, che deve attendere alle procedure concorsuali, abbia deciso di affidare la fase dell'ammissione a persona diversa da quella incaricata di curare la preparazione e la pubblicazione del bando.
Le osservazioni suesposte sono estensibili alla fase successiva alla conclusione delle prove, scritte e orali, e alla valutazione dei titoli. Tale fase, consistente nella preparazione della graduatoria e nella verifica di eventuali titoli di preferenza, di precedenza o di riserva, può essere curata, a seconda delle norme o disposizioni vigenti nei singoli settori dell'amministrazione pubblica, da specifiche unità organizzative o da persone diverse da quelle intervenute nelle fasi precedenti.
L'identificazione del responsabile dovrà quindi avvenire con riferimento a tali unità organizzative o alle persone suindicate.
Ulteriore esempio della distinguibilità in fasi di un unico procedimento è desumibile dalla normativa in tema di espropriazione.
Per ognuna di tali fasi (preparazione del progetto relativo all'opera da realizzare, approvazione del progetto, liquidazione dell'indennità di espropriazione, adozione del provvedimento di espropriazione) è possibile individuare il rispettivo responsabile.
La persona preposta all'unità organizzativa, determinata nel senso suindicato, è responsabile del procedimento (art. 5, secondo comma).
Tale posizione è da ricollegare alla preposizione alla direzione dell'unità organizzativa e prescinde sia dalla titolarità dell'ufficio, sia dalla qualifica dirigenziale.
La preposizione all'unità organizzativa a titolo di supplenza o di vicarietà non è causa di inapplicabilità della normativa sul responsabile, né può importare l'imputazione a carico di una persona, assente o addirittura mancante, di doveri che postulano la disponibilità dell'ufficio.
La preposizione suindicata d'altra parte non postula la titolarità della qualifica dirigenziale, posto che la direzione di unità organizzative, giusta la normativa vigente, può essere affidata a persone prive di tale qualifica.
Le persone preposte alla direzione di unità organizzative cessano dalla posizione di responsabile del procedimento se assegnano i singoli affari ad altre persone addette alle stesse unità organizzative.
L'assegnazione dell'affare potrebbe essere priva della integralità, in quanto limitata ad una parte del procedimento mentre altra parte potrebbe essere riservata ad altri (es. emanazione dell'atto finale).
La posizione di responsabile del procedimento implica la eventuale responsabilità anche penale (art. 328 codice penale, nel testo modificato dalla legge 26 aprile 1990, n. 86). Le responsabilità seguono all'inosservanza dei termini entro i quali il procedimento o singole parti del medesimo devono concludersi. I termini si desumono dalle norme primarie o regolamentari concernenti i singoli procedimenti (art. 2, secondo comma, legge n. 241); in difetto di tali norme ciascuna amministrazione ha competenza a determinare in rapporto a ciascun tipo di procedimento il relativo termine di conclusione.
Se difetta anche questa determinazione, si applica la norma posta dall'art. 2, terzo comma, secondo cui il termine è di trenta giorni.
Il difetto di compimento del procedimento non implica automaticamente la consumazione del reato previsto dall'art. 328, secondo comma, codice penale, posto che secondo tale norma non è configurabile l'omissione se il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, pur non emettendo l'atto, fornisce una risposta giustificativa del difetto di emissione.
Si deve precisare che l'art. 328, primo comma, codice penale, commina la pena della reclusione da sei mesi a due anni per il rifiuto, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, di un atto del loro ufficio, da emettere senza indugio per soddisfare esigenze di giustizia, di sicurezza pubblica, di ordine pubblico, di igiene e sanità.
La norma posta dal primo comma dell'art. 328, nel testo modificato, ha carattere speciale, ma è priva della disposizione relativa alla possibilità di esprimere giustificazioni.
Il responsabile del procedimento, da un lato, è tenuto alla sollecita conclusione del procedimento delle singole fasi di esso; dall'altro, il responsabile può essere destinatario di contributi istruttori e di memorie esplicative da parte dell'interessato.
Il nome del responsabile del procedimento deve essere comunicato a chiunque abbia un interesse giuridicamente rilevante.
Al fine di evitare la ripetizione della comunicazione e facilitare il contatto tra utente dei servizi e amministrazione è opportuno indicare agli interessati, contestualmente, sia l'identità del responsabile sia quella della persona che può sostituire lo stesso responsabile nelle ipotesi di assenza o impedimento. La comunicazione è data contestualmente (articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990) a quella concernente l'avvio del procedimento.
Tuttavia non si può escludere la comunicazione successiva, in rapporto alla sopravvenienza dell'interesse a conoscere il nome del responsabile (es. delineazione della posizione di controinteressato nel corso del procedimento, non identificabile quando lo stesso procedimento era stato avviato).
Del pari non può essere esclusa la comunicazione successiva del nome del responsabile del procedimento se dopo l'inizio di quest'ultimo il precedente responsabile sia comunque sostituito da altra persona.
Nelle sedi di servizio organizzate in vista del contatto diretto tra un numero indefinito di utenti e l'amministrazione è necessario esporre, ai singoli posti di lavoro, il nome dell'impiegato che deve ricevere il pubblico.
In tale modo può essere assolto, con immediatezza, l'obbligo di comunicare il nome del responsabile, se l'impiegato, tenuto a ricevere il pubblico, abbia la disponibilità del procedimento; comunque l'esposizione del nome, anche quando l'impiegato non è il responsabile del procedimento risponde ad una esigenza di chiarezza nei rapporti tra amministrazione e utente.
Il Ministro: GASPARI